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NerDisney #28 – La Sirenetta

I miei ricordi

Di ricordi su La Sirenetta, il celebre live action del 1989 in cui Ariel (la sirenetta, appunto) contravviene alla paterna volontà per inseguire un amore apparentemente impossibile, ne ho solo uno: l’arricciaspiccia. Che poi forse quel ricordo, più che infantile rimembranza, è contemporanea conseguenza alla lettura di post e meme su Instagram.

Che ricordo benissimo è invece La Sirenetta 2: Ritorno agli abissi, che ho recentemente scoperto non essere entrato a far parte dei grandi classici (perdendoci pure una scommessa). Solo che io la videocassetta l’avevo della sirenetta due, non uno, e per tanto la mia sirenetta è Ariel in versione madre preoccupata anziché figlia irresponsabile.

Detto ciò, resta la mia principessa Disney preferita: prima che arrivasse Merida è passato parecchio tempo e quando ero piccola, avere i capelli rossi era condizione necessaria e sufficiente per diventarlo.

Trama

Per chi non lo sapesse, La Sirenetta racconta la storia di Ariel, figlia di Tritone, re dei Sette Mari. La storia che ci viene raccontata pesca un po’ dall’immaginario della celebre fiaba di Andersen, ma prende importanti cambiamenti (in primis il finale, che è lieto e non drammatico). Ariel ha un sogno: abbandonare il mare, andare sulla terra e unirsi agli umani, gruppo di creature affascinanti, deambulanti e collezionanti molteplici ammennicoli (fra cui il sopracitato arricciaspiccia, a noi noto come forchetta).

Il pretesto per lasciare il mare e andare sulla terra si crea quando il principe Eric, aitante giovane incrociato una sera per caso, cade in mare e lei, prontamente, lo salva. Presa da un’incontrollabile cotta adolescenziale, Ariel fa follie: si rivolge a Ursula, strega del mare, e scambia la propria voce con un paio di gambe. Ammutolita ma bipede, la fanciulla raggiunge la superficie con una missione: coronare il suo sogno d’amore entro tre giorni, pena, la perdita definitiva della propria anima (la strega del mare mette dei vincoli contrattuali parecchio rigidi).

Ci riuscirà? Chi l’aiuta? Cos’è un soffia blo blo? Per scoprirlo, (ri)guardate La Sirenetta; sta su Disney+.

Curiosità

Pare non sia un caso che le figlie di Tritone siano proprio sette: voci di corridoio (virtuale) dicono che ci sia una sirenetta per ogni mare (dopo Sette spose per sette fratelli, sette sirenette per i Sette Mari).

Prima che il danese Hans Christian Andersen producesse la fiaba a noi tanto cara, rafforzando l’immaginario collettivo della sirena intesa come donna-pesce, allo stesso termine corrispondeva ben altro significato. In un passo dell’Odissea, Ulisse incontra le sirene e su consiglio di Circe riesce a scamparvi indenne pur ascoltandone il canto ammaliante.

Quel passo viene rappresentato dalla pittura su vaso dando alle creature mitologiche una forma ben lontana da quella della nostra Ariel, eppure non ci sono arrivati passi dell’Odissea con una descrizione fisica delle famigerate sirene. Pare infatti che Omero (o chi per lui) usò il termine sirena rivolgendosi a un palinsesto che già aveva un chiaro riferimento immaginifico della sua forma, e probabilmente ciò è dovuto alle Argonautiche di Apollonio Rodio. In un passo del poema si legge infatti una serie di versi traducibili come:

La bella Tersicore, una delle muse, le aveva generate
dopo essersi unita all’Acheloo; un tempo erano ancelle
della potente Deò, quando ancora era vergine,
e cantavano insieme con lei: ma ora apparivano in parte
simili a fanciulle nel corpo e in parte ad uccelli.
Sempre appostate su una rupe munita di buoni approdi,
avevano privato moltissimi uomini della gioia del ritorno,
consumandoli nello struggimento.

E quindi la sirena che conosciamo oggi è solo il risultato di una lunga evoluzione del concetto stesso di sirena. A restare immutata, a oggi, è solo la caratteristica che lega la creatura al canto ammaliatore.

Colonna sonora

La colonna sonora de La Sirenetta è stata composta da Alan Menken, che nel 1990 ne ha vinto il rispettivo Oscar. Alla stessa premiazione il compositore ha ricevuto anche l’Oscar per la Miglior Canzone, con il singolo Under the sea, tratto dallo stesso film.

Poi per me questo è il film la cui canzone più iconica è Part of your world, la Let it go dell’89, singolo che in italiano è stato tradotto come La sirenetta. Me la ricordo la me preadolescente, intenta a inscenare un siparietto sotto la doccia, con shampoo e balsamo nel ruolo delle cose più strane e curiose, non ho nulla da desiderar e la spazzola in quello del come si chiama. Mi rendo conto, però, che Sebastian direttore d’orchestra abbia tutto un altro fascino.

Com’è invecchiato

Direi benino, anche perché forse più della Sirenetta, sono invecchiata io.

Se da una parte continuo ad ammirarla per il coraggio di trasgredire alle norme genitoriali imposte, dall’altra mi lascia un po’ basita l’idea di rivolgersi alla strega del mare e barattare la propria voce solo per conquistare la persona verso cui ha una cotta.

Ariel idealizza il genere umano ed Eric, e se lo fa è anche grazie a tutti i divieti e le mancate spiegazioni con cui è cresciuta. Credo che questo film abbia ancora da insegnare sia ai genitori, sia ai figli: un dialogo onesto e della fiducia reciproca potrebbero prevenire innumerevoli rischi (perché, va detto, Tritone ha sempre avuto il potere di risolvere la situazione, è che si era arroccato nella propria posizione e aveva smesso di mettersi in discussione).

Credo che il messaggio risuoni ancora oggi molto forte: serve equilibrio. Là dove Ariel è ribelle e impulsiva, Tritone è diffidente e dogmatico: un’elasticità comprensiva da ambo le parti avrebbe risparmiato un danno potenziale, e in un mondo in cui non esiste un tridente magico per risolvere i problemi è forse il caso di trovare il coraggio di mettersi in discussione giorno dopo giorno.

Live Action

Il live action de La Sirenetta è in produzione da un po’ e le polemiche in merito sono iniziate quando hanno annunciato il cast. Poi sono ricominciate recentemente, quando è uscito il primo trailer (che vi metto qui sotto). Non oso immaginare cosa succederà quando uscirà anche il film, ma già non ho voglia di sapere di persone che arrivano a discutere animatamente, divise sull’argomento.

Se avete problemi con questa rappresentazione, ricordate che siamo partiti da una donna-uccello, passati per una donna-pesce bionda (in quella di Andersen, lei si mimetizza i capelli con la spuma del mare: ne deduciamo il colore chiarissimo), arrivati alla sua versione rossa (scelta arbitrariamente dagli studi Disney) e ora eccoci qui a un altro cambio estetico.

La sostanza, però, mi pare sia sempre la stessa: una creatura in parte umana e in parte marina che con il suo canto ammalia e seduce, incontra una persona su una nave. Poi ognuno racconta la sua storia, che siano Argonautiche, Odissea, Andersen, film d’Animazione Disney o Live Action.

Evidentemente non si tratta della stessa storia riprodotta in diversi media, ma solo di una nuova interpretazione di una storia simile. Magari l’elasticità richiesta a Tritone potrebbe tornare utile anche a noi, almeno in questi casi, che arroccarsi su posizioni rigide legate ad argomenti che non inficiano la vita di tutti i giorni, potrebbe comportare un dispendio di energie un po’ eccessivo.

Comunque la mia personalissima opinione in merito l’avevo scritta all’epoca: se vi interessa, dateci un occhio; da allora ho cambiato modo di scrivere, ma il pensiero di fondo è pressoché invariato. La nostra Sirenetta, non sparisce.

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