Facciamo un viaggio indietro e avanti nel tempo.
Indietro, perché dobbiamo tornare al 1992, e poi avanti perché Flashback è ambientato nel futuro.
Basta già questo a far perdere la testa, e devo ancora iniziare a parlarvi del gioco…
Flashback era un platform a scorrimento orizzontale con un ottimo livello di verticalità. Narrava le vicende di un uomo che, risvegliatosi sulla luna Titano, fugge a bordo di una specie di moto volante per essere prima inseguito e poi abbattuto da delle astronavi di pattuglia.
Sopravvissuto all’impatto, si troverà a girovagare in una foresta lussureggiante, totalmente privo di memoria e con unico indizio il bisogno di rintracciare un amico di nome Ian presso la città di New Washington.
Conrad, questo il suo nome, inizierà quindi un’avventura fatta di intrighi politici, alieni malvagi e piani di distruzione del genere umano.
Con l’avanzare dei livelli, il protagonista dovrà trovare un modo per fuggire da Titano, tornare sulla Terra, introdursi in un’astronave aliena e far saltare in aria il pianeta dei mostri…
Fin qui niente di originale, penserete voi, ed in effetti… la forza del gioco risiedeva in altro: nella grafica, prima di tutto.
I fondali di Flashback, esattamente come per quelli di Another World (capolavoro della medesima software house, la Delphine Software) sono disegnati a mano e questo dava al gioco un livello di godibilità grafica eccezionale. Non solo la foresta dava l’impressione di immergersi in un vero mondo selvaggio e inesplorato, ma anche la città di New Washington, con le sue luci, il suo stile alla Blade Runner, la metropolitana, il crudele gioco di società in stile Running man… consentivano di immergersi in un modo credibile e dipinto a tutto tondo.
Altra menzione d’onore va all’animazione. Il protagonista, jeans e giacca di pelle, è tecnicamente parlando un gran figo… e per i poveri nerd come me, immedesimarsi in una sorta di Indiana Jones dello spazio era a dir poco esaltante. La fluidità dei movimenti, poi, ricordava da vicino il mitico Prince of Persia, ma con l’asticella posiziona nettamente più in alto.
Flashback fu un successo incredibile di vendita e critica: ancora adesso è detentore del Guinness World Records come il gioco francese più venduto di tutti i tempi; a tal punto che nel 2013, seguendo l’onda dei remaster di vecchie glorie, fu prodotto un rifacimento abbellito e svecchiato.
Contrariamente a quanto successo con The Secret of Monkey Island, però, l’operazione nostalgia non funzionò. Il nuovo Flashback, infatti, fu un terribile flop commerciale, probabilmente perché ricordava troppo da vicino Shadow Complex, mostrando però ampi limiti dovuti al poco budget ed alla volontà di restare aderenti al gioco originale. A farne le spese furono prima di tutto la giocabilità, che risultò troppo legnosa e poco intuitiva: laddove il vecchio joystick la faceva da padrone, il moderno controller non ha saputo regalare la stessa immediatezza di immersione, richiedendo più tempo per capire dove mettere le mani che a godersi il gioco. Un vero peccato.
D’altra parte è possibile che il titolo fosse davvero troppo datato e se Monkey Island, dopo tutto, non ha mai avuto eredi degni di soppiantarlo nei cuori dei giocatori, Flashback è stato una pietra miliare, ma alla quale ne sono seguite altre.
In conclusione, il remake è un inno alla fantascienza vecchio stile, ma è difficile che attirerà le nuove leve di videogiocatori. Più probabile che trovi negli acquirenti alcuni nostalgici che hanno piacere di rinvangare vecchi ricordi, lustrandosi un po’ gli occhi con una grafica che, dobbiamo ammetterlo, è piuttosto ben confezionata.
Flashback resterà comunque un gioco importante per la mia personale storia videoludica e ancora adesso, a distanza di oltre vent’anni, non è raro trovare dei vecchi nerd che si ricordano di Conrad.