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Fallout 4 – L’apocalisse è servita

Fallout 4

Ci sono giochi. Ci sono videogiochi. Ci sono console.
E poi ci sono gli Eventi.

Fallout 4 è uno di questi: un Evento. Il primo gioco sviluppato dalla Bethesda per la nuova generazione di console in uno dei suoi due franchise di maggior successo.
Molti, moltissimi sono i giocatori che hanno iniziato ad aspettare l’annuncio di Fallout 4 già dal giorno dopo l’uscita di Skyrim.
In realtà dal 2011 sono passati ben quattro anni, e nel frattempo ne è passata di acqua sotto i ponti. È passata anche una generazione di console, e per Bethesda era la prova del fuoco: sarebbe riuscita a sfruttare appieno la nuova potenza di calcolo? I numerosi bug che da sempre affliggono i titoli all’uscita sarebbero stati eliminati? Cosa ci aspetta di nuovo dal prossimo titolo post-apocalittico?

Dopo tanta attesa, finalmente, le domande hanno avuto risposta. Ed è un tripudio.

Inutile girarci attorno: Fallout è uno di quei giochi che si ama o si odia. I chilometri quadrati di desolazione possono far impazzire di sollucchero o snervare i giocatori. Avremo utenti innamorati delle introduzioni grafiche ed altri che storceranno il naso, magari paragonandolo a titoli come The Witcher 3.
Ma questo genere di paragoni sono dei nonsense. Chi si ferma a guardare il dettaglio della scenografia, o dell’elettrodomestico, ha semplicemente sbagliato approccio al gioco. Bethesda non ha mai fatto della grafica il suo punto di forza, eppure qui abbiamo un notevole miglioramento dell’environment: dalla luce alle ombre, dai dettagli ai panorami. Tutto è bellissimo da guardare, e la sensazione di smarrimento, di solitudine e devastazione, di silenzio mortale, sono semplicemente immersive al punto giusto da farci dimenticare di guardare l’orologio.

Il setting è quello che conosciamo. Senza fare spoiler (perché la storia è un pugno nello stomaco fin dalla generazione del personaggio) posso tranquillizzarvi sui punti fermi del franchise: il nostro eroe emerge dal Vault dopo l’inverno nucleare e trova un mondo in cenere, un mondo distorto, contorto, radioattivo.
Ma in un mondo da plasmare ci sono tanti pericoli quante opportunità, e in questo capitolo abbiamo davvero moltissime cose (nuove) da fare.
La maggior novità è sicuramente la possibilità di creare nuovi insediamenti urbani, recuperando e riciclando materiali (finalmente ha senso raccogliere la robaccia disseminata in giro), possiamo costruire delle piccole comunità, fornendo energia, cibo, acqua, comunicazioni e difese. Possiamo assegnare dei ruoli agli abitanti e stabilire rotte commerciali tra i diversi insediamenti. Possiamo ridare una dignità umana a persone allo sbando, oppure possiamo sterminare covi di predoni, nidi di mostri mutanti, e, naturalmente, esplorare. Esplorare. Esplorare.

La mappa di Fallout 4 è leggermente più piccola rispetto al capitolo precedente, in compenso è aumentata esponenzialmente la densità di location da scoprire ed esplorare: le emozioni del vagare in una desolata solitudine restano, ma si dovrà vagare a vuoto molto meno di prima.

Altra novità è quella del crafting, infatti, partendo dall’esperienza maturata con Skyrim, ora abbiamo postazioni di lavoro dedicate alle armi (con letteralmente decine di combinazioni possibili), alle armature, agli edifici e, perché no, alla cucina: chi non vorrebbe assaggiare bocconcini di ratto-talpa, o una bistecca di deathclaw?
Naturalmente facendo bene i conti con la radioattività del mondo circostante: dall’acqua al cibo, tutto è potenzialmente sia salutare che mortale, in un precario equilibrio che dobbiamo considerare attentamente nelle ore passate nella zona devastata di Boston.

Ma più di tutto questo, la cosa che mi ha piacevolmente sorpreso e colpito è stato l’incredibile potenziamento del comparto narrativo. Ora il protagonista ha finalmente voce (ed è doppiato magnificamente in italiano), e le scene di dialogo si sono fatte dinamiche, quasi cinematografiche: con cambi d’inquadratura, gesti e zoom, queste lunghe sessioni (necessarie per lo svolgimento e la comprensione di trame e sotto-trame) sono un piacere da seguire.

Altro potenziamento: la caratterizzazione del personaggio. Con Bethesda siamo stati abituati a poter sviluppare i nostri eroi in una direzione piuttosto che nell’altra, ma con un po’ di pazienza era possibile eccellere in tutte le discipline. Ora questo è diventato nettamente più complesso: possiamo essere ottimi pistoleri o grandi leader, ma difficilmente possiamo essere entrambi (a meno di non investire letteralmente decine di ore a livellare ulteriormente il personaggio) e le interazioni con le quest e con i personaggi cambiano in base alle nostre abilità, con linee di dialogo dedicate alle nostre caratteristiche.
Davvero un ottimo lavoro.

In conclusione siamo di fronte ad un’opera immensa, e che come sempre scatenerà fiumi di discussioni, diatribe e disquisizioni tra i fan e i detrattori. Ma, in ogni caso, sono certo che parleremo ancora a lungo di Fallout 4.
Questo è quello che intendevo all’inizio chiamandolo “Evento”.


Nerdando in breve

Fallout 4 è il gioco definitivo. Splendido, magnifico, coinvolgente. Un must per tutti, nessuno escluso.

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