Videogames

Horizon Forbidden West – Un nuovo mondo

Ci si può innamorare di un fascio di bit?
Rispondo a questa domanda più tardi, per prima cosa, però, andiamo alla scoperta di Horizon Forbidden West, l’attesissimo secondo capitolo delle avventure di Aloy, la giovane guerriera Nora che ha salvato il mondo sconfiggendo le macchine.

Recensione

Horizon Forbidden West arriva dopo un’attesa interminabile. Non ho mai nascosto a nessuno di essere un boxaro da sempre, ma di Playstation ho invidiato per anni le esclusive singleplayer e posso dire senza remore di aver voluto fortemente affiancare alla mia console Microsoft quella di Sony principalmente per giocare a The Last of Us e Horizon Zero Dawn. Quest’ultimo, oltretutto, l’ho rigiocato interamente da capo nell’ultimo anno, grazie anche al progetto Play at Home di Sony, che mi ha dato modo di recuperare l’espansione The Frozen Wilds.

Grazie a tutto questo avevo la memoria bella fresca sulle vicende di Aloy, cosa a dir poco fondamentale. All’inizio di questo secondo capitolo abbiamo un breve riassunto della puntata precedente, tuttavia molte, moltissime cose delle dinamiche dell’universo di gioco sono solo accennate, motivo per cui è altamente consigliato giocare prima Zero Dawn, in modo da potersi godere ogni sfumatura di trama e del complesso mondo di Horizon.


Baci da Meridiana

Trama

Horizon Forbidden West comincia pochi mesi dopo la fine del primo capitolo, poco dopo la battaglia di Meridiana in cui Aloy ha sconfitto Ade, l’Intelligenza Artificiale malvagia che rischiava di portare una nuova apocalisse sulla Terra. Tuttavia poco dopo inizia a sorgere una nuova minaccia: una piaga che avvolge e uccide gli esseri viventi, uomini, animali e piante. Aloy si mette quindi alla ricerca di una copia di Gaia, il progetto che aveva permesso la terraformazione dopo la devastazione operata dalle macchine e che è andata distrutta per annientare Ade.

Da qui parte la nostra avventura, sulla quale, credetemi, non volete che vi dia altri dettagli: Horizon Forbidden West ha una trama complessa e articolata, che ingrandisce, espande e arricchisce a dismisura il mondo che avevamo imparato a conoscere. Una volta che raggiungeremo il famigerato Ovest Proibito del titolo, faremo la conoscenza di nuove tribù, nuovi panorami e, soprattutto, nuove macchine letali con cui confrontarci.
L’area che farà da teatro di questa avventura è quella che ospitò San Francisco, e che ora offre uno spettacolo ben diverso: terribile e crudele, certo, ma incredibilmente affascinante.

Come accennato, si inizia con un avvicinamento lento alle nuove trame di questo capitolo. Le prime ore sono un vero e proprio antipasto narrativo: rivediamo alcuni vecchi volti, torniamo a visitare amici, scopriamo come il carattere di Aloy non sempre sia facile da digerire per gli altri: troppo avanti per il suo tempo, troppo conscia della sua missione. Non tutti ne accettano le abilità, il bisogno di avanzare da sola contro tutti: assisteremo ad incontri non sempre piacevoli, a volte dolorosi, tipici di chi sa che non potrà mai avere una vita normale.

Questo preambolo, a mio avviso, è particolarmente piacevole: sappiamo di aver davanti un’avventura lunga e complessa, avvicinarci lentamente dà la possibilità di entrare in sintonia poco per volta con Aloy, di riprendere confidenza col mondo che abbiamo imparato ad amare tempo fa, e di prepararci spiritualmente ad una tempesta narrativa che ci emozionerà nel profondo.


Un Open world davvero vasto

Gameplay

Quando si confeziona un capolavoro come Horizon Zero Dawn, essere chiamati a nuove imprese è una sfida titanica. Ci sono riusciti i ragazzi di Naughty Dog con un The Last of Us 2 che è semplicemente uno dei giochi migliori mai realizzati. Ebbene: a mio avviso ci sono riusciti anche quelli di Guerrilla Games. La scelta più difficile è quella di trovare il giusto equilibrio tra innovazione e tradizione: portare sulle console dei giocatori un prodotto nuovo che però non snaturi quello di partenza. Gli esempi in tal senso si sprecherebbero, per cui torniamo a concentraci su questo titolo.

In Horizon Forbidden West ritroviamo fondamentalmente le identiche meccaniche di sempre: attacchi a distanza con l’arco, attacchi ravvicinati (leggeri e pesanti) con la lancia. A questi però si aggiungono nuove armi e nuovi strumenti. Aloy è finalmente in possesso di un rampino che le consente di arrampicarsi agganciandosi ai giusti appigli e di aprire varchi là dove non sarebbe possibile passare. Questo non vuol dire che abbiamo un mondo liberamente e interamente scalabile, come negli ultimi Assassin’s Creed per intenderci, però abbiamo una verticalità molto più spinta, e quindi una maggior possibilità di osservazione dell’area dall’alto per pianificare il nostro attacco, magari lanciando bombe congelanti con la fionda o piazzando trappole esplosive. Anche perché le macchine sono diverse tra loro e vanno approcciate con tattiche nettamente differenti.
Altra novità che mi ha reso felice è l’introduzione della vela: una tecnologia che ci consente di lanciarci dalle vette più alte e di planare dolcemente fino a valle.


Il nuovo strumento per planare dall’alto

Come è noto, poi, è stato finalmente introdotta la meccanica del nuoto, che ha dato la possibilità agli sviluppatori di creare nuovi ambienti fantastici da esplorare.
A proposito degli ambienti: il mondo disegnato in Horizon Forbidden West è semplicemente sbalorditivo, molto più ricco e vario di prima, con una grandissima quantità di persone da conoscere e incontrare, di luoghi da esplorare, missioni da vivere e nuovi calderoni da conquistare per potenziare le capacità di hacking.
La cosa davvero incredibile è che si tratta di un mondo vivo e vivace, che reagisce attivamente alla presenza e alle azioni di Aloy, e che continua ad agire in sua assenza.

Capita quindi di incontrare persone che attivino nuove missioni secondarie, per poi scoprire più avanti come sono evoluti i fatti dopo la loro conclusione; oppure di udire racconti attorno al fuoco da parte di altri cacciatori, che danno i giusti spunti per andare ad indagare o per sapere come le nostre azioni hanno influenzato le vite degli altri.
Insomma: il mondo di Aloy non è un cartonato ben decorato ma posticcio che rimane sullo sfondo. Piuttosto è un universo in continuo movimento, compenetrato e interconnesso, in cui ad ogni azione risponde conseguenza.

Tornano i territori di caccia, per mettersi alla prova, a cui si affiancano le arene di combattimento per chi vuole una sfida più muscolare.
Fa poi la sua comparsa anche un minigioco, chiamato Batosta Meccanica, in cui potremo sfidare in nostri avversari con “miniature” in legno e metallo che richiamano le famigerate macchine. Oltretutto è possibile andare a caccia di nuove pedine, magari sconfiggendo avversari particolarmente ostici, con cui arricchire il nostro arsenale.
Personalmente non sono un grande fan dei giochi da tavolo simulati nei videogiochi (qualcuno ha detto Gwent?), ma è innegabile che una buona fetta di pubblico si appassiona facilmente e che, soprattutto, non esiste società umana in cui non siano stati creati dei giochi per intrattenersi, per cui non fa che aumentare la credibilità di questo mondo.

Per quanto riguarda l’evoluzione di Aloy, torna la stessa logica di avanzamento delle abilità: salendo di livello e conquistando punti durante le diverse missioni, possiamo sbloccare nuove abilità a scelta tra ben sei rami: si spazia tra le nuove tecniche di combattimento e di sopravvivenza, di hack delle macchine e infine le risorse dedicate all’immancabile crafting, componente sempre più fondamentale man mano che si procede, incontrando nuove macchine, dovendo attuare le giuste strategie di attacco. Se siete amanti delle combo coi tasti, qui avrete pane per i vostri denti, il difficile se mai è memorizzare tutti i pattern e le combinazioni possibili.


Capture in-game. Ripeto: in-game

Comparto tecnico

Da un punto di vista grafico, possiamo tranquillamente dire che finalmente ha trovato un senso logico avere in casa una Playstation 5; ne avevamo avuto un assaggio con la versione dedicata di Ghost of Tsushima, ma posso tranquillamente dire di essere letteralmente saltato sulla poltrona nel momento in cui mi è esplosa in faccia tutta la ricchezza e la bellezza degli scenari di Horizon Forbidden West.
Non solo la grafica dei fondali è straordinariamente densa di elementi, ricca e variegata, ma c’è stato un incredibile miglioramento anche nelle animazioni, nelle (finalmente) molte cutscene e nelle espressioni facciali che si lasciano ammirare in tutto il loro splendore.

Non tutto, naturalmente è perfetto, cosa abbastanza plausibile su un titolo di queste dimensioni. I capelli di Aloy, talvolta, sembrano godere di vita propria, saltellando e sobbalzando un po’ troppo. A volte, poi, mi è capitato di incappare in effetti popup abbastanza fastidiosi, con elementi dello scenario che fanno la comparsa durante la normale esplorazione (in genere quando si galoppa o corre).
Certo, questo vuol dire andare a cercare il pelo nell’uovo, perché il concerto del prodotto resta ancorato ad una qualità stratosferica: come detto ho testato la mia copia su Playstation 5 ed è un’esperienza da brividi.

Mi è capitato di litigare un po’ con il controller nella gestione dei salti, niente che un po’ di pratica non sistemi a dovere, e a tal proposito è bene rimarcare come le potenzialità del dualsense siano state magistralmente sfruttate, implementando tanto il feedback aptico, quanto i trigger adattivi. La sensazione di essere lì, in quell’universo, è quindi ancora più concreta: spinge verso uno stato di tensione costante per l’esplorazione di un mondo terribile e micidiale, bellissimo ma letale.
Questo non è un gioco da rushare: la campagna principale porta via una trentina d’ore, ma c’è tutto il tempo per esplorare a dismisura, per approfondire, per perdercisi dentro. Rusharlo vuol dire aver buttato via i soldi.

Il lavoro di fino sul piano tecnico si spinge ancora oltre: in Horizon Forbidden West ci affacceremo su molti scenari diversi, il mondo è vivo e mutevole e così dobbiamo essere noi quando approcciamo le diverse zone. La vegetazione è infinitamente più ricca che in passato ed è un’alleata preziosa. Non solo: se siete in possesso di cuffie Pulse, sappiate che l’audio 3D saprà regalarvi una sensazione di immersione totale. Approcciare le macchine in stealth nascondendosi tra l’erba alta è così realistico da temere di vederle uscire dallo schermo.

Per quanto riguarda, infine, le scelte di performance, possiamo come al solito optare per una doppia configurazione: 60fps con una risoluzione a 1800p (ottima per le scene più concitate e per i combattimenti), oppure possiamo privilegiare l’aspetto estetico, con 2160p, ma adattandosi a un limite di 30fps. Non è stato implementato un sistema fluido che cambi in base alla situazione, speriamo che in futuro possa invece essere introdotta.

In ogni caso, su PS5, la presenza dell’hard disk a stato solido fa la sua piena resa: i lunghi e noiosi caricamenti del primo titolo sono un mero ricordo, ora si accede quasi in tempo zero, che sia per tornare dopo una prematura dipartita o dopo un viaggio veloce.


Una veduta dello Zion: chi ci è stato, ne riconoscerà le tinte infuocate

Conclusioni

Ci si può innamorare di un fascio di bit?
Ho iniziato con questa domanda aperta l’articolo e con la mia personale risposta, desidero chiuderlo.
È un tema vecchio e analizzato da menti più brillanti della mia, ne abbiamo qualche sprazzo in altri franchise, da Star Trek (ricordate “Programma: Amore”? Uno degli episodi più belli di sempre?) ai robot di Asimov, dal (troppo) sottovalutato Binary Domain a Ex Machina al recente Detroit: Become Human.


That damned smile

Vi dico la mia: ci possiamo innamorare di personaggi di film e serie TV, di attori e attrici, ma anche dei libri, degli autori e dei personaggi. Personalmente quindi penso che ci si possa innamorare anche dei personaggi dei videogiochi: ve ne cito alcuni che hanno un posto speciale nel mio cuore, e a cui penso di tanto in tanto, come parti della mia storia personale. Lara, Clem, Chloe, Ellie. Vi dicono qualcosa? Se leggere i loro nomi vi ha fatto sobbalzare, anche lievemente, sapete di cosa sto parlando. Ecco: Aloy è un personaggio di cui sono follemente innamorato. Lo ero all’epoca del primo capitolo, ora lo sono anche di più.

Aloy è vera, reale, concreta e palpabile. Il lavoro fatto da Guerrilla Games ha dell’incredibile sotto molti punti di vista, lo avete capito leggendo la mia recensione. Ma per quanto riguarda la sua protagonista hanno davvero superato loro stessi, trasformandola in qualcosa di tangibile, con cui vorreste sedervi a tavola e farvi raccontare le sue avventure. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a polemiche sterile e puerili, come le macchie sul viso, la leggera peluria sulle guance, i chili in più rispetto al passato. Tutte cose che, a mio avviso, la rendono ancor più verosimile e, pertanto, ancora più bella e autentica.

Non venitemi a dire che Ellie e Dina rispecchiano gli standard dei canoni di bellezza, ma quanto sono meravigliose nelle loro piccole imperfezioni?


Le cutscene sono semplicemente sbalorditive

Nerdando in breve

Horizon Forbidden West è il secondo capitolo delle avventure di Aloy. Più grande, più profondo, più bello.

Contenuti

To Top