Giochi da tavolo

Hallertau – Tra pecore e luppoli con zio Uwe

Recensione

Quando si tratta di giochi da tavolo a tema bucolico, la vera star è una sola: Uwe Rosenberg, noto a molti per essere l’autore di Agricola, un vero e proprio capolavoro e classico del gioco da tavolo.

Il buon Uwe torna finalmente con un gioco di un certo peso specifico, dopo qualche anno in cui si è dedicato a titoli più leggeri e si è sfogato con i polimini (da Patchwork a New York Zoo), e ovviamente l’ambientazione è quella cui è più affezionato: si torna alla dura vita dei campi, stavolta nella regione del Hallertau in Germania, famosa per essere la patria del luppolo e di ciò che ne deriva (d’altronde siamo in Baviera, eh).

Hallertau, uscito originariamente nel 2020, arriva finalmente in Italia ed in italiano grazie ad Asmodee Italia, che sta ripubblicando alcuni dei titoli della Lookout Games, tra i quali parecchi lavori di Mastro Uwe, come Caverna, Agricola e Agricola: Tutte le creature grandi e piccole.

Ora sto cincischiando troppo però, e me ne rendo conto, ma non vi nascondo che ho timore nel raccontarvi un giocone simile, ma ci proverò: andiamo a vedere se Rosenberg ha ancora il suo tocco magico.

Componentistica

La scatola di Hallertau è grossa, c’è poco da girarci intorno: grossa e pesante, piena di fustelle e di pezzi di legno.

Posso dirlo? Che goduria.

Un chiletto di fustelle che ospitano tutte le plance personali e i segnalini, e tanti meeple sagomati a rappresentare le tante risorse che utilizzeremo durante la partita: avete presente le pecore di Agricola? Ci sono anche quelle, e molto di più.

Ci sono anche dei banalissimi cubetti blu che fungono da lavoratori, gli unici a non essere sagomati, e soprattutto una quintalata di carte, uno dei fulcri del gioco.

Chiaramente, a livello puramente tattile, avere una marea di risorse sagomate da spostare e gestire è sempre una bella aggiunta all’esperienza di gioco.

Ecco l’elenco completo e puntuale del contenuto della scatola:

  • 12 indicatori di lana
  • 12 indicatori di latte
  • 12 indicatori di carne
  • 12 indicatori di pelle
  • 16 indicatori di argilla
  • 20 indicatori di segale
  • 20 indicatori di luppolo
  • 20 indicatori di orzo
  • 20 indicatori di lino
  • 30 segnalini pecora
  • 80 cubi lavoratore
  • 336 carte
  • 1 blocco segnapunti
  • 1 segnalino primo giocatore (+3 extra)
  • 40 segnalini strumento
  • 28 tessere campo
  • 1 tabellone delle azioni (ripiegato)

Le illustrazioni sono appannaggio del solito Klemens Franz, grande collaboratore di Rosenberg, che in queste occasioni non sbaglia mai un colpo e con la sua matita restituisce perfettamente il gusto dell’ambientazione senza appesantire troppo i tabelloni, che altrimenti il cervello va in pappa.

Come si gioca

Come vi dicevo, Hallertau è un gioco di un certo peso, non solo fisicamente: sulla scatola leggiamo che al tavolo possono accomodarsi da 1 a 4 aspiranti contadini, dall’età consigliata dai 12 anni in su, per una durata media della sessione che va dai 50 ai 140 minuti.

Devo dirvi che quando mi è arrivato Hallertau mi trovavo in un periodo un po’ caotico per via degli impegni, ed ero dunque spaventato che il gioco potesse essere troppo articolato per studiarmelo per bene; allora, per impararne il flusso, semplicemente, l’ho apparecchiato e ho cominciato a giocare seguendo il manuale.

E ho capito che, seppur offra molte strade da esplorare, Hallertau sia uno di quei fantastici titoli che godono di un regolamento tutto sommato lineare e semplice, a fronte di un’esperienza molto completa e sfaccettata.

Una volta affrontati i primi turni, infatti, si capisce come il flusso di gioco sia molto fluido e facile da seguire nella sua linearità.

Le 10 fasi che compongono ciascuno dei 6 round di gioco sono intuitive e sensate anche in base alla ambientazione, mentre il come vorremo affrontare la partita starà completamente a noi e alla nostra idea, regalandoci una esperienza simile a quella di un sandbox.

Come anche suo cugino Agricola, Hallertau è un german meglio ambientato della media, e questo non può che farmi estremamente piacere.

Come al solito, non vi voglio tediare con i dettagli su tutto il flusso completo della partita, anche perché Asmodee come sempre mette a disposizione i manuali dei suoi giochi sul sito (qui il link); però vi butto lì un po’ di idee per farvi capire se possa stuzzicare o meno il vostro appetito.

Riducendo il tutto all’osso, Hallertau si basa sul piazzamento lavoratori: sulla plancia principale, che riporta le azioni da effettuare, piazzeremo i nostri cubi blu; gli spazi azione non sono esclusivi, ma costano di più se qualcun altro ci si è già piazzato. È una bella meccanica, perché non dona cattiveria al gioco, ma sfida, in linea con l’ambientazione pacifica e agreste.

Cubi blu per i lavoratori!

Le azioni sono delle più varie,  e mirano all’acquisizione di risorse e carte, al lavorare i campi, e alla trasformazione delle materie prime.

Ci sono molte risorse in Hallertau, e questo mi rende felice: alcune di esse vengono acquisite appunto tramite la coltivazione dei campi, che rappresenta un’altra delle meccaniche nuove che distinguono Hallertau dai titoli precedenti di Rosenberg.

Infatti, a differenza di Agricola, avremo la necessità di sperimentare una delle cose che più ci ricordiamo di avere studiato in storia alle elementari: la rotazione delle colture!

A parte il momento Amarcord, in pratica usandoli i campi perderanno in efficacia e dovranno essere lasciati vuoti per poter ripristinare la loro capacità: più li lasceremo vuoti, più saliranno di “livello” e permetteranno di ottenere una maggior quantità di risorse una volta raccolte. Questo meccanismo è sicuramente una delle chiavi strategiche da incastrare nel nostro grande piano per prosperare.

Anche la pastorizia è diversa dal solito: l’allevamento delle paffute pecorelle dovrà tener conto del loro invecchiamento e, round dopo round, avremo anche il nostro bel da fare per non farle andare nel paradiso delle pecore. Le pecore costano, quindi attenti!

Tenere e dolci pecorelle

Parlavo prima dell’acquisizione delle carte, che sono l’altro cardine fondamentale e distintivo di Hallertau: vedete bene che, come recita l’elenco dei componenti, esse sono addirittura 336!

Perché sono così importanti? Perché, banalmente, saranno loro a dettarci il come sviluppare il nostro motore produttivo durante la partita.

Infatti, esistono quattro tipologie di carte, ma quello che conta è che tutte danno benefici soddisfacendone le richieste:

  • Carte punto: danno punti vittoria.
  • Carte cancello: condizione da soddisfare.
  • Carte fattoria: costano risorse.
  • Carte bonus: danno punti vittoria e risorse.

Questo delle carte è anche l’aspetto più criticato di Hallertau da parte dei germanisti puri, secondo i quali qualsiasi concessione alla alea è un peccato da espiare.

Bene, secondo me in Hallertau la questione carte è divertente, ti spinge ad osare e a provare strade nuove e dona molta variabilità alle partite. Si, io amo gli aspetti tattici nei giochi, e non credo, onestamente, che la pesca delle carte possa rovinare una partita ben giocata.

Ultimo aspetto che guardiamo, e poi mi taccio, è quello relativo alla evoluzione del proprio villaggio: a cosa servono le risorse che accumuliamo con tanta perizia? Beh, principalmente per far evolvere i negozi presenti nel nostro villaggio, il che ci permetterà di ottenere più lavoratori ad ogni round e di sbloccare una marea di punti vittoria per il gran finale.

Villaggio e campi, come zio Uwe comanda!

Senza neanche dirlo, alla fine del sesto round chi ha più punti è il vincitore!

Non abbiamo parlato della longevità e della scalabilità: come altri giochi del magico Uwe, non vi stancherete presto neanche di questo.

L’abnorme quantità di carte, divisi in mazzetti che permettono di tematizzare e personalizzare l’approccio alla partita, permette ad Hallertau di non essere uno di quei giochi che stancano presto, anzi!

Essendo inoltre un titolo dalla interattività esclusivamente indiretta (quindi non ci si mena a clavate sui denti), Hallertau scala bene con qualsiasi numero di giocatori, grazie anche al fatto che molte delle fasi possono essere risolte simultaneamente.

Funziona bene anche il solitario, che è si una sfida a battere il punteggio, ma risulta molto impegnativa e sfidante.

In conclusione

Dopo che negli scorsi anni mastro Uwe si era concentrato su titoli più leggeri, ecco che con Hallertau torna a presentarci uno dei suoi scatoloni pieni di risorse, agricoltura e lavoratori affaccendati con tante azioni ed opportunità.

Pur nel solco della sua tradizione ludica, Hallertau presenta delle novità ben innestate nel motore di gioco, che lo rendono un gioco molto sfaccettato ma non difficile, né chissà quanto complicato.

Il confronto con Agricola è d’uopo, vista l’attinenza delle tematiche, ma Hallertau è senza dubbio meno teso, più rilassato e con una apertura importante alla tattica, più che alla strategia, grazie alle carte, elemento fondamentale del gioco.

Comunque, posso confermarvi che si tratta di un gioco molto divertente che non esaurisce presto le sue cartucce, anzi! Se amate i giochi di Rosenberg e questo tipo di tematiche, dovete farci un giro, per forza.

Hallertau lo trovate in italiano grazie ad Asmodee ad un prezzo che viaggia sulla settantina, giustificatissimo dalla quantità e qualità del materiale.

Nerdando in breve

Ed ecco finalmente un nuovo titolo “contadino” di Rosenberg: meno stressante di suo cugino Agricola, ma molto sfidante e divertente! Gli amanti dei gestionali non devono perderselo.

 

 

Contenuti

To Top