Eccoci arrivati al #NerdandoConsiglia di Aprile 2022! Cosa avrà trovato nell’uovo la redazione più pasquale d’Italia? Scopritelo con noi, sperando di non trovare il solito braccialetto di plastica!
Reacher
Giakimo: Amazon Prime Video ci ha preso gusto a rivitalizzare personaggi di saghe letterarie già apparsi al cinema. Dopo Jack Ryan è la volta di Reacher, protagonista di due film usciti tra 2012 e 2016 con Tom Cruise protagonista. I libri di Lee Child sono un successo troppo grande da ignorare e quindi si è ripartiti da zero. Una serie TV, non un film e un nuovo protagonista, Alan Ritchson.
La prima stagione è tratta dal primo libro della serie, Zona Pericolosa. Jack Reacher è un ex poliziotto militare che dopo aver lasciato l’esercito gira gli Stati Uniti senza meta e senza bagagli. Arrivato nel paesino di Margrove, in Georgia, viene accusato di omicidio e dovrà lavorare con la polizia locale per trovare i colpevoli.
Mi rendo conto che la trama sembra abbastanza generica per un thriller. L’anomalia è Reacher. Il personaggio principale è il classico eroe larger-than-life di cui ci si appassiona. Succede così anche in questo caso. Non perché abbia chissà che profondità di pensiero, ma perché è interessante vederlo interagire con il resto del mondo, per il quale è un’anomalia, un gigante dalla mente sopraffina e addestrato militarmente. Infatti la serie funziona molto bene nelle sue parti iniziali, quando gli altri personaggi e noi spettatori dobbiamo prendere le misure al personaggio. Nel finale la serie si continua a farsi guardare, ma per motivi diversi, vogliamo sapere come va a finire e chi sono i colpevoli.
Non delude Reacher, mi sono divertito e una volta cominciata l’ho vista tutta in poco tempo per i miei lenti standard – sono proprio la kryptonite dei servizi streaming – soprattutto perché ero in vena di una serie mystery fatta bene.
Moon Knight
Giakimo: Dopo aver introdotto il personaggio mi sono precipitato anch’io a vedere l’ultima serie Marvel, Moon Knight, disponibile su Disney+. Arrivato alla terza puntata, non posso dire di essere deluso, nonostante i cambi con il personaggio cartaceo siano parecchi. Il cuore del personaggio sembra rispettato e visivamente devo dire che mi piace molto Moon Knight. Ogni tanto gli effetti speciali, specie quando mostrano Khonshu, sembrano un po’ tirati via, rispetto agli standard che ci avevano abituato gli altri prodotti Marvel Studios.
Non delude invece Oscar Isaac, davvero una gran performance la sua finora, capace di passare da un personaggio all’altro solo con gli occhi o con la voce – anche se l’accento britannico di Steven ogni tanto mi fa sorridere. Azzeccatissima la voce roboante di F. Murray Abraham per Khonshu.
Vediamo come prosegue e come finisce, finora le serie Marvel hanno avuto quasi tutte il difetto di inciampare nella seconda metà e finire in maniera un pelo anticlimatica. Speriamo che non sia questo il caso.
Slipstream
Tencar: Ho subito provato un grandissimo feeling con Slipstream, bel gioco di corse automobilistiche che ricorda molto Outrun: è sfidante (la difficoltà è totalmente scalabile), è divertente, ha parecchio stile sia per il comparto grafico che per quello musicale ma, purtroppo, non ha multiplayer online ma solo locale.
Disponibile su tutte le console e su PC (l’ho provato su Nintendo Switch ed è una bomba, soprattutto fuori dalla dock): assolutamente consigliato. Ne ho parlato più approfonditamente nella recensione.
The Witcher 3
Tencar: Ci ho messo troppo per iniziarlo, rispetto alla sua data di uscita, perché ero spaventato dalla quantità di ore richieste per finirlo. In effetti, sono stato sciocco e mi sono autoimposto di non farmi più preoccupare dal fattore tempo: The Witcher 3 è un capolavoro e deve essere giocato, soprattutto se amate il fantasy e i giochi di ruolo.
Geralt mi ha fatto compagnia per una quarantina di ore (ho terminato solo la storia base, senza i DLC) e, nonostante l’abbia giocato su Nintendo Switch con i suoi evidenti limiti, sono rimasto a bocca aperta guardando i paesaggi, la varietà di mostri e personaggi, i dialoghi, la complessità delle missioni secondarie… Insomma, c’è di tutto per essere intrattenuti per giorni senza mai annoiarsi.
Ok, ve lo consiglio, ma tanto l’avrete già finito, no?
Bridgerton
Clack: Lo so cosa state pensando, non sembro tipa da mélo. E in effetti non lo sono (anche se, per i film in costume, è tutta un’altra storia: non so più quante volte ho guardato Orgoglio e Pregiudizio, quello di Joe Wright).
Se è per questo, non sono nemmeno una grande fan dei prodotti televisivi di Shonda Rhimes. Per tutti questi motivi, avevo evitato Bridgerton, nonostante il clamore con cui era stata accolta.
Alla fine, però, dopo i consigli di amiche con gusti simili ai miei, ho deciso di darle una chance e devo ammettere che mi sto divertendo: nel momento in cui scrivo, ho appena concluso la prima stagione e devo dire che è una serie ben fatta, che intrattiene senza troppe pretese con il giusto mix di romanticismo e anticonformismo.
Roar
Morgana: Roar è una serie antologica uscita da pochi giorni su Apple TV: creata dalle stesse autrici di un’altra serie che ho amato, Glow, è basata sulla raccolta di racconti di Cecilia Ahern (Roar, appunto) ed ha un cast stellare, da Nicole Kidman a Alfred Molina passando per volti conosciuti di Glow come Alison Brie e Betty Gilpin.
Il motivo che rende questa serie molto particolare e che mi spinge a consigliarla è che in ognuno degli 8 episodi, della durata di 30-40 minuti, la protagonista è sempre una donna e nella sua storia c’è un elemento di fantastico o di assurdo che però è inserito nella trama in modo molto naturale e serve da spunto di riflessione sulla particolare condizione femminile raccontata: la moglie trofeo, la scrittrice afroamericana, la madre in carriera e così via. I titoli degli episodi descrivono letteralmente ciò che accadrà, ad esempio quello con protagonista Nicole Kidman si chiama “La donna che mangiava le fotografie”, e non aggiungo altro. Le atmosfere mi hanno ricordato molto quelle di altre serie antologiche come Ai confini della realtà, senza che però la componente fantastica arrivi agli stessi livelli, anzi diventa quasi plausibile. La fotografia, le musiche e le interpretazioni mi hanno conquistata.
Mi raccomando, non confondete questa serie con quella del 1997 con lo stesso titolo e argomenti decisamente diversi…
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origins
Fedrizzi: Per la serie: “giochi passati in secondo piano a causa dell’uscita di quel capolavoro che è Elden Ring” ecco a voi il titolo che vi consiglio, Stranger Of Paradise: Final Fantasy Origins (versione PC). Non sono un grande amante dei souls (giocarli almeno), questo mi ha permesso di giocare al meglio dei titoli che sono rimasti indietro, come quello di cui vi parlo oggi. Questo è diverso dai soliti Final Fantasy, per certi versi è molto simile ad un souls: c’è la schivata, i falò (cubi), i boss difficili e una lore intricata. La struttura è molto particolare, il gioco è cortino rispetto agli altri titoli della serie, circa 25 ore ed è strutturato a livelli. I livelli sono suddivisi in missioni principali e secondarie, giocate suole stesse mappe, rese però interessanti da un plot twist molto interessante.
Quello che però rende questo gioco degno di un #NerdandoConsiglia è il sistema di combattimento e di avanzamento delle classi. Questo gioco ha una varietà di possibilità incredibili: equipaggiando un’arma diversa cambieremo classe base, una volta evolute diverse classi base potremmo utilizzare diverse classi avanzate (con le stesse armi, ma diverse abilità), allo stesso modo, evolute diverse classi avanzate, potremo usare diverse classi supreme, incredibilmente divertenti e visivamente interessanti. Molto competitivo al livello massimo di difficoltà. Alla fin fine, secondo me, titolo fatto molto bene e da recuperare!
A Musical Story
Ayr: in questo aprile non propriamente scoppiettante per quanto concerne le uscite videoludiche (e non lamentatevi, che roba buona nei primi 3 mesi dell’anno non è mancata) le principali sorprese sono arrivate dal mercato indie.
Nonostante la rivelazione del mese sia rappresentata, molto più probabilmente, da Insurmountable (a proposito, recuperatelo), ho sentito la necessità di consigliarvi qualcosa di ancora più insolito. Sto parlando di A Musical Story, un rhythm game sviluppato da Glee-Cheese Studio e pubblicato da Digerati.
“Ma come Ayr? Ma non lo sai che nel 2022 Guitar Hero, Rock Band e i rhythm game sono morti?” magari sì, magari no, ma quando proverete A Musical Story sentirete di star vivendo un’esperienza diversa dove musica, cutscene, gameplay e storia si intrecciano in un flusso mai interrotto fatto di ambient rock e citazionismo anni ’60/’70.
A Musical Story si completa in un paio d’ore, senza mai diventare noioso o frustrante e, nota ancora più interessante, prevede anche percorsi e finali multipli.
Non vi resta che farvi cullare dai giri di basso, i riff di chitarra e il caldo suono di un Hammond.
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