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Assassin’s Creed: Valhalla – L’era dei Vichinghi

Recensione

Guerre infurieranno. Regni cadranno. Questa è l’era dei Vichinghi.

Ben due anni sono passati dall’ultimo capitolo della celebre saga di Assassini e Templari, una saga che ci ha portato a vivere momenti della storia intensi ed emozionanti, dalle crociate al Rinascimento italiano, dal colonialismo inglese in America alla rivoluzione francese alla Londra vittoriana, senza dimenticare capitoli immortali come Black Flag, dedicato all’età d’oro della pirateria.

Negli ultimi anni il franchise ha accusato momenti di stanchezza e pesantezza, che hanno spinto Ubisoft a prendersi una pausa, rallentare il ritmo e riaffrontare il tutto sotto un altro punto di vista.
Inizia così una nuova era con Assassin’s Creed: Origins, che esplorava la nascita del Credo in Egitto; Assassin’s Creed: Odyssey, nella splendida età ellenica degli dei ed eroi e che ci traghetta ora in una zona tutta nuova, mai esplorata prima.
Assassin’s Creed: Valhalla ci fa quindi vivere la turbolenta era dei Vichinghi, quando le popolazioni del nord, sotto l’egida di Odino e Thor, si spinsero fino alle coste dell’Inghilterra, per estendere il proprio dominio.

Un cambio di rotta netto, che deve far fronte alle critiche ricevute dal precedente capitolo, a tratti troppo dispersivo, e soprattutto dare una risposta finale all’annoso dilemma: “è ancora un Assassin’s Creed?”.
Gli appassionati di Assassin’s Creed si dividono da tempo immemore (dalla fine della trilogia di Ezio) in due grandi categorie: quelli che commentano che ogni nuovo capitolo non è più quello di una volta, e quelli che dicono che è sempre la stessa minestra riscaldata.

Da amante del franchise, che non si è perso nemmeno un capitolo, posso dire che questa nuova declinazione, vista nei precedenti due capitoli, mi ha entusiasmato. Certo non è più il vecchio AC, ne convengo, e tante cose richiamano nel gameplay sua maestà The Witcher 3… però è anche vero che arrivati al capitolo Syndicate, era impossibile non rendersi conto di come, pur cambiando ambientazione e trama, alla fine avevamo tra le mani sempre lo stesso titolo. Vi ricordo che la grande novità del capitolo londinese fu l’introduzione del bat-rampino.

Quindi ben venga il reboot e ben venga questo terzo nuovo capito (ultimo?).
Andiamo a scoprire cosa hanno prodotto questi due anni di pausa.

Trama

Iniziamo dalla trama del mondo moderno, anche se, ormai da tempo, è più un giustificativo per vivere le vite del passato, che vera spina dorsale della lore. Il mondo è in crisi: eruzioni solari incontrollate hanno scatenato spettacolari aurore boreali in tutto il pianeta, i satelliti cadono come mosche, la fine è sempre più vicina.
Il solito gruppo di ricercatori, guidato da Layla Hassan, ha messo le mani sul Bastone di Ermete Trismegisto per poi raggiungere il New England dove rintraccia una antica tomba norrena (sì, lo sappiamo: i vichinghi sono stati i primi a raggiungere il nuovo mondo); la sepoltura ospita le spoglie di Eivor, razziatore vichingo del clan del Corvo.

Nei panni di Eivor scopriamo un’infanzia segnata dal dolore e dal lutto, in un perfetto stile vichingo fatto di morte, sangue e onore. Allevato dal re del suo clan, che lo adotta dopo la morte dei genitori, Eivor diventa un guerriero assetato di vendetta, insieme al fratellastro compie scorribande in Norvegia e quando giunge il momento di spiccare il volo, i due partono per nuove terre, lontano da quelle dei padri, per approdare in una Inghilterra profondamente divisa e bellicosa, nel tentativo di fondare un loro regno e imporre la loro legge.

Quello che vi ho descritto è ciò che troverete nel prologo e nel primo capitolo. L’ho giocato quasi di filato, concedendo poco a missioni secondarie, razzie ed esplorazioni, e comunque mi ha richiesto più di 5 ore intense per arrivare finalmente sulle assolate coste dell’Inghilterra.
Da qui, dopo esserci impratichiti con le dinamiche del gioco, inizia l’avventura vera e propria che si espande in quella che è la mappa più grande di tutta la saga (ahi ahi ahi) e che promette di impegnare per decine e decine di ore.

Gameplay

Assassin’s Creed: Valhalla è ovviamente un open world e fa da cappello conclusivo della trilogia reboot della celebre saga. Fin dai primi istanti appare incredibile il lavoro di ambientazione storica, la cura nei dettagli ambientali e soprattutto la volontà da parte di Ubisoft di spingere al massimo l’acceleratore su questo titolo.

Tante, tantissime le cose da fare, non solo per portare avanti la trama, ma anche e soprattutto per vivere questo mondo che è stato disegnato in modo accuratissimo. La cosa che più mi ha colpito è stata la perfetta fusione di ambiente, personaggi e attività da svolgere. Non ho mai avuto nemmeno per un momento la sensazione di stacco, o di saltare da una cosa all’altra senza continuità.

Mentre navigavo verso il mio obiettivo, ad esempio, ho avuto la possibilità di attraccare col drakkar e razziare un villaggio al suono del mio potente corno da battaglia. Scendere nella mischia e sterminare il clan rivale con combattimenti scenografici, mosse finali esaltanti e un tripudio di sangue, budella e teste mozzate.
Sulla via del ritorno mi sono fermato a fare una gara di bevute, ho giocato a dadi e scherzato con un poeta da strapazzo. Non sono mancate le missioncine di corredo, alcune arricchite da facezie piuttosto divertenti; al termine ho cavalcato nella neve verso casa.

Ho avuto anche l’occasione di sperimentare la bellezza dei funghi allucinogeni, che mi hanno introdotto ad una missione mistica a base di mitologia norrena.

Il prologo e le prime missioni sono utilissime per capire e padroneggiare le novità di questo titolo che sulle prime potrebbero spiazzare un po’. L’occhio del corvo, ad esempio, non ci sarà più di aiuto per tracciare i nemici, ma solo per dare uno sguardo dall’alto e individuare i passaggi nascosti per un maggior realismo (scelta azzeccata a mio avviso).

Anche l’albero delle abilità è stato rivoluzionato, passando di livello si acquisiscono punti talento da spendere nelle aree: attacco leggero, pesante e furtività. Ma a fronte di miglioramenti di stats, solo di tanto in tanto potremo sbloccare abilità interessanti e aggiuntive nella nostra lenta ascesa verso il ruolo di Assassini (no: non tentate un salto della fede all’inizio del gioco!).
Vieni quindi un po’ meno l’aspetto GdR che a tanti aveva fatto storcere il naso, in favore piuttosto di una progressione di poteri e potenza, molto in linea con una naturale progressione del personaggio.

La gestione di armi e armature ricorda da vicino quanto visto nei capitoli di reboot, con in più la possibilità di utilizzare i materiali raccolti in giro per potenziare l’equipaggiamento. In più, però, ora è possibile incastonare delle rune sacre per avere vantaggi sui punteggi di attacco e difesa.

In giro per il mondo, poi, ci sono tre tipologie di elementi da individuare e raccogliere, identificati da tre colori: bianco, giallo e azzurro. Si tratta di misteri, tesori e mini quest da affrontare. Non tutto sarà facilmente a portata di mano e tutta la vostra esperienza con la saga potrebbe non bastare. Il gioco non aiuta, non fornisce indicazioni di sorta, non ci accompagna per mano. Ad esempio ho girato attorno ad una casa lunga per dieci minuti nel disperato tentativo di trovare un ingresso nascosto, quando invece la soluzione consisteva nel bruciare la parte di legno per aprire un varco.
Sulle prime questo approccio può risultare frustrante, ma in realtà è solo molto sfidante e regala grandi soddisfazioni.

E grandissime soddisfazioni regala anche il combat system. Dopo aver puntato un avversario (possiamo anche impostare il lock) abbiamo mille combinazioni di parate, attacchi leggeri, a distanza e pesanti per metterli fuori combattimento. Se li stordiamo, magari colpendoli con lo scudo, si attiva la possibilità di scatenare la mossa finale che non lascia scampo. Ottime le animazioni e la generosità di sangue e crudeltà su schermo (per altro disattivabile tra le opzioni), e trovando libri di abilità in giro per il mondo possiamo abilitare nuove tecniche di combattimento (come scagliare l’ascia sul nostro nemico – stupendo) così come avveniva con AC:Odyssey.

Ma non è tutto qui: finalmente possiamo imbracciare due armi contemporaneamente. Se non siete amanti dello scudo, potete optare per una doppia ascia, dando il via ad animazioni di combattimento davvero spettacolari, con colpi di grazia potenti e combinazioni esaltanti, senza però trascendere nel sovrannaturale come faceva Kassandra.

Torna infine una dinamica che avevamo perduto dai tempi di Monteriggioni: la gestione dell’accampamento.
Arrivati in Inghilterra dovremo occuparci di tutto: curare il clan, aprire e intrattenere relazioni diplomatiche e commerciali, razziare e trovare materiali per far crescere e migliorare l’accampamento, ingrandire le nostre truppe e prepararle a nuove razzie.
Dal fabbro in poi: c’è tanto, tantissimo da fare e da curare.

Comparto tecnico

Assassin’s Creed: Valhalla presenta un comparto grafico di primissimo ordine. L’immensa mappa che contiene Norvegia e quattro regioni dell’Inghilterra (Anglia Orientale, Wessex, Northumbria e Mercia) regala colpi d’occhio pazzeschi, dalla neve alle aurore boreali, ai fiumi pigri delle campagne inglesi ai monasteri in riva al mare. Forse non ci sarà la spettacolarità delle città elleniche ed egizie, ma dal punto di vista naturalistico è uno spettacolo per gli occhi.

In attesa della mia agognata Xbox Series X, ho giocato il titolo su Xbox One X e devo dire che già così la sua figura, con una fluidità di animazione e gioco come raramente si vedono in giro. Considerando che il titolo gode del servizio di Smart Delivery, non vedo l’ora di scoprire che effetto faranno questi 60fps a 4K sulla nuova belva di casa Microsoft.

Una parola va spesa anche per il comparto audio: tornano le canzoni marinare, stavolta ovviamente non in salsa piratesca ma nordica, a cui è possibile alternare le storie di scorribande marinare. A queste si aggiungono un accompagnamento musicale a dir poco eccelso, che ci prende per mano durante tanto le sessioni di esplorazione che quelle di combattimento con un passaggio armonioso intrigante senza invadere troppo lo spazio e distrarre la nostra attenzione, eppure facendosi sempre percepire come il giusto sottofondo per le nostre azioni.
Esaltante durante i combattimenti, con il pathos perfetto per caricarci di adrenalina.

Splendido, come sempre, il doppiaggio italiano. Le voci dei protagonisti, come quelle dei comprimari, sono un piacere da ascoltare. Solo raramente mi è capitato di percepire un problema con l’intenzione delle linee di dialogo, ma sapendo in quali condizioni deve lavorare chi doppia videogiochi, è ben poco problema (e sì, c’è anche il nostro amato Claudio Moneta).

Se devo proprio trovare il pelo nell’uovo, ho percepito un paio di problemi in alcune missioni secondarie: in un caso ho perso di vista l’obiettivo e ritornando al punto di partenza ho scoperto che la missione si era riavviata.
Tenete comunque presente che domani, al Day 1, verrà rilasciata una corposa patch che potrebbe risolvere alcune delle sbavature.

Nel secondo il problema è più di forma che di sostanza: una missione molto spiritosa ci vede dare una mano ad una coppia di giovani vichinghi che ha perso la passione del loro amore. Per risvegliare l’ardore in loro ci chiedono prima di distruggere la loro casa, poi di darle fuoco, così da riaccendere i ricordi della loro prima razzia.

Al di là della facezia, i dialoghi tra i due amanti sono abbastanza sopra le righe: non volgari, ma decisamente espliciti. Peccato che durante tutto questo i due personaggi siano seduti su una panca. Immobili.
Ora: non dico che mi aspetto scene di sesso vichingo selvaggio (un po’ sì) ma nemmeno queste cosucce del “vorrei ma non posso”: siamo davanti ad un PEGI18, che diamine: teste mozzate sì, ma sesso no? Ormai abbiamo raggiunto il ridicolo. Piuttosto allora meglio togliere del tutto ogni riferimento sessuale.

Conclusioni

Assassin’s Creed: Valhalla prosegue con la linea di Odyssey in cui possiamo scegliere il sesso del nostro eroe. Con uno escamotage narrativo interessante (che non vi rivelo), oltretutto possiamo cambiarlo a piacere durante il gioco. Personalmente ho optato per “fai scegliere all’Animus” e sto giocando con una norrena tutta muscoli, incazzata col mondo intero, ricoperta di tatuaggi fichissimi e pronta a far saltare la testa al primo che la guarda di sbieco.

Il tutto mentre scopriamo i dettagli di una mitologia affascinante che troppo spesso viene oscurata da quella Ellenica.

Straordinario.
Dopotutto: c’è qualcuno a cui non piacciono i vichinghi?

Insomma: Assassin’s Creed: Valhalla è un gioco monumentale. A mio avviso segna un grosso passo avanti rispetto al predecessore soprattutto dal punto di vista di gestione e armonia del mondo: giocarlo vuol dire calarsi in un universo fatto di vichinghi, medioevo, morte e distruzione. Tutto perfettamente integrato e compenetrato come può esserlo il frutto di un lavoro di cesello maniacale.

Questo è uno di quei titoli che, appena appoggiato il controller, mi fa desiderare di riprenderlo subito in mano per scoprire qualcos’altro, spingermi un po’ più in là, raggiungere quel segreto o quel tesoro che si cela oltre la prossima montagna.

Nerdando in breve

Con Assassin’s Creed: Valhalla, Ubisoft ci fa vivere le emozioni norrene di fieri vichinghi.

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Trailer

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