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Assassin’s Creed: Mirage – Ritorno allo stealth

Recensione

Assassin’s Creed è uno di quei franchise strani, lo si ama o lo si odia ma è impossibile ignorarlo. Almeno così si diceva un tempo. Come tutte le saghe di lunghissima data (e qui siamo a 15 anni, praticamente un’eternità), i fan si dividono in due categorie: chi dice che è sempre lo stesso e chi dice che non è più quello di una volta. Io stesso non ho mai nascosto la mia preoccupazione, ai tempi di Unity e Syndicate, per senso di stanchezza eccessiva che rendeva il gameplay fondamentalmente monotono e ripetitivo. Ottima, come sempre, l’ambientazione storica (la Londra Vittoriana è ancora una delle mie preferite), ma se l’unica novità era un “bat-rampino” quello doveva suonare come un enorme campanello d’allarme. E così è stato.

Poi, finalmente, è avvenuto il miracolo: un reboot della saga? Quasi. Difficile dare una definizione univoca data la natura strettamente connessa con l’esplorazione temporale di questa serie. Fatto sta che, invece di andare ancora avanti o di spostarsi di lato, siamo tornati indietro agli albori del Credo degli Assassini, quando ancora si chiamavano Occulti.
AC: Origins fu un gioiello incredibile che ci fece vivere l’antico Egitto in modo così vivido e con personaggi così ben caratterizzati che risultava difficile crederlo.

AC: Odyssey fu, nonostante il mio amore incondizionato per i miti ellenici, troppo dispersivo a causa della quantità incredibile di tempo da passare sulla nave (ma dopotutto, come cantava il poeta, quante [BIP] di isolacce deve averci questa [BIP] di una Grecia?). Peccato perché la lore era eccezionale e ben si sposava con la cosmologia degli Isu introdotta dalla saga.

AC: Valhalla fu, infine, un capolavoro totale. Ambientazione incredibile, mix di brutalità vichinga, medioevo inglese, personaggi storici fenomenali. Per me è il più riuscito e quindi risulta ancor più dura dedicarsi ad un seguito: ci spostiamo nuovamente (poco) nel tempo e (molto) nello spazio, questa volta raggiungiamo la Baghdad del IX secolo, per un contesto che tanto riporta al celebre capostipite.
Qui seguiamo le vicende di Basim Ibn Ishaq, che abbiamo imparato a conoscere in Valhalla e che, almeno a me, ha fatto abbondantemente prudere le mani.

Spostiamo le lancette del tempo indietro di vent’anni rispetto agli avvenimenti di Raventhorpe e scopriamo la storia di “Colui che sorride” (ovvero Basim, in arabo).
Vediamo quindi cosa si nasconde dietro questa nuova fatica di Ubisoft.

Gameplay

Una delle cose che più terrorizzavano, nell’approcciare la nuova trilogia di Assassin’s Creed, era la vastità delle mappe e l’incredibile densità di attività da svolgere. Non scherzo, per platinare Valhalla ho sudato sette camicie e impilato non so quante volte pietre per costruire Cairn che ostinatamente continuavano a crollare.
Un’altra delle critiche più mosse alla suddetta trilogia era il distaccamento dalle sensazioni squisitamente stealth che avevano caratterizzato i primi capitoli, a favore di una maggiore libertà che faceva avvicinare il gameplay a sua maestà The Witcher III ma allontanandolo dal Credo di Ezio Auditore.

Ebbene, AC:Mirage risponde ad entrambe le critiche, riducendo sensibilmente la dimensione della mappa (ma non delle cose da fare) e tornando a premere l’acceleratore sul comparto stealth che il gioco ci invita a perseguire in ogni modo. In generale questo titolo risulta nettamente più intimo e meno dispersivo degli enormi open world precedenti.
Sparisce anche la componente GdR: se l’immenso albero delle abilità di Eivor Morso di lupo vi risultava indigesto (e un po’ dispersivo), ora abbiamo invece la possibilità di potenziare armi e strumenti di Basim, recandoci da un PNG specifico.

Sulle abilità delle armi avremo quindi a disposizione un albero di scelte in cui potremo andare a sbloccare diversi effetti, così da plasmarli al nostro stile di gioco. A queste si affianca una nuova modalità di combattimento, Focus dell’Assassino, che richiama le abilità potenziate di Kassandra grazie alla lancia di Leonida.
In questo titolo torna anche la meccanica della Notorietà, che ci metterà i bastoni tra le ruote rendendo Basim attaccabile a vista in alcune aree invece che in altre; con essa tornano anche i banditori, da pagare per farla ridurre sotto il livello di guardia.

Ma tutto questo lo scopriremo poco per volta, dopo il lungo prologo in cui faremo la conoscenza degli Occulti che vivevano nell’epoca d’oro islamica, quella del califfato per intenderci, con lotte sociali, povertà e ladri bambini che fanno di tutto per sopravvivere. Un contesto ben diverso a quello a cui siamo stati recentemente abituati ma che, naturalmente, rievoca le origini del franchise. Scopriremo quindi che sono scomparsi dal titolo anche la possibilità di scelta di sesso e linee di dialogo alternative, per un approccio meno GdR e più story-driven.

Comparto tecnico

Assassin’s Creed: Mirage nasce come DLC di AC:Valhalla e solo in seguito è stato elevato a titolo a se stante. Fin dalle prime battute, ma andando avanti ancor di più, il titolo mostra il fianco a diverse imprecisioni grafiche. Non sono mai stato il tipo di giocatore che si scandalizza per una compenetrazione di oggetti, magari le spade che mal si sposano con una cappa facoltativa sbloccata in seguito.
Tuttavia mi è capitato di assistere a profonde compenetrazioni (tipo fantasmi alla Ghost, per intenderci) durante le cut-scene e questo, a mio avviso, è abbastanza grave giunti nel 2023.

Non solo: effetti popup fastidiosi, modelli un po’ imprecisi e animali con la testa indemoniata che sembra uscita da un sabba. Insomma: occorre sperare in un po’ di lavoro post lancio per mettere a posto questi dettagli che non fanno onore né a Ubisoft né al franchise.
A questo aggiungiamo la ripetitività dei modelli ambientali. Certo il deserto è quello che è, ma i quartieri e gli interni degli edifici mi hanno ricordato molto da vicino quanto visto in Origins e il senso di riciclone si è fatto preponderante col passare del tempo.

Resta comunque innegabile un colpo d’occhio d’insieme notevole: i landscape sono mozzafiato e ai livelli che a cui eravamo abituati; come detto spero ardentemente in un po’ di patch che diano qualche sistemata qui e là, ma nel complesso l’aspetto d’insieme resta godibile.

Fronte audio, invece, nulla da dire. Le voci di sottofondo, spesso in arabo, ci calano perfettamente nel contesto storico e culturale. A queste si affianca un doppiaggio semplicemente maiuscolo, con il mitico Claudio Moneta che torna sulla saga e presta con convinzione la voce a Basim. Nel cast figura anche Pietro Ubaldi che non ha perso l’occasione di prestare la sua inconfondibile voce a questo titolo.

Conclusioni

Sebbene l’ambientazione sia più vicina al capostipite e sebbene la realizzazione di ambienti, interni ed esterni, sia assolutamente impeccabile, Assassin’s Creed: Mirage ha incontrato meno il mio personale gusto e nerdismo storico. Badate bene, si tratta di preferenze strettamente personali: da grandissimo amante dei miti greci e norreni, da folle innamorato del medioevo e dell’Inghilterra, i titoli della trilogia reboot erano decisamente votati alla mia conquista, cosa che hanno fatto davvero con minimo sforzo.

Assassin’s Creed resterà comunque la mia saga videoludica preferita, anche perché il primissimo contatto con una console di gioco, dopo anni in cui avevo praticamente abbandonato l’hobby, è stato un gameplay di AC 2, in cui vidi per la prima volta Ezio eseguire un salto della fede da uno degli edifici storici della Firenze medicea. Per me fu amore a prima vista, una vera folgorazione. E questo genere di amore non passa mai.

Ma tornando a Mirage, devo dire che ho apprezzato davvero molto l’approccio più minimalista che, senza perdere nulla in giocabilità, risulta eccezionalmente godibile e molto meno dispersivo che in passato. L’unica cosa che devo rimarcare è la totale assenza di sequenze nel presente. L’ho già detto molte volte: dopo la scomparsa di Desmond non si è potuto o voluto dare alla storia contemporanea una storyline godibile e accattivante. Lo spazio del presente è diminuito sempre più, di fatto perdendo e snaturando l’idea iniziale dell’Animus.

Considerando che stiamo parlando di Ubisoft, sono certo che sia stata una scelta voluta: forse dettata dai feedback degli utenti o forse spinta da una linea narrativa specifica. Non saprei dire, ma per mio gusto è una mancanza ragguardevole, sebbene il core sia (ora come sempre) nelle vicende del passato.

La mia opinione conclusiva è che siamo davanti ad un titolo di passaggio, un trait d’union verso il futuro della saga che, forse stando ai rumor, potrebbe spostarsi verso l’oriente. Vedremo, scopriremo e, soprattutto, giocheremo.

Nerdando in breve

Assassin’s Creed: Mirage è il ritorno alle origini del Credo.

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