Recensione
Il caldo africano oggi per me è solo in sala, grazie alla proiezione Disney di cui ho beneficiato in anteprima: Il Re Leone.
Siamo a metà del 2019 e tutte le sorprese dedicate ai grandi classici che Disney sta presentando al suo pubblico non sono ancora finite: dai teaser di Mulan ai capelli delle nuova Sirenetta, dai lacrimoni di Dumbo al finale di Toy Story, dalla Maleficent in arrivo a ottobre alla meravigliosa favola di Aladdin per concludere con il botto a dicembre per l’arrivo del prossimo Frozen.
Non poteva mancare il Re, al cinema dal 21 agosto. Immaginate di trovarvi di fronte ad un documentario del National Geographic ambientato nella Savana; è tutto perfetto come fosse reale: peli, cicatrici, sabbia, foglie e colori. I movimenti degli animali ti portano a credere che leoni, zebre, gnu e iene siano stati addomesticati per l’occasione piuttosto che creati in digitale. Bellissimo.
Le inquadrature sono fedeli riproduzioni di quelle del cartone originale. Tutte.
Quello che mi piace di Nerdando è la possibilità di esprimere un giudizio soggettivo senza dover per forza condividere l’opinione della massa. Mi sento quindi di affermare che Il Re Leone originale del 1994, nonostante l’Oscar ricevuto, non mi ha mai entusiasmato. Non per le canzoni meravigliose di Elton John e Tim Rice, non per le scene epiche del paesaggio né per la simpatia o la tenerezza evocate dai personaggi. Proprio per la trama, che non ho mai trovato interessante.
Nel 1994 avevo vent’anni e ai Grandi Classici Disney ero abituata da un bel po’. Ho amato la freddezza stilistica de La bella addormentata, l’andatura di Baloo e l’eleganza di Bianca (e Bernie), l’ingenuità di Ariel e lo sguardo innamorato di Lady Marian in versione volpe. Col tempo mi sono affezionata a nuovi stili: ho trovato magnifico il mix tra manuale e digitale di Rapunzel, il suo ritmo, le canzoni, i personaggi. Riguarderei ad oltranza alcune scene de La principessa e il ranocchio e di Hercules.
Non è detto che una storia un po’ datata non possa essere affrontata in chiave più moderna, acquistando magari il brio mancante. Il recentissimo Aladdin è dimostrazione del fatto che sia possibile rivisitare un pilastro dei grandi classici senza perderne l’essenza. Come Maleficent è riuscito a dare un diverso significato ad una storia che sembrava difficile da modificare. Anche Cenerentola per quanto old style, nel lungometraggio diretto da Kenneth Branagh è diventato una bellissima fiaba senza snaturarsi.
Lo spirito con cui ho affrontato questa prima visione era di curiosità e sincera speranza che una revisione avrebbe portato un po’ di vita in una storia piuttosto banale, perlomeno per me. Quello che invece ho trovato è stata una fedelissima riproduzione in chiave realistica, ma senza nessuna novità. Peccato. Non so dire se questa sensazione sia dovuta al fatto che essendo tutti animali i protagonisti era più alto il rischio di trovarsi davanti ad una puntata curatissima di Superquark piuttosto che ad una grande storia per bambini piena di emozioni e valori come da tradizione Disney, ma di fatto non mi ha convinto il risultato.
L’unica scena che davvero ho trovato originale è un riferimento alla Bella e la Bestia, che avrete modo di apprezzare senza spoiler.
Marco Mengoni e gli altri doppiatori
L’incredibile fenomeno della musica italiana da 50 dischi di platino e oltre 500 milioni di views su Youtube, merita un capitolo a sé. Giunto al 10° anno di carriera (sembrava ieri quando ballava sui pattini cantando gli AC/DC come concorrente di X-Factor eh), è stata a mio parere una scelta azzeccatissima per prestare la voce parlata e cantata a Simba. Bravo Marco, sempre bravissimo. Anche di fronte ad una nuova sfida come quella del doppiaggio. Al fianco di Beyoncé, si è presentato all’anteprima mondiale del film, raccontando con una diretta Youtube l’evento con l’ironia e la semplicità che lo contraddistinguono. L’amore è nell’aria stasera è il titolo italiano della sua versione di Can You Feel The Love Tonight di Elton John.
Nala invece ha l’incantevole voce di Elisa, già prestata alla Disney per la meravigliosa canzone di coda (per espresso desiderio di Tim Burton anche nella versione americana) di Dumbo.
I doppiatori, tutti bravissimi: Edoardo Leo (Smetto quando voglio) nei panni del suricata Timon, Luca Ward alle prese con Mufasa, Massimo Popolizio con Scar e Toni Garrani per Rafiki.
Curiosità
Per realizzare Il Re Leone e rendere lo strepitoso effetto realistico prodotto dall’insieme di avanzate tecnologie di realtà virtuale ed effetti visivi fotorealistici è stato fatto dal team di produzione un lavoro di ricerca enorme, dedicando grandissimo tempo nello studio degli habitat e delle movenze degli animali. Le fonti di ispirazione geografica utilizzate spaziano dal Kenya alla Namibia, dalle formazioni di tufo del Mono Lake in California al Parco Nazionale di Yellowstone.
Durante la visita al Disney’s Animal Kingdom di Orlando hanno studiato da vicino movenze e comportamenti di leoni, facoceri e iene utilizzando un sistema di telecamere che registrasse le movenze del 75% degli animali protagonisti del lungometraggio. Le immagini acquisite, sono state poi elaborate da un centro dedicato alla produzione di effetti visivi.
Inoltre la troupe ha effettuato un viaggio di due settimane in Africa per conoscere meglio gli ambienti ed i paesaggi da ricostruire digitalmente ed arricchire di dettagli le scene, portando a casa 12.3 terabyte di immagini da analizzare.
Il regista stesso ha affrontato diversi safari per capire come trasmettere allo spettatore la sensazione di essere nel mezzo della Savana, rispettandone le luci ed i colori.
Jon Favreau ha creduto moltissimo in questo progetto ed ha preteso dai suoi tecnici un accuratissimo lavoro di attenzione ai dettagli. Ed il merito di questo enorme lavoro, gli va senza dubbio riconosciuto.
Nerdando in breve
Per chi ha amato il Classico Disney e non ama i cambiamenti, il film perfetto. Una ricostruzione fedelissima della Savana.
Nerdandometro: [usr 3.0]
Trailer
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