Finalmente tornano gli incontri con persone che rendono possibile l’esistenza di un così vasto mondo nerd e geek. Lucca Comics 2021 inizia con un incontro legato a The Witcher: la showrunner Lauren Schmidt Hissrich, gli attori Kim Bodnia (Vesemir) e Joey Batey, la costume designer Lucinda Wright e il production designer Andrew Laws hanno raccontato a un’attenta sala stampa un po’ di curiosità e retroscena sulla serie.
L’incontro
Dal 17 dicembre su Netflix torna The Witcher con l’attesissima seconda stagione. Ecco cosa è stato chiesto agli ospiti presenti!
A Lauren viene chiesto quale sia stata la più grande differenza fra lavorare alla prima e alla seconda stagione di The Witcher. “La maggiore” – ci dice, attraverso la traduttrice- “è stata sicuramente il covid, iniziato tre settimane dopo l’inizio delle riprese. Serviva conservare la sicurezza, ma anche continuare a lavorare per fare un buono show, anche perché proprio in pandemia ci siamo accorti di quanto sia importante una serie fantasy grazie soprattutto al suo potere evasivo. Ad agosto ci siamo iniziati a muovere subito, correndo e senza poter girare il mondo come invece si fece nella prima. Pur dovendo girare solo nel Regno Unito, serviva rendere immenso in Continente in cui si svolge la serie, che è enorme. Ci siamo concentrati sul luogo di origine di Gerald, speriamo vi piaccia il risultato.”
La cura della serie si vede dai dettagli
Ad Andrew e Lucinda si chiede invece da dove siano partiti per creare una serie così ricca di dettagli. Andrew ci dice che “In questa stagione siamo stati aiutati dal fatto che stavamo costruendo su qualcosa che già c’era, potendo quindi dedicarci a degli approfondimenti su un mondo che già esisteva. Abbiamo aumentato la scala e la profondità, lavorando su più livelli. Ovviamente il Covid ha limitato molto, ma ci ha anche spronato a costruire mondi piccoli ma dotati di una grande complessità. La cura nei dettagli è ciò che caratterizza questa seconda stagione, e vorremmo farlo sempre di più, non solo per quanto riguarda la scenografia ma anche per la storia: vogliamo che il pubblico si possa immergere sempre di più.” Lucinda poi aggiunge “Per me è stato molto diverso, non avendo lavorato alla prima stagione. Sono quindi andata da Andrew e Lauren per un brainstorming collettivo. Mi sono concentrata su armi e armature, per fare sembrare più realistiche. La questione delle mascherine per il virus mi ha ispirata: non vedendo le facce degli attori, ci si concentrava sul resto. Così ho portato sul set sia maschere che mantelli, e ho coinvolto tutti, perché credo che i costumi siano un elemento essenziale per aumentare l’immersione del pubblico nel mondo della serie.
L’evoluzione di Vesemir e Jaskier
Kim e Joey vengono invece interrogati sui loro personaggi. Kim si concentra prima su quanto sul set abbia trovato una seconda famiglia e su come poi si sia reso conto che in realtà anche i fan della serie appartengono, per certi versi, a quella stessa famiglia. È una famiglia che abbraccia tutto il mondo e sul set il sentimento condiviso del lavoro enorme che facevano l’ha travolto, permettendogli di fare suo il lavoro e, quindi, meglio. Vesemir è il witcher più anziano, che si ritrova a occuparsi di chi è rimasto. Ciò gli ha permesso di entrare nel suo vissuto e di riconsiderarsi, in quanto padre, per via del ruolo interpretato. Fra l’altro il figlio di Kim gioca al videogioco di The Witcher, per cui l’attore ha potuto rivedersi e riscoprire il suo ruolo anche attraverso il mezzo videoludico, al quale si è avvicinato. Parlando, ha usato spessissimo la parola “feelings” e ha avuto sempre gli occhi lucidi, trasmettendo anche a noi reporter parte di questo sentimento familiare di cui parla.
Joey ci racconta di aver discusso molto lo sviluppo di Jaskier, voleva esplorare i suoi cambiamenti mentre anche il mondo attorno a lui si evolve velocemente. Sarà ancora il donnaiolo sprezzante della prima stagione? Non per forza, anzi, verosimilmente no: sarà invece molto più sfaccettato e potremo apprezzarne la nuova caratterizzazione durante la seconda stagione.
Girare una serie durante una pandemia
All’intero cast si chiede com’è stata la “pausa” lavorativa durante la pandemia: “ma quale pausa?” commenta Andrew. In realtà, ci dice, le riprese non si sono mai fermate, semplicemente hanno trovato soluzioni nuove (e migliori di quelle che sarebbero uscite in condizioni normali) perché l’unione di tante teste creative ha permesso a tutto il gruppo di trovare un nuovo e più profondo livello in cui lavorare.
Lauren aggiunge che lavorare con il covid ha sicuramente aiutato sul fronte creativo, ma i vincoli non sono stati pochi. Lei è contenta di avere avuto del tempo (cosa che di solito, quando lavori per la televisione, non hai): in quei tre mesi e mezzo chiusa a casa ha riletto e riscritto tutte le sceneggiature, chiedendosi cosa davvero potesse piacere. Il rientro è stata la parte più impegnativa: ha dato molta importanza alla salute mentale ed emotiva di ciascuno, trasformando il set in un posto di ascolto. I riferimenti di Kim alla famiglia non sono a caso: “se prima stavi male, non ti veniva in mente di dirlo a nessuno. Ora invece ci si ascolta e ci si racconta, e credo che questa attenzione abbia contribuito a rendere il prodotto finale quello che è”.
L’influenza del film d’animazione sulla serie live action
Il film animato è stato scritto mentre scrivevamo la prima stagione, pensandolo come tassello importante del mondo di The Witcher. Volevamo iniziare con Geraldt che porta Siri nella sua casa ancestrale, e approfondire i sentimenti non tanto di Geraldt quanto più di Vesemir. Serviva che lo spettatore avesse l’occasione di percepire quanto più possibile l’astio verso i witcher che nutre. Tuttavia, il film di animazione può essere visto pur senza la serie (e la serie può ovviamente essere vista senza il film d’animazione), semplicemente, guardarle entrambe permette di approfondire il tutto.
Anche Kim ha visto il film d’animazione (ovviamnete, direi). Questa storia ci dice chi era Vesemir: un uomo divertente che gli ha ricordato la sensazione che si prova da adulti rivedendo ricordi del passato “ah ma quindi da giovane ero così!”. Lo considera un divertente e interessante pezzo del puzzle, da guardare in qualunque momento (o anche da non guardare), ma se lo si guarda è meglio.
La sfida di trarre una serie da un videogioco: come si risponde al pubblico?
Kim prende la parola, raccontando che certamente c’è una forte sfida ma che lui accetta volentieri. Lui ama le sfide ed è una bella sfida a cui rispondere, perché la storia e l’universo narrativo sono quello che sono. Finora dalle interazioni con i fan ha ricevuto solo grande amore, perché l’hanno incluso nell’amore che già provano per la serie videoludica. Si dichiara felice di far parte di questo nuovo mondo.
Joey invece non sente alcuna forma di pressione quando sono sul set, e fuori da lì, tenendosi fuori dai social, non sente nulla. L’unico momento di incontro è alle grandi fiere come Lucca Comics. Sul set regna un grande amore e rispetto, la sua stanza è accanto a quella di Kim e ogni mattina si trovano per bere un caffè, “like an old married couple”.
Una questione di timeline
Sarà più facile seguire la seconda stagione, anche se difendo strenuamente il livello di timeline della prima stagione. D’altronde, erano tre storie diverse, era necessario raccontarle ciascuna con i suoi tempi. La seconda però è più lineare, comunque ci sarà qualche salto ma sarà sicuramente più facile da seguire.
Il bello di essere nella serie
Se sei una costumista, ci dice Lucinda, “è il lavoro dei tuoi sogni“. Lei non ha visto il videogame, si è rifiutata, perché preferisce lavorare direttamente con gli attori e con le loro fattezze. Tutt’al più chiedeva loro se gli abiti andassero nella giusta direzione, ma comunque senza mai guardare al videogioco. Alla fine il costumista si occupa di fare i costumi per gli attori che deve vestire, quindi la resa finale è sicuramente migliore lavorando in quell’ottica.
È importante capire che The Witcher è un trend culturale: certo c’è il videogame, ma anche i libri, il gioco di ruolo e ora c’è anche la serie. Serve aprociarsi non solo al videogioco ma a tutto l’universo creativo in cui questa serie si aggiunge. Bisogna costruire insieme un mondo che sia il più possibile affascinante, trovando l’equilibrio giusto.
Per Lauren è invece un sogno che si avvera. È dal 2017 che lavora a questa serie per Netflix, e il responso che i fan mandano attraverso i social è un elemento utilissimo per la showrunner. Da quando la serie è andata in onda, i libri da cui la serie è tratta sono schizzati in cima alle liste dei libri venduti. Per questo si dichiara soddisfatta: a lei interessa che sempre più persone possano avvicinarsi a questo mondo, di cui è molto felice di fare parte.
Kim è una persona emotiva, ormai è certo: “a me interessano solo i sentimenti e il mio obiettivo è trasmettere emozioni a quanta più gente possibile”. Per questo è molto felice del lavoro che fa, e per questo si concentra per farlo sempre di più e sempre meglio: il suo obiettivo è portare le persone nel mondo in cui è ambientata la serie, perché lui per primo ama starci dentro.
Joey ha poco da aggiungere, a questo punto. L’unica cosa che ci dice è che si sente al sicuro in più di un modo: dal punto di vista pratico, per i protocolli sia legati al covid, sia per lavorare a stretto contatto; è al sicuro perché può condividere con tutti loro le emozioni che prova ogni giorno sul set.
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