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Toy Story 4 – Oltre l’infinito

Toy Story 4

Recensione

Anno 1995, esce Toy Story – Il mondo dei giocattoli, primo film completamente sviluppato in computer grafica, che racconta la storia di Andy, dei suoi giocattoli e di come il loro equilibrio venga sconvolto dall’arrivo di Buzz Lightyear, più moderno e ambito da tutti.
Una scommessa, un azzardo: un’avventura mai tentata prima e che ha dato il via ad una nuova pagina della cinematografia mondiale.

Da allora sono passati 24 anni e con essi è andata via la parabola di Andy, di Woody e Buzz. Quando nel 2010 uscì il terzo capitolo, era chiaro per tutti che avevamo appena assistito alla fine di un’era: si era chiusa una pagina e Pixar lo aveva fatto in modo egregio, con Andy cresciuto e il giocattoli, invece che abbandonati in soffitta, passati di testimone in modo che una nuova avventura potesse iniziare. Una metafora del ciclo della vita.
Sì: ho pensato ai miei LEGO che giacciono inutilizzati da ormai 30 anni in una vecchia scatola polverosa.

L’annuncio di un quarto capitolo, lo ammetto, mi ha sorpreso. I produttori avevano dichiarato che non avrebbero fatto un quarto capitolo a meno che la storia non fosse davvero all’altezza dei predecessori, ma si sa come funzionano le cose ad Hollywood.
Il fatto, forse perché siamo umani, forse perché il tre è davvero il numero perfetto, forse perché le trilogie portano con loro una netta sensazione di completezza, è che la storia fosse davvero conclusa. Come era possibile portarla avanti senza venir meno ai suoi principi cardine?

La domanda, alla fin fine è: può un quarto capitolo offrire un finale migliore del terzo?

Trama

Woody, Buzz e i pochi giocattoli sopravvissuti all’epurazione “andyana” sono ormai ben acclimatati a casa di Bonnie: la bambina li ha accolti e gioca con loro e anche se Woody non ha più il ruolo di capo giocattolo, gestisce il proprio compito con serenità e sempre con un unico obiettivo in mente: esserci per la sua bambina.
Così, quando Bonnie rimane sconvolta dall’inizio dell’asilo, fa di testa sua e l’accompagna contro il parere di tutti.

Al suo ritorno a casa, porterà con sé un nuovo personaggio: Forky, poco più che un insieme di spazzatura mal assemblata per gioco da Bonnie. Chi è genitore sa bene quali creature possano venir partorite dalla fantasia di un bambino alle prese con materiale creativo di riciclo.
Ecco che finalmente scopriamo una delle grandi verità dell’universo Toy Story: questi esseri hanno vita (o la prendono in questo caso) nel momento in cui un bambino interagisce con loro, ergendo un ammasso informe di plastica, stoffa e metallo, alla più nobile e antica delle invenzioni dell’uomo: il gioco.

Forky, però, non è nato come giocattolo e ha bisogno di una guida. A fornirgliela, ovviamente, Woody che trova in lui un nuovo scopo di esistere.
Il resto è una girandola di gag, cataclismi, coincidenze e drammi junghiani che porteranno Woody a ritrovare l’amore di un tempo, la pastorella Bo Peep (indurita da anni di abbandono) e un “villain” nuovo di zecca: la bambola Gabby Gabby coi suoi scagnozzi, manichini terrificanti che non a caso ricordano l’agghiacciante Slappy dei Piccoli Brividi.

Toy Story 4

Analisi

Toy Story è sempre stato un franchise che ha legato al proprio nome molteplici livelli e chiavi di lettura. Al di là della mera narrazione, della storia che ammicca ai bambini in sala e al rapporto coi loro giochi preferiti, c’è il tema profondo del senso di appartenenza e di cambiamento.
Da un lato abbiamo Woody che è disposto a rinunciare a tutto pur di non venire meno al proprio impegno nei confronti del proprio bambino, e dall’altro c’è la difficoltà di accettare che quello stesso bambino possa un giorno crescere e non avere più bisogno di lui.

Un gioco senza proprietario ha ancora ragione di esistere? In Toy Story 2, con la trama dolorosa di Jessie, sembrerebbe di no. Qui, invece, scopriamo che la vita può essere davvero molto più complessa di così.
Lo vediamo in Bo, che ha trasformato la sua solitudine in punto di forza; lo vediamo in Gabby Gabby, i cui continui rifiuti la rendono disperata al punto da diventare “malvagia”; lo vediamo in Ducky & Bunny, coppia di peluche da luna park in attesa di essere vinti da qualcuno qualsiasi; lo vediamo, infine, in Duke Caboom, stuntman canadese abbandonato quando il suo bambino scopre che realtà e pubblicità sono due cose diverse.

Toy Story 4

Tutte queste personalità, questi giocattoli, devono fare i conti con il cambiamento: alcuni lo cercano disperatamente, altri invece fanno il possibile per sfuggirne e lo rifiutano. Ma tutti, prima o poi, dovranno affrontarlo. E allora la cosa fondamentale sarà in che modo decideranno di farlo.

Abbiamo già visto in passato come Woody, per seguire i propri principi, abbia messo a repentaglio se stesso e tutti gli altri, amici compresi. Non farà eccezione in questo capitolo, con la differenza che finalmente capirà che il mondo non è solo bianco e nero, e che non sempre, per forza, il suo punto di vista è quello giusto.

Se Toy Story ha sempre chiesto un grande sforzo al suo pubblico, in termini di sospensione dell’incredulità, Toy Story 4 esige un vero e proprio salto di fede. Abbiamo giocattoli che interagiscono con gli umani fin quasi a farsi scoprire, muovendosi nel mondo reale in modo da lasciare decisamente perplessi.
Ma vale la pena spendersi in questo atto di fede, perché in cambio della nostra fiducia ci viene restituita una delle pagine più toccanti e vere della vita di ognuno di noi. Ovvero quella in cui dovremo fare una scelta dolorosa, la più dolorosa di tutte: quella dalla quale non si può tornare indietro e in cui, qualunque strada sceglieremo, saremo costretti a lasciarci dietro qualcosa che amiamo alla follia.

Dobbiamo solo decidere cosa amiamo di più, e accettarlo con serenità. La serenità data dalla consapevolezza che da quel momento in poi nulla sarà più come prima, la nostra vita cambierà per sempre, diremo addio a qualcuno che amiamo e che ci ha accompagnato per anni, nel bene e nel male. La serenità di aver finalmente ritrovato la strada di casa, quella vera.

Vuol dire, in breve, diventare adulti. Ed accettarlo.

Doppiaggio

Occorre spendere una parola per il doppiaggio, ottimo come sempre, ma frustrato dalla prematura scomparsa di Fabrizio Frizzi, voce di Woody. Qualcosa di analogo è accaduto con la scomparsa del comico Don Rickles, voce originale di Mr. Potato. Ma se ad Hollywood sono riusciti ad usare materiale di repertorio per ricreare tutta la sua parte, qui da noi, per il protagonista oltretutto, la faccenda era del tutto impossibile.

A ereditare il pesante fardello di Frizzi (che pure doppiatore non era), è stato il bravissimo Angelo Maggi, voce italiana di Robert Downey Jr., Bruce Willis, Gary Oldman e naturalmente Tom Hanks. Il lavoro di Maggi è stato esemplare, ma naturalmente non è la stessa cosa.
Splendida la prova degli altri doppiatori, con Massimo Dapporto che torna a prestare la voce a Buzz Lightyear, Corrado Guzzanti nel ruolo di Duke Caboom e Luca Laurenti, perfetto per dare vita a Forky.

Conclusioni

Toy Story 4 è il finale di cui avevamo bisogno? Stento a credere a me stesso, ma la verità è che è proprio quello che serviva. Il precedente capitolo chiudeva la storia di Andy. Questo chiude la storia di Woody e Buzz.

Nerdando in breve

Toy Story 4 dà alla saga un finale migliore di quanto non avesse già fatto il capitolo precedente.

Nerdandometro: [usr 4.9]

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