Recensione
Io non lo conoscevo.
Lorenzo, dico. Non lo conoscevo. Credevo di, mi ero fatto un’idea, anzi: abbiamo persino incrociato i nostri percorsi un paio di volte (molte meno di quanto non avrei desiderato a dirla tutta), e anche se avevo già letto molte delle cose da lui scritte, seguito le sue dirette, ascoltato le sue conferenze, la verità è che avevo solo un’idea appena accennata di cosa si celasse sotto quell’aspetto da grande saggio, competente in tutte le cose che (anche io) amo.
Poi mi è capitato questo suo volume: Vivere mille vite. Storia familiare dei videogiochi, edito da Effequ, e l’ho immediatamente proiettato sul mio KOBO nuovo di zecca, che mi è sembrato quasi naturale, una scelta obbligata, per inaugurarlo.
Ed ecco che è iniziato un viaggio, una nuova esperienza in cui credevo avrei passeggiato a piede leggero, e invece mi sono sorpreso più e più volte. Lasciate che vi racconti come.
Lorenzo ha imbastito in questo suo viaggio nella storia dei videogiochi una vera e proprio avventura testuale a bivi: certo, è possibile seguire il percorso lineare (ed è quello che ho fatto io, l’approccio “vanilla”) dalla prima all’ultima pagina, ma non è obbligatorio. Il libro presenta percorsi multipli, tagliati su misura di diverse tipologie di lettori che conducono ad alcuni capitoli invece che ad altri, e personalizzano l’esperienza di fruizione come solo un libro-game sapeva fare. Che siate gamer, genitori, retrogamer e così via, troverete comodamente la vostra strada.
E diversi sono stati anche i modi in cui ho vissuto la lettura: nella prima metà mi sono trovato davanti ad un volume quasi enciclopedico, con decine e decine di nozioni in parte note in parte nuove anche per me, aneddoti e curiosità, descritti con stile asciutto ma coinvolgente, quasi documentaristico.
Mi sono emozionato a riscoprire nelle sue esperienze, le mie stesse pagine di vita in compagnia del mitico Amiga 500 (di cui potete trovare decine di riferimenti nei miei articoli su questo blog), ho rosicato di rabbia nello scoprire le emozioni di chi è passato dal C64 (io fui sullo Zx Spectrum) e illuminato quando nelle pagine dedicate ai coin-op (e in particolare a Street Fighter 2), è riuscito in modo semplice ed illuminante a farmi capire nel profondo i significati di una fare della storia che io stesso ho vissuto, ma senza comprenderla a tutto tondo.
Insomma: ho passato quasi trequarti del libro col torcicollo, scoprendomi ad annuire ritmicamente pagina dopo pagina, sorridendo di nostalgia, principalmente, capitolo dopo capitolo.
Poi è arrivato il capitolo di Firewatch.
Un gioco che personalmente non ho ancora avuto modo di sperimentare, ma che so rientrare nelle mie corde, al pari di capolavori come Dear Esther, Gone home, What remains of Edith Finch. Ed ho trovato un tesoro nascosto tra le pagine, una consapevolezza che mi ha fatto finalmente capire di non essere il solo.
Mi spiego meglio: all’interno di alcune pagine profondamente emozionali e toccanti, in cui si racconta a cuore aperto, Lorenzo ci mostra quanto possa essere utile il giusto videogioco nel momento sbagliato della nostra vita.
Tutti abbiamo momenti difficili da affrontare. Tutti abbiamo lutti da superare, anni da lasciarsi alle spalle, esperienze provanti con cui convivere. È capitato anche a me, e anche io ho avuto il videogame giusto tra le mani che mi ha aiutato ad affrontare quei momenti come solo un’esperienza virtuale può farlo: mostrandoci le nostre miserie dall’esterno, e aiutandoci così a vederle da fuori e metabolizzarle meglio.
Terminato il capitolo, per altro con una delle mie citazioni preferite del capitano Picard di Star Trek, non ho potuto fare a meno di prendermi una pausa. E poi rileggerlo altre due, tre volte; al termine delle quali ora posso dire di conoscere un po’ meglio Lorenzo, forse capirlo un po’ di più. Sicuramente di stimarlo molto di più.
Ma il luna park non è finito e ci sono altre giostre su cui mi sono trovato a veleggiare. La prima, cruda fino a far male, mette al muro tutti quelli della mia (nostra) generazione e ci sbatte in faccia la dura realtà che siamo vecchi.
Sono cresciuto credendo che a me non sarebbe successo, non sarei diventato come mio padre, refrattario al cambiamento, ancorato con unghie e denti ad un passato che non tornerà più e legato alla nostalgia dei bei tempi andati (quelli di Monkey Island, per essere precisi). Dopotutto mi piacciono i giochi che escono anno dopo anno, giusto?
E invece no: sbagliato. Minecraft non lo capisco per niente, Fortnite invece lo detesto proprio.
Ebbene, Lorenzo è riuscito a spiegarmi il perché, e lo ha fatto senza peli sulla lingua, mostrandomi come i giochi che amo non sono altro che quelli che ho sempre adorato, solo con una grafica migliorata, mentre quelli davvero nuovi, quelli che hanno nuove metafore, nuove logiche di fruizione, nuove dinamiche sociali, semplicemente non fanno per me perché sono un dannato boomer, ma, molto più di questo, ha il vantaggio di avermi spiegato perché alle mie figlie piace molto Minecraft, e per questo non lo ringrazierò mai abbastanza.
Insomma: per chi è questo libro? È semplicemente per tutti:
Per i giovani amanti dei videogiochi, per scoprire la storia del loro hobby.
Per i vecchi, il motivo l’ho spiegato bene sopra.
Per i genitori, a cui servirà come guida e consolazione.
Per chi non ne vuole proprio sapere: perché se il videogame è il tuo nemico, allora devi conoscerlo.
Ecco, forse il valore intrinseco più importante di questo volume è proprio quello di essere un libro adatto a tutti, perché a tutti può insegnare qualcosa di importante: che sia capire perché diavolo esistono gli eSport o spiegare perché degli ultra quarantenni spendono i loro stipendi a caccia di pezzi di hardware fuori produzione da decenni; spiega in modo semplice e chiaro il fascino di un titolo senza scopo alcuno come Minecraft, e fa venire a me voglia di prendere in mano Civilization VI, quando mai avrei pensato di poterlo desiderare.
Insomma: in un mondo imperfetto, popolato da creature imperfette, con hobby imperfetti ma perfettibili, il libro di Lorenzo Fantoni è un faro che illumina nella nebbia, prendendo per mano aspiranti pirati, sindaci, camminatori narrativi, saltatori di funghi e chi più ne ha ne metta: siamo tutti sulla stessa barca, una barca fatta di pixel ovviamente.
Perché anche se sicuramente è vero che “È possibile non commettere alcun errore e perdere comunque”, nessuno ci vieta comunque di farlo divertendoci.
Nerdando in breve
Vivere mille vite. Storia familiare dei videogiochi è una dichiarazione d’amore in piena regola per tutto ciò che il videogioco è stato, è, e sarà.
Nerdandometro: [usr 4.8]
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