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Call of Cthulhu – Un orrore a metà

Call of Cthulhu

Avete visto l’inquietante trailer e volete sapere tutto quanto si nasconde sotto l’orrore di Call of Cthulhu? Tenete salda la sanità mentale, iniziamo una lunga discesa verso l’abisso senza nome.

Recensione

Per chi, come me, ha passato la propria adolescenza tra gli orrori indicibili del maestro Lovecraft, e quelli psicologici di Poe, il solo sentir nominare Cthulhu genera lunghi brividi di emozione lungo la schiena.
Il fascino dei Grandi Antichi, del pseudobiblion Necronomicon, ma soprattutto dei riti pagani e blasfemi che permeano le pagine del grande autore, è qualcosa di atavico che avvince e lega a sé chiunque abbia avuto la fortuna di innamorarsi dell’opera dello scrittore di Providence.

Ma, soprattutto, è l’impulso tutto umano alla scoperta, allo svelare l’ignoto e a sviscerarne i segreti, che cela la magia di tutta l’opera di Lovecraft. Un videogame ispirato tanto alla letteratura quando al celebre GdR degli anni ’80 Il richiamo di Cthulhu, non poteva che scatenare tutta la mia curiosità: l’idea di poter vedere finalmente con gli occhi quegli orrori solo immaginati per tanti anni, aveva un fascino irresistibile; così come mi affascinava l’idea che qualcuno avesse avuto il coraggio di dare vita a quegli incubi, mettendosi alla prova e correndo un rischio considerevole.

Il risultato? Riuscito a metà.
Scopriamo insieme il perché.

Call of Cthulhu

Trama

Per chi non lo sapesse i protagonisti delle ambientazioni lovecraftiane, in genere, se non sono detective sono giornalisti o ricconi ficcanaso: in ogni caso, tutte persone con molta più curiosità che prudenza.
Come da buona tradizione quindi, ci troviamo nei panni di un detective privato: Edward Pierce, un burbero veterano della prima guerra mondiale che lotta contro i propri incubi cercando sollievo sul fondo di una bottiglia di whisky scadente.

La nostra avventura ha inizio con la visita del signor Hawkins, disperato per la morte della giovane figlia Sarah, pittrice di successo ma dal gusto quanto meno visionario, del marito e del piccolo figlio. Un misterioso incendio sprigionato nella villa Hawkins, a Darkwater, ha portato via l’intera famiglia, lasciando dietro di sé solo tante domande prive di risposta.

Indebitato fino al collo e col rischio di vedersi ritirare la licenza, Pierce accetta il caso, raggiungendo così la “ridente” località indicata: è l’inizio dell’incubo.

Darkwater è l’emblema del disfacimento: una località marina in cui l’unica economia locale è data dalla caccia alla balena, miseramente terminata per mancanza di materia prima, e traffici illegali. Un luogo malsano, ricoperto da tinte verdastre, dove la puzza di pesce marcio si confonde col marciume dei suoi abitanti: rozzi, burberi, attaccabrighe e terribilmente restii a collaborare con noi.
Sin dalle prime battute ci confronteremo con la chiusura di questo paesino del New England, con le sue malizie e i suoi misteri, dove scucire un’informazione è più difficile che aprire un’ostrica a mani nude, e dove persino la polizia locale è restia a sbottonarsi nei confronti di un collega.

Tra diffidenze, parole non dette, sotterfugi e una buona dose di malavita, ci faremo strada tra i meandri cupi e maleodoranti, fino a raggiungere villa Hawkins ed esplorarne i segreti.
Non ci vorrà molto per scoprire che dietro la morte della famiglia si nasconde molto di più: sette segrete votate al culto degli Antichi; sacrifici ignobili per soddisfare i blasfemi appetiti di divinità extraterrestri immonde e perverse; ma soprattutto la folle e malata sete di conoscenza, quel bisogno immondo di esplorare anfratti proibiti del sapere che spinge gli umani a venir meno alla propria natura, lasciando che l’orrore strisciante si insinui nella loro mente, contorcendola, disturbandola, disgregandola dalle fondamenta di fronte a mostruosità troppo ignobili per essere raccontate alla luce del sole.

In questa lenta ed inesorabile discesa verso l’abisso, avremo molto di fare le nostre scelte, ed addentrarci a nostra volta verso gli abissi della conoscenza proibita. Potremo leggere tomi blasfemi e approfondire la conoscenza dell’occulto, oppure cercare di preservare la nostra sanità mentale, e rimanere saldi quale ultimo barlume di luce nelle oscurità dell’orrore che non dovrebbe essere svelato.
Questo mentre scopriremo le verità dietro la famiglia Hawkins e ci instraderemo verso uno dei quattro finali del gioco.

Gameplay

Call of Cthulhu è un’avventura grafica in prima persona: ampi sprazzi da gioco di ruolo, con punti esperienza da collezionale e abilità da potenziare, arricchiscono un’esplorazione tutto sommato abbastanza lineare.
La aree di gioco sono vaste solo in apparenza, ma capitolo dopo capitolo risulta abbastanza chiaro come in realtà le mappe siano piuttosto limitate sia nella loro estensione fisica, che nella quantità di interazioni possibili.

L’esplorazione, vero fulcro del gioco, è resa in modo piuttosto interessante, con indizi che ci aprono nuove possibilità di dialogo e nuove soluzioni per gli enigmi. Enigmi che, a loro volta, non offrono un livello di sfida eccessivo, ma risulta molto piacevole la scelta di mettere a disposizione diverse strade da percorrere (alcune più brutali, altre più raffinate) per aggirare gli ostacoli e procedere oltre.
Stesso dicasi per i dialoghi con le persone: esplorare in lungo e in largo consente di conoscere maggiori dettagli da usare per far leva contro le reticenze degli NPG.

Come detto, siamo davanti ad un’avventura con componente ruolistica: le abilità Forza, Investigazione, Medicina, Occultismo, ed Eloquenza vengono stabilite ad inizio partita e poi potenziate con libri da trovare lungo l’avventura o semplicemente spendendo i punti esperienza ottenuti durante la nostra esplorazione. Le abilità consistono fondamentalmente in punti di probabilità con cui superare le diverse prove che affronteremo (come trovare oggetti nascosti, convincere gli interlocutori, comprendere e decifrare le prove, e così via).

Man mano che ci addentreremo nella nostra avventura, andremo ad arricchire il nostro taccuino, in cui vengono riportate le evidenze della nostra indagine e un riassunto degli avvenimenti. Questo aiuta molto a seguire la trama che, mi duole dirlo, talvolta presenta qualche buco del tutto privo di spiegazione. Per non spoilerare eviterò dettagli, ma mi è capitato di saltare da un capitolo all’altro trovandomi in una situazione completamente diversa senza che mi venisse spiegato come e perché mi sia ritrovato là.

Call of Cthulhu

Molto interessante, invece, la fase di “ricostruzione” delle scene del “crimine”. Entrando in modalità investigatore, in momenti precisi dell’avventura, ed analizzando gli indizi, è possibile arricchire la nostra esperienza, andando a ricostruire gli avvenimenti che sono occorsi in quella zona. Una sorta di deduzione alla Sherlock Holmes che regala grandi soddisfazioni.

Una delle cose più riuscite, a mio avviso, è però la gestione della “follia”, elemento cruciale anche del gioco di ruolo. Durante la nostra esplorazione ci imbatteremo in avvenimenti incredibili, al limite del comprensibile; e ci troveremo di fronte alla possibilità di leggere alcuni dei libri proibiti, andando ad intaccare la nostra sanità mentale.
Saremo noi a dover decidere quanto indugiare nell’esplorazione di ciò che non dovrebbe essere rivelato, scegliendo se soddisfare la nostra curiosità o salvaguardare il nostro raziocinio.

Comparto tecnico

Sviluppato da Cyanide Studio (già autori del buon Styx: Master of Shadows) e pubblicato da Focus Home Interactive, Call of Cthulhu si presenta come un prodotto dalle due facce.
Da un lato è innegabile lo sforzo creativo fatto dagli sviluppatori per dare vita ad una cosmologia, quella di Lovecraft, di sicuro fascino ma davvero difficile da realizzare graficamente. Dopotutto quando la maggior parte delle volte una situazione ci viene presentata come “indicibile”, “non descrivibile” e “non comprensibile”, sfido chiunque a dire che il lavoro di ricostruzione sia agevole.

Da questo punto di vista posso dire di essere piuttosto soddisfatto: la paletta usata, forzatamente a tinte verdi, richiama non solo l’iconografia classica di Cthulhu, ma dà all’intero titolo un aspetto malsano e perverso: proprio quello che mi aspettavo da un racconto del genere. In un’avventura simile, priva di componenti sandbox e in cui l’open world è solo accennato, in cui l’esplorazione è fortemente lineare e guidata per mano, a farla da padrone è necessariamente la narrazione.

Narrazione che ho trovato affascinante, ma non abbastanza conturbante: la storia si lascia seguire molto piacevolmente, al netto dei plot hole di cui vi ho accennato prima, ma è priva di enormi colpi di scena, di twist che lasciano senza fiato o di quella sensazione di disagio, di ansia e di sbagliato che da sempre accompagnano gli scritti di Lovecraft. C’è tutto il citazionismo atteso, per cui i fan non resteranno assolutamente delusi, dai sacerdoti ai libri al disturbante R’lyehian; tuttavia non posso dire di aver vissuto un’esperienza di quelle indelebili, che ti restano attaccate alla pelle e ti accompagnano a lungo, dopo aver terminato il gioco.
Se c’è una cosa che è davvero mancata, è stata la paura. Sentimento principe della saga.

Call of Cthulhu

Oltre a questo devo mio malgrado segnalare una spiacevole mancanza di cura nei dettagli dal punto di vista tecnico: la colonna sonora è appena accennata, fa capolino di tanto in tanto ma senza risultare incisiva; i caricamenti sono al limite dell’estenuante nei (rari) casi di game over o nel passaggio tra un capitolo e quello successivo; i personaggi sembrano stati modellati per la generazione precedente di console, con ben poca varietà nei volti e nei modelli e animazioni davvero poco curate.
Un vero peccato, che però una forte ed indelebile componente narrativa avrebbe consentito di trascurare. Ma, come avete appena letto, non si eccelle nemmeno lì.

Intendiamoci: Call of Cthulhu non è un brutto prodotto, tutt’altro. Mi ha intrattenuto e appassionato per la decina di ore necessarie a completarlo; non ha lasciato un segno indelebile come avevo sperato, ma ha assolto al suo scopo in modo soddisfacente e mi ha spinto ad iniziare una seconda run per esplorare scelte differenti.
Mi sento pertanto di promuoverlo con un’ampia sufficienza e di consigliarlo ai veri appassionati di Lovecraft, magari aspettando qualche offerta per aggiudicarselo a prezzo più contenuto.

Nerdando in breve

Call of Cthulhu è un’avventura grafica in prima persona che ci fa vivere sulla pelle gli orrori generati dalla mente del grande Howard Phillips Lovecraft.

Nerdandometro: [usr 3.4]

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