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Crash Bandicoot 4: It’s About Time – Ad Aku Aku piace

Recensione

Dove eravamo rimasti?
Ah, sì…all’uscita di Crash Team Racing: Nitro-Fueled!
Dopo la comparsa, sugli scaffali di tutti i negozi, della N. Sane Trilogy e del remake dell’iconico kart game di casa Naughty Dog, le speranze dei fan del bandicoot più famoso al mondo erano rivolte tutte nella stessa direzione: un titolo che potesse, finalmente, riportare la saga di Crash agli antichi fasti.
Con i tremendi fallimenti di Twinsanity e Crash of the titans ancora vividi nella memoria (nonostante gli anni passati non fossero poi pochini), l’apprensione era molta.
Quando un gioco entra nel tempo e diventa un mito di un’epoca videoludica, è facile che, oltre che di oggettive qualità, si carichi anche di un significato diverso, più nostalgico e romantico.
Esattamente come accaduto all’epoca delle due remastered sopra citate, e per titoli appartenenti alla stessa generazione (Spyro e FFVII), il grosso rischio di rimanere irrimediabilmente scottati da un’esperienza attesa ma deludente era altissimo.
Ma bando ai convenevoli: Crash Bandicoot 4: It’s About Time è davvero riuscito nell’impresa di riprendere un grande classico dell’era Playstation, rispettarne i canoni e non deludere le aspettative, apportando qualche novità degna di nota ad una formula vincente ma sempre uguale a se stessa?

Trama

Il gioco è un seguito diretto dell’ultimo titolo uscito per Playstation 1: Crash Bandicoot 3: Warped.
In seguito alla sconfitta per mano del nostro marsupiale preferito, il Dr. Neo Cortex, N Tropy e Uka Uka sono rimasti intrappolati, per più di una decade, in un pianeta sperduto.
Con indicibile sforzo e facendo ricorso a tutti i propri poteri, la maschera malvagia riesce ad aprire un varco temporale e i due storici villain riescono finalmente a fuggire dalla loro prigionia.
Proprio questa frattura dimensionale risveglia qualcosa di molto, molto potente: 4 Maschere Quantiche (Lani-Loli, ‘Akano, Kapuna-Wa e Ika-Ika) possono, infatti, essere la chiave di volta per determinare il destino del mondo.

Grafica

Una delle prime cose a cui faccio caso (ma penso valga per tutti, d’altronde) quando gioco un titolo per la prima volta è il comparto grafico.
Avendo già avuto modo di vedere in anteprima qualche immagine legata al design dei personaggi e allo stile che avrebbe caratterizzato il gioco, sapevo già di dovermi aspettare qualcosa di diverso rispetto a quanto visto nella N. Sane Trilogy; non più un semplice rimodellamento e rimodernamento dei livelli e dei protagonisti, bensì un’elaborazione visiva che avrebbe sì richiamato alla memoria le vecchie atmosfere e i precedenti look dei characters, ma anche portato una ventata d’aria fresca.
Appena fatto partire il titolo e lanciato il primo livello, quello introduttivo, si nota qualcosa di diverso da ciò che ci si aspettava…una sensazione che, personalmente, avevo già provato con Twinsanity, il capitolo della saga uscito per PS2 nel lontano 2004. Pur ritrovandoci davanti all’occhio qualcosa di visivamente riconoscibile, la sensazione di dejavu prevista non è arrivata.
Un male? Un bene? Onestamente non saprei dirlo.
Dico soltanto che mi aspettavo qualcosa di diverso. Un bel livello a scorrimento classico, magari, con il solito vecchio Crash che, seppure sgrezzato e rimodellato, mi facesse galleggiare sull’onda dei ricordi e sulla nostalgia dei lontani anni ’90. Passato il primo momento, però, mi sono reso conto che, nonostante una telecamera per me fin troppo ballerina e un’inquadratura alle spalle del personaggio estremamente lontana dall’azione (ma questi sono gusti), mi si apriva davanti un mondo coloratissimo, dettagliatissimo e fantastico.


I cambiamenti apportati al protagonista sono minimi, certo, però devo dire che non mi hanno convinto del tutto. In fondo sto diventando un vecchio brontolone anche io e le mie poche certezze le voglio conservare. Gli effetti particellari, gli scenari, i comprimari (questi cambiati pochissimo) e perfino le casse si sono, invece, dimostrati una bella sorpresa, non c’è che dire.
Ultimo punto sui filmati.
Nonostante sia gradevole la presenza di intermezzi all’inizio dei livelli, devo dire che la fluidità degli stessi mi sia parsa, a volte, minore che nelle sezioni di gioco.

Modalità di gioco

La prima novità degna di nota si presenta sotto questa voce.
A partire dall’avventura, abbiamo la possibilità di scegliere tra due semplici ma significativi modi per affrontare la campagna: modalità Retrò o modalità Moderna.
Selezionando la prima si affronterà la storia in modalità vecchia scuola: pochi checkpoint e vite limitate. Superate le rigenerazioni a disposizione si dovrà riaffrontare il livello dall’inizio, per la gioia dei più affezionati.

La modalità Moderna, invece, permette una maggiore elasticità nell’affrontare anche i livelli più ostici. Se, infatti, si avranno alcune difficoltà nel superare una sezione di un particolare livello, la mancanza di un numero predefinito di vite e la possibilità di trovare checkpoint aggiuntivi qualora il gioco si “accorgesse” della nostra eccessiva inettitudine, rendono l’esperienza molto meno faticosa e frustrante.
Per farla breve, anche i meno capaci al pad potranno sperare di arrivare alla fine del gioco e, con un po’ di fortuna, senza maledire eccessivamente il povero protagonista.
Perché questo va detto, se anche Crash si è rinnovato dal punto di vista estetico (e, per carità, ci stava pure) nulla è cambiato dal punto di vista della difficoltà di gioco.

I livelli, pur senza annoiare, riescono ad essere ostici come non mai e, per superare alcune fasi in modalità Retrò, si dovrà far ricorso a tutta la propria pazienza, oltre che a tutta la nostra abilità.
Sempre all’interno della campagna, gradita novità è costituita dall’aggiunta delle 4 Maschere Quantiche.
Grazie ad esse, infatti, i nostri personaggi (si può scegliere di impersonare sia Crash che Coco, a seconda della nostra preferenza) potranno utilizzare delle particolari abilità, in grado di far loro superare specifiche parti dei livelli. Dalla facoltà di rallentare il tempo a quella di controllare la realtà, con la possibilità di far comparire o scomparire determinati oggetti, i nuovi poteri dei personaggi riescono a portare una ventata d’aria fresca ad uno stile di gioco che, per non snaturarsi, deve necessariamente variare il meno possibile. Questi poteri vengono integrati perfettamente nell’esperienza di gioco e, a scanso di equivoci, vi assicuro che saranno indispensabili all’interno dell’avventura…e non rendono per nulla più semplice l’esperienza di gioco, anzi!

Per quanto riguarda la gestione dei livelli, ci ritroveremo all’interno di una mappa che ricorda moltissimo quella del primo gioco di Crash Bandicoot (forse anche troppo).
Io ero molto affezionato allo stile Crash Bandicoot 2, con i portali presenti all’interno di una camera virtuale iniziale e la possibilità di svolgere i livelli legati a quel quadro nell’ordine preferito, ma tant’è…ce lo facciamo andare bene lo stesso.

Nel corso dell’avventura, poi, è possibile disputare, oltre alle sezioni bonus sempre presenti nei capitoli della saga, anche dei livelli Flashback. In questi si ripercorrerà la genesi del nostro personaggio fin da quando questi era un semplice esperimento del malvagio Dr. Cortex.

Una gradita aggiunta che permette, tramite una visuale molto molto simile a già citati livelli bonus, di variare l’esperienza di gioco. La stessa è impreziosita anche da altre fasi del gioco, in cui ci sarà permesso di impersonare Dingodile, Cortex e Tawna Bandicoot. Questi livelli presentano uno stile di gioco decisamente diverso e permettono, oltre al backtracking, di allungare di molto la longevità del titolo.

È presente, infine, la modalità Battaglia dei bandicoot, una simpatica modalità multigiocatore che permette di sfidare gli amici in simpatiche sfide.

Conludendo

Crash Bandicoot 4 rappresenta il degno erede dei primi 3 fantastici capitoli usciti su Playstation 1.
Certo, non è un titolo perfetto, sia chiaro, ma, a mio modesto parere, alla perfezione ci va davvero vicino.
Le uniche pecche che ho notato sono legate al mio mero gusto: la mancanza dei cristalli, una gestione poco appagante delle gemme (compensata però dall’aggiunta delle skin sbloccabili), il già detto look del protagonista e una telecamera che mi sembra abbia subìto un’involuzione per inseguire un ammodernamento che in realtà non era affatto necessario.
Mi spiego, la telecamera nei vecchi giochi di Crash funzionava a meraviglia in ogni sezione del gioco, allora perché cambiarla?


Ad ogni modo non ho dubbi nel dire che il quarto capitolo della saga (accidenti, arrivato al 2020 non credevo che lo avrei mai davvero potuto dire) rappresenta il degno erede della magica era Naughty Dog e, soprattutto, un’ottima speranza per chi desidera che questo possa essere soltanto il primo passo verso un lungo cammino di nuovi giochi per la saga di Crash Bandicoot.
I ragazzi di Toys for Bob hanno fatto bene i compiti e ci hanno permesso di vestire di nuovo e con soddisfazione i panni del nostro peramele preferito…e questa volta anche su Xbox, non solo su Playstation!

Nerdando in breve

Un titolo frenetico colorato e divertente che i fan aspettavano da anni. Un ottimo punto di (ri)partenza per una saga storica che aveva solo bisogno di una spintarella e degli sviluppatori giusti per tornare agli antichi fasti e ricominciare a scrivere la storia.

Nerdandometro: [usr 4.2]

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