Recensione
Uscito a maggio 2023 per PC fa il suo arrivo in queste settimane anche su console il celebre roguelite di Red Hook Studios alla prova più difficile: migliorare l’esperienza del primo capitolo senza snaturarla. Ci saranno riusciti?
Gameplay
Di base le meccaniche di gioco sono le stesse che avevamo apprezzato nel primo titolo. Un gruppo di avventurieri si getta nelle profondità di un dungeon sempre più buio, sempre più pericoloso. Lo scopo, oltre a quello di sopravvivere, è quello di abbattere nemici, recuperare tesori ed equipaggiamento e mantenere salda la propria sanità mentale.
Proprio sul concetto di follia, di chiara ispirazione lovecraftiana, era incentrata la meccanica più intrigante: se siamo abituati, noi giocatori di D&D, a vedere eroi ridotti in fin di vita un combattimento su due, subire ferite orribili, trasformazioni, incantesimi, congelamenti, ustioni, e mostruose aberrazioni come niente fosse, qui siamo invece portati a confrontarci con un livello di stress crescente, che può portare a renderci meno sicuri di voler affrontare a cuor leggero il prossimo abominio, ma anche a rivedere e riconsiderare le dinamiche interne del party.
Ecco quindi che la quantità di danni subiti, la posizione di attacco nel party, le scelte morali del gruppo, possono incidere sensibilmente sulla capacità del singolo eroe di compiere il proprio dovere. Certo c’è sempre la possibilità di curarsi e ripartire ma alcune ferite semplicemente non guariscono mai ed è giusto tenerne conto.
Scelte morali, spesso molto criptiche, che regalo vantaggi e bonus. Talvolta.
In Darkest Dungeon II il concetto di dungeon viene rimosso e soppiantato da quello del viaggio. A bordo di una carovana tutto fuorché indistruttibile, i nostri eroi viaggeranno di villaggio in villaggio, andando a prendere decisioni sulla strada da percorrere e affrontando le mostruosità che si pareranno sul loro percorso. Percorso che, come ogni buon titolo del genere, è creato proceduralmente, assicurando una notevole varietà partita dopo partita.
A cambiare saranno non solo gli incontri, avversari e PNG con scelte morali da prendere, ma anche la natura stessa del percorso subirà profonde modifiche. Di tanto in tanto, infatti, la nostra carovana si troverà di fronte al dilemma di quale strada prendere. Alcune indicazioni sibilline ci daranno idea di quali tipi di orrori dovremo affrontare, ma anche le ricompense che guadagneremo.
Completato il percorso ci si ritrova tutti in locanda, dove potremo acquistare nuovi equipaggiamenti, spendere punti per migliorare i personaggi e soprattutto scegliere la prossima tratta di percorso, al fine di portare la fiaccola della speranza, un elemento di gioco attivo e non solo narrativo, fino al prossimo villaggio, nella speranza di raggiungere le montagne dove affrontare l’orrore supremo.
Cosa che, ovviamente, sarà tutt’altro che facile, soprattutto nelle prime partite.
Le meccaniche di combattimento restano invariate rispetto al primo gioco: dovremmo scegliere quali eroi schierare in prima fila in base al tipo di attacco che potranno portare a segno, così ecco che i sempre pronti guerrieri staranno davanti ad incassare i primi colpi, mentre maghi e arcieri troveranno posto nelle seconde linee per colpire dalla distanza.
Come detto però l’efficacia in combattimento non dipenderà solo dalla nostra capacità di scegliere l’eroe e il potenziamento giusto, ma anche da una buona dose di fortuna: ad ogni nuova partita, infatti, i personaggi verranno ripristinati e non è detto che le scelte morali fatte prima siano altrettanto efficaci.
Questa è la meccanica forse più oscura del titolo: ho trovato molta difficoltà ad indovinare quali risposte e quali scelte avrebbero influito come avrei voluto. E se i rapporti tra i PG deteriorano, l’efficacia in battaglia ne risentirà di molto. Se invece ci sarà affiatamento o amicizia, queste potranno dare vita a migliori performance, attacchi aggiunti e bonus vari.
Insomma: bello, ma oscuro. Maledettamente oscuro.
La vecchia e sempre efficace metafora del viaggio. Qui in carrozza.
Comparto tecnico
Stile che vince, non si cambia. In effetti la scelta grafica del primo capitolo mi aveva molto impressionato, soprattutto per la sua brutalità del tratto, capace di evocare alla perfezione la follia in cui stavamo immergendo i nostri poveri eroi partita dopo partita. Così anche qui, in questo seguito, si è optato per mantenere un approccio rude, quasi stilizzato, che continua a convincere nella sua essenzialità e crudezza.
La direzione artistica, quindi, è a mio avviso un grande punto di forza per questo titolo che ci fa vivere sulla pelle la brutalità delle sue meccaniche, accompagnati da un ottimo recitato del narratore, l’Accademico, interpretato da Wayne June, lo stesso che diede la voce al narratore del primo capitolo.
E ora questi come li butto giù?
Conclusioni
Darkest Dungeon II è un titolo complesso e brutale, che non lascia spazio ad errori tattici. Il combattimento deve essere studiato con attenzione, scegliendo il party giusto (con personaggi sbloccabili man mano e nuove abilità da conquistare), potenziandolo e attrezzandolo a dovere.
Non sono un grande amante dei combattimenti a turni, ma come nel primo capitolo ho apprezzato la profondità delle sue meccaniche, in cui anche comprare un mazzo di carte alla taverna incide sulla morale e quindi sulla buona riuscita della missione.
A tal proposito: le partite possono oscillare dalla mezz’ora alle due ore abbondanti, in base a quanto sarà lungo il viaggio, quanti scontri affronteremo e quando tempo dedicheremo alla cura dei PG. Certo che arrivare a due ore di gioco e dover ripartire da zero, con qualche “candela” per potenziarci e poco altro, può risultare davvero frustrante, ma è nella natura stessa di questa tipologia di giochi.
Unica pecca, come indicato prima, è l’oscurità delle dinamiche sociali tra i PG, le cui scelte non risultano di facile interpretazione.
Per il resto, se è il vostro genere, non posso che consigliarvelo.
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Nerdando in breve
Darkest Dungeon II è il roguelite che ci porterà negli abissi della follia.
Trailer
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