Ecco un tema davvero interessante: perché mai dovrebbe essere importante l’orientamento sessuale dei personaggi di un videogioco?
Beh, la risposta è molto semplice: perché se vogliamo che i videogiochi rappresentino in qualche modo la società umana, è fondamentale che ne rappresentino tutti gli aspetti.
La comunità LGBTQ+ esiste ed ha rappresentanti ad ogni livello della società umana (che possano dichiararlo o meno) e quindi quando mi siedo davanti ad un gioco, mi aspetto che ogni suo aspetto sia ugualmente presente. Non perché me ne freghi qualcosa se il mio PG è gay, etero, bi, cis, ecc mentre sto sgozzando uno zombi o esplorando un pianeta alieno, ma perché se l’industria videoludica fa dell’immersività un suo punto di forza, allora pretendo che ogni sua voce abbia lo spazio che merita.
A mio avviso siamo ancora abbastanza lontani dall’obiettivo e il motivo è semplice: l’industria crea videogiochi allo scopo di vendere, e se la società non è disposta a vedere in un gioco (“è roba per bambini!!!”) due personaggi che fanno sesso, figuriamoci se lo fanno con qualcuno appartenente allo stesso genere del protagonista.
Qualche esempio interessante lo abbiamo, ma manca davvero ancora il coraggio di fare quel passo di più (confido in CD Projekt Red, che sono gli unici ad andare dritti per la loro strada in questo aspetto).
Penso, ad esempio, ad Ubisoft: con AC Odyssey c’era una grande occasione, se mai una società umana non ha avuto problemi del genere è stata proprio quella ellenica. Il risultato: possibilità di “romance” con entrambi i sessi, scene oscurate e qualche mugolio. Nemmeno un bacio, un abbraccio, un prendersi la mano.
Pensiamo allora a Zachary, personaggio di Michonne, spinoff di The Walking Dead. Sappiamo che è gay perché è fidanzato con Jonas. Viene detto, poi più nulla.
Affidiamoci allora a Dontnod Entertainment: nel loro capolavoro, Life is Strange, possiamo veder costruire un rapporto di amicizia/amore tra le protagoniste, ma il tutto si consuma (e solo se si sono fatte determinate scelte) in un bacio tra Max e Cloe nel climax finale. Un po’ poco, ma reso pregevole dalla costruzione del rapporto capitolo dopo capitolo. Va un po’ meglio in Before the Storm, dove la sessualità di Cloe è esplicitata così come il suo amore per la povera Rachel.
Dragon Age: Inquisition ha un bel primato: Cremisius “Krem” Aclassi è il primo personaggio transgender ad apparire in un videogame. Nasce come figlia di un sarto per poi fare la transizione, episodio narrato in un arco narrativo a lui dedicato. L’impatto sulle vendite? Apparentemente nessuno. Un bel punto da tenere a mente.
Ottimo anche il personaggio di Dorian, che oltretutto è stato cacciato dal padre per il suo essere gay, ben delineato, profondo, uno dei personaggi meglio riusciti. Motivo per cui Bioware è tra i migliori in questa (non)classifica della rappresentazione LGBTQ+.
La serie Mass Effect ha fatto della fluidità di genere la sua accezione del tema LGBTQ+: non solo possiamo scegliere di avere un protagonista maschile e femminile (mantenendo la romance coi PNG) ma la Dottoressa Liara T’Soni appartiene ad una specie aliena monogenere pansessuale. Ed è con lei che si può legare il Comandante Shepard, in entrambe le sue declinazioni.
Anche da Rockstar Games mi aspettavo di più: Trevor Philips, in GTA V, è bisessuale ma la cosa viene appena accennata e mai seriamente approfondita: insomma, va bene rapinare e ammazzare, ma non esageriamo coi gay eh?
Ci sono poi altri esempi, che sinceramente mi fanno storcere il naso perché relativi a giochi in cui la sessualità non ha nessuna implicazione con la trama (a volte inesistente) dei relativi titoli. Penso ad Overwatch, dove Lena “Tracer” Oxton ha una fidanzata, ma l’abbiamo scoperto tramite un fumetto dedicato alla sua storia. Ma penso anche a Kung Jin, che parlando con Raiden, rivela velatamente di essere gay; ma davvero ha qualche importanza in un gioco come Mortal Kombat?
Veniamo infine al personaggio più carismatico, l’unico che ha suscitato un vero terremoto per via sia della sua esplicita dichiarazione sia perché la portata del titolo è di quelle da milioni di copie.
Parlo ovviamente di The Last of Us, dove scopriamo l’omosessualità di Ellie già nel DLC Left Behind in cui l’abbiamo vista scambiarsi un bacio con una ragazza. Con l’uscita del trailer di TLOU Part II, poi, la bomba esplose, con un’enorme levata di scudi delle varie associazioni (su cui stendo un velo pietoso) intimorite dall’idea che un videogioco potesse traviare le menti dei giocatori (nel caso stiate leggendo, vi svelo due segreti: uno, non si può forzare l’orientamento sessuale tramite la fruizione di un gioco, film, video, ecc. Due: questo titolo ha un PEGI 18, e l’orientamento sessuale viene consolidato molto prima, se date in mano un PEGI 18 ad un ragazzino di 10 anni la colpa è vostra che non sapete fare i genitori).
Insomma: nel caso non fosse chiaro, abbiamo bisogno che l’industria maturi ancora un po’. Non per un gusto morboso di voyeurismo, ma semplicemente perché, come per i film e le serie TV, il sesso, l’orientamento sessuale e l’appartenenza di genere, sono temi che fanno parte dell’essere umano, e come tali devono essere rappresentati: in modo onesto e senza ipocrisie.