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Intervista a Jessica Podda, ricercatrice di AISM

Ho avuto l’onore e il piacere di intervistare Jessica Podda, neuropsicologa e ricercatrice di AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) per parlare del suo lavoro.

Ringrazio tantissimo lei, Francesco Armellino e Salvatore Mulè per la disponibilità.

Tencar: Ciao, Jessica e grazie per il tuo tempo. Da dove nasce la tua passione per la neuropsicologia?
Jessica: Come molti, mi sono avvicinata alla neuropsicologia frequentando un corso all’università. Ero curiosa di comprendere la complessa relazione tra il funzionamento del cervello e i processi cognitivi, emotivi e comportamentali delle persone. È una disciplina affascinante perché presenta area di sovrapposizioni con la psicologia cognitiva, la neurologia, la psichiatria e l’intelligenza artificiale.

T: Cosa ti ha spinto a lavorare in AISM?
J: Dopo il dottorato in Bioingegneria e Robotica, ho avvertito l’esigenza di continuare il mio percorso formativo/lavorativo in un ambiente dove clinica e ricerca fossero in sinergia, dove fosse possibile tradurre in pratica clinica i risultati ottenuti in laboratorio, stando a stretto contatto le persone con SM (sclerosi multipla) e i loro caregiver.

T: La ricerca ha fatto passi avanti. È prevedibile che si arrivi a una cura o una terapia entro la nostra generazione?
J: Non sappiamo quello che sarà in futuro. Ma se guardiamo al passato, non possiamo che essere fiduciosi. La ricerca scientifica nella SM ha fatto passi da gigante negli ultimi 50 anni. Un tempo, la diagnosi di SM rappresentava una vera e propria condanna: le persone con SM vivevano un vero incubo fatto di incertezza, mancanza di terapie e di servizi. Ora sono disponibili numerosi trattamenti (farmacologici e non) in grado di ridurre la severità della patologia e di rallentarne la progressione.

T: Quali sono, se esistono, i fattori di rischio per lo sviluppo della malattia?
J: La SM è una malattia multifattoriale, quindi non esiste una sola causa, sia dal punto di vista genetico che ambientale. Possiamo parlare solo di fattori predisponenti. Tuttavia, alcuni fattori ambientali come carenza di vitamina D, fumo di sigaretta e infezioni, in particolare da virus di Epstein Barr, sembrano essere maggiormente associati all’insorgenza della SM.

T: Come ha avuto origine il progetto DIGICOG-MS che stai sviluppando?
J: Pertiamo da una premessa: i disturbi cognitivi colpiscono una fascia di persone con SM che va dai 45 ai 70%, possono emergere anche in assenza di evidenti disturbi motori e sono spesso correlati a disturbi dell’umore come ansia e depressione. Le funzioni maggiormente colpite sono velocità di elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente circostante, attenzione e concentrazione, memoria e funzioni esecutive.
DIGICOG-MS nasce durante il lockdown. Il Covid-19 ci ha obbligato a un cambio di paradigma. Le esperienze nell’utilizzo di soluzioni digitali per l’assistenza e la cura da remoto delle persone più fragili durante la pandemia sono state positive. Per quanto riguarda la SM, il numero delle soluzioni tecnologiche per lo screening, il monitoraggio e la riabilitazione da remoto dei disturbi cognitivi come software computerizzati, app e videogiochi è cresciuto in maniera esponenziale.
I risultati sono decisamente incoraggianti. Tuttavia, la complessa eterogeneità dei sintomi e delle caratteristiche cliniche delle persone con SM (e.g., disturbi motori all’arto superiore, difficoltà visive e/o scarsa expertise digitale) evidenzia che non tutte le tecnologie sono adatte per tutti i pazienti. Quindi la domanda è che tipo di tecnologia per quale tipo di paziente? Da qui il tentativo di sviluppare un’app di autovalutazione del funzionamento cognitivo a distanza che sia veloce, intuitiva, affidabile per il clinico in fase decisionale ma soprattutto “tagliata” sulle caratteristiche del paziente.

T: DIGICOG-MS può aiutare nell’ambito dell’assistenza il paziente, per esempio fornendo informazioni sulla sua situazione a chi lo sta seguendo?
J: Sì. A seguito di una valutazione puntuale delle funzioni cognitive effettuata con DIGICOG-MS, il clinico può decidere di proporre un intervento compensativo o restorativo che possa prevedere o meno il coinvolgimento attivo del caregiver. Ad esempio, se si ritiene opportuno modificare ed adattare il contesto in cui vive il paziente inserendo aiuti esterni, quali calendari, lavagne o contenitori personalizzati per le medicine, il caregiver deve essere a conoscenza del quadro clinico della persona con SM. Clinico, persona con SM e caregiver giocano nella stessa squadra.

T: DIGICOG-MS potrebbe aiutare, oltre ai pazienti, chi vive accanto a loro per comprendere ed essere più tolleranti verso aspetti che spesso passano come svogliatezza o distrazione?
J: Spero di sì. Anzi, ne sono convinta. I disturbi cognitivi, anche detti sintomi invisibili, sono spesso difficili da riconoscere e comprendere (una scarsa concentrazione è meno manifesta di un grosso impaccio motorio). Svogliata, disattenta, inaffidabile sono gli aggettivi più comuni attribuiti a una persona che presenta deficit cognitivi di attenzione e/o memoria. Ma dietro queste etichette si nascondono difficoltà reali che impattano negativamente sulla qualità di vita e quindi necessitano di una diagnosi precoce e, a seguire, di un intervento di potenziamento mirato per funzionare meglio nel proprio ambiente di vita.

T: Sei una giocatrice? Com’è nata l’idea di coinvolgere degli streamer per la raccolta fondi?
J: Mi piace giocare, ma definirmi una vera videogiocatrice sarebbe un’insolenza per chi lo è davvero. Da piccola giocavo soprattutto con il Game Boy Color (recuperato tra l’altro qualche mese fa e tuttora funzionante..) a videogiochi classici come Super Mario Bros, vari giochi di sport e, ovviamente, Pokémon.
L’idea di coinvolgere gli streamer per la raccolta fondi appartiene a Francesco Armellino e Salvatore Mulè, digital fundraiser di AISM, e nasce da due aspetti: l’utilizzo di exergames (come Wii e balance board) e di altri dispositivi legati al gaming nella pratica clinica standard e nella ricerca in riabilitazione di AISM e la grande presenza di giovani nella community di AISM (ricordiamo come la SM colpisca soprattutto i giovani tra i 20 e i 40). Quindi, il gaming e lo streaming ci sono fin da subito sembrati strumenti perfetti per veicolare il nostro messaggio e fare raccolta fondi. In più, tutte le persone coinvolte nell’ideazione e nella realizzazione di Streamers for AISM, (Francesco, Salvatore e io), sono interessate a questo mondo e non vedevano l’ora di realizzare un progetto come questo.

T: Prima di salutarti, ti propongo la classica chiusura: progetti per il futuro?
J: Tanti. Ma sicuramente mi piacerebbe continuare a dedicarmi allo sviluppo di nuovi strumenti tecnologici per la valutazione e la riabilitazione delle persone con SM nell’ambito della telemedicina. Ora più che mai è importante acquisire la consapevolezza che la tecnologia possa rappresentare uno strumento prezioso di assistenza e cura delle persone più fragili tanto in una dimensione emergenziale che di quotidianità.

T: Grazie mille per la tua disponibilità.

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