Premessa: non sono un’amante degli anime.
Capisco che, già con questa affermazione, potrei scandalizzare molti lettori ma voglio essere onesta: è così, non è colpa degli anime e non è colpa mia. Semplicemente non siamo fatti gli uni per gli altri.
Eppure sto per parlarvi di un anime e, stando al titolo della rubrica, sto anche per parlarvene bene. Beh, il merito è tutto suo: di Cowboy Bebop.
Cowboy Bebop, in effetti, è molto di più di un anime e si potrebbero riempire pagine e pagine parlando della creatura di Shin’ichirō Watanabe. Persone più competenti di me si sono già espresse al riguardo, tra cui il nostro LC, che ha reso la serie protagonista di un episodio della rubrica Quando il martedì sera era l’Anime Night.
Io, quindi, mi limiterò a parlarvi delle mie impressioni e di quali aspetti abbiano saputo catturarmi irrimediabilmente e convincermi che sì, Cowboy Bebop è un’opera che vale decisamente la pena guardare, anche se non siete appassionati di anime.
Cowboy Bebop, costituita da 26 episodi, è una serie autoconclusiva di fantascienza. Siamo nel 2071, l’esplorazione e la colonizzazione planetaria sono una realtà assodata, mentre la Terra si è ormai trasformata in un pianeta inospitale e privo di risorse.
In questo contesto, si muovono i nostri protagonisti: un gruppo assortito e variegato di cacciatori di taglie, riuniti insieme dai casi della vita. Al nucleo originario composto da Spike e Jet, infatti, si aggiungono l’avvenente Faye, la giovane e geniale hacker Ed e il cane corgi Ein.
Al di là di quello che vogliono lasciar intendere, tutti loro hanno alle spalle un oscuro passato, con il quale saranno chiamati a fare i conti.
Se l’ambientazione fantascientifica è stata il motivo principale che mi ha avvicinata a Cowboy Bebop, ho poi trovato nel corso della visione una moltitudine di altri elementi degni di essere ricordati.
Meritano una menzione la storia, sulla quale non vi anticipo nulla di più, e la caratterizzazione dei personaggi: è impossibile non ritrovarsi emotivamente coinvolti dalle vicende e dal ritmo un po’ noir della narrazione.
Ho amato molto anche il citazionismo (per usare un termine che farà felice FrankieDedo): sempre presente ma mai smaccato, rende il prodotto finale un omaggio alla fantascienza e alla musica e contribuisce a delineare un mondo più vicino a noi di quanto l’ambientazione temporale lascerebbe supporre.
Dulcis in fundo, non posso che soffermarmi brevemente sulla colonna sonora, vera e propria protagonista della serie. La musica, in Cowboy Bebop, riveste un’importanza fondamentale e si fonde alla perfezione con le immagini e la storia, contribuendo a rendere la serie il gioiello che è.
Il merito è della compositrice Yoko Kanno, autrice della colonna sonora, che ha scelto di dare alle composizioni un’aura blues e jazz, perfetta per il tipo di narrazione e creando delle tracce che non posso più smettere di ascoltare (una su tutte, Tank!, la opening title).
Insomma, non mi dilungo oltre: Cowboy Bebop è una meraviglia, una serie anime unica nel suo genere. Ora non vi resta che gustarvela!
[amazon_link asins=’B0184W0UQY,B00423BFTQ,B0041KXXWM,B00423BFU0,B01LEJCKMQ,B009W67NI0,B01LEJCKR6′ template=’ProductCarousel’ store=’nerdandocom-21′ marketplace=’IT’ link_id=’09ab5ab7-381a-11e8-9d2f-3f2c28e6d3c5′]