Socrate
Socrate è il nuovo lavoro di BeccoGiallo Editore a firma di Francesco Barilli e Alessandro Ranghiasci.
Dopo essere stata rapita dalla lettura del libro (se volete recuperare le mie impressioni, le trovate nella nostra recensione), ho voluto scambiare due chiacchiere con l’autore dei testi, Francesco Barilli.
Ne è venuta fuori una bellissima e stimolante chiacchierata!
Intervista
Clack: La filosofia è considerata dai più come una materia autoreferenziale e per nulla appassionante: scegliere di rappresentarla a fumetti, mostrando quindi come invece possa essere non solo utile ma anche avvincente, ha rappresentato una sfida difficile?
Francesco: Credo che il fumetto non abbia limiti espressivi. O comunque ne ha così come ogni forma artistica ha le proprie peculiarità, positive e negative. In una vecchia intervista dissi che ogni messaggio dipende dal mezzo e va rapportato alle sue potenzialità, ogni forma espressiva è degna, se utilizzata bene, di essere veicolo per qualsiasi contenuto. Specularmente, ogni avvenimento, ogni biografia, ogni tematica contiene potenzialità narrative: si tratta solo di ragionarci con attenzione per cercarle, quelle potenzialità. L’ho fatto con Socrate così come l’avevo fatto per Marilyn, per farti un esempio che può sembrare paradossale. Quindi, ti confesso, non è stata una sfida difficile. O almeno non più del solito: in fondo scrivere è sempre una sfida…
C: Leggendo Socrate non ho potuto fare a meno di notare come la sua figura e la sua vicenda si dimostrino di grande attualità anche nel momento storico che viviamo: ti sembra importante, oggi più che mai, raccontare storie come questa? Pensi che la figura di Socrate possa essere uno spunto per le nuove generazioni?
F: Assolutamente sì! Inoltre, credo che tutte le storie siano utili. In passato ho scritto delle stragi di Milano e Brescia, dell’omicidio di Carlo Giuliani, di Belushi e di Van Gogh: casi diversissimi per contesto storico, per importanza (“politica” o “sociale” che sia), per il profilo umano dei protagonisti…
Io ho molta fiducia nel valore della conoscenza. L’ignoranza, specie se ci si abbandona volontariamente, è l’unico male irrimediabile, o comunque è il fondamento di ogni male possibile. Se poi ci fermiamo al solo Socrate, la sua vicenda è ricchissima di spunti. Ci parla di filosofia, certo, ma pure del rapporto fra un intellettuale e il potere (un rapporto drammatico persino ai tempi della democrazia ateniese, che pure è giustamente ritenuta ancora oggi un modello), della mitologia greca (affascinante da sempre, per il suo essere un ineguagliabile contenitore di storie archetipiche).
Io sono rimasto davvero conquistato da Socrate: spero sinceramente sia così anche per il lettore…
C: Socrate non ha lasciato niente di scritto per quanto riguarda la sua vita e la sua filosofia, ci restano solo le descrizioni dei suoi discepoli. È stato difficile ricostruire un personaggio che non ha lasciato testimonianze dirette del suo pensiero?
F: Esatto, Socrate non ha scritto nulla e sono altri ad avere scritto di lui. Io però volevo creare “un” Socrate, intimamente coerente e descritto in modo univoco, senza che troppe fonti mi disorientassero. Nel delineare la sceneggiatura mi sono concentrato quindi solo sulle opere di Platone che lo riguardavano. In sintesi: l’Eutifrone (Socrate viene a sapere di essere stato “denunciato”); l’Apologia (la celebre orazione in autodifesa del protagonista); Critone (l’amico che va a trovarlo in carcere, poco prima della morte); Fedone (dialogo fra Fedone ed Echecrate, in cui si racconta la morte dopo la condanna); Gorgia (dove “il nostro” ha un confronto verbale con Gorgia e soprattutto con Callicle, con cui ha un duro scontro dialettico ampiamente ripreso nelle scene in flashback); il Simposio (utilizzato solo per la parte dove Socrate parla d’amore). Insomma, ti confesso che in realtà sotto questo profilo non ho avuto difficoltà: diciamo che per ricostruire il personaggio mi sono affidato a un singolo biografo “di lusso”…
C: Da autore quale aspetto ti affascina di più della figura di Socrate? Quale approccio hai seguito una volta postoti l’obiettivo di raccontare la sua storia?
F: Sulla prima domanda sarò lapidario: mi affascina il suo rigore estremo. Lui sa che potrebbe salvarsi: se chiedesse di commutare la condanna a morte nell’esilio la sua richiesta sarebbe probabilmente accettata. Accetta la condanna perché, pur ritenendosi innocente, secondo la sua visione della società (una visione non solo filosofica, ma pure politica, in un’accezione etimologica ma pure più ampia del termine) è necessario obbedire alle Leggi anche quando il loro verdetto sembra ingiusto, e non chiede la commutazione della pena perché non ritiene sia corretto farlo (chiedere una pena alternativa significherebbe riconoscere una propria colpevolezza). Questa visione della Legge come fondamento di civiltà, ti confesso, da anarchico non la condivido, ma rispetto la coerenza e lo spessore intellettuale con cui Socrate interpreta quella sorta di Weltanschauung (Concezione della vita, del mondo; modo in cui singoli individui o gruppi sociali considerano l’esistenza e i fini del mondo e la posizione dell’uomo in esso ndr). E ho ammirazione per il rigore con cui la vive fino alla fine.
Sull’approccio: come ti accennavo prima, l’intuizione di affidarmi sostanzialmente al solo Platone per “costruire il mio Socrate” mi ha facilitato il lavoro. Più che altro, mi ha portato a una vera e propria sfida linguistica. I testi erano adattissimi a una riduzione teatrale, magari a un monologo, non a un fumetto. E questo sia per il “periodare” ricercato e ampolloso, sia per il ritmo della narrazione. Ho quindi cercato di creare un linguaggio che fosse al tempo stesso aulico ma di facile comprensione, rispettoso degli originali scritti di Platone ma comunque più breve nell’articolazione delle frasi. E ho cercato di mantenere coerente questo linguaggio lungo tutto l’arco del racconto.
C: Leggendo Socrate appare evidente quanto sia stata importante per voi autori l’attenzione filologica alla materia, tanto nei testi quanto nei disegni di Alessandro Ranghiasci: come mai avete scelto questa strada e quali strumenti avete utilizzato per realizzarla?
F: Come ti accennavo, come prima cosa ho definito le fonti testuali, ossia le opere di Platone elencate sopra. Poi, per dare le primissime indicazioni iconografiche ad Alessandro mi sono stati utili due film: Socrate, del 1971, diretto da Roberto Rossellini e Processo e morte di Socrate, del 1939, diretto da Corrado D”Errico. Limitatamente al dialogo con Diotima è da citare anche Il banchetto di Platone, film per la televisione francese del 1988, diretto da Marco Ferreri e tratto dal Simposio.
Credo sia stato ben più duro il lavoro di Alessandro: lui ha una preparazione specifica in campo archeologico, e si è impegnato davvero molto affinché le ricostruzioni sceniche fossero realistiche. Nelle sue note finali al volume è presente l’elenco dei testi che ha consultato: già leggere quell’elenco ti fa capire quanto sia stato difficile orientarsi nel complesso ambito delle ipotesi di ricostruzione. Questo perché, peraltro, relativamente a quell’epoca (ricordo che il processo a Socrate risale al 399 A.C.) non si trovano ricostruzioni univoche e unanimemente accettate, o almeno non le si trova sempre. Di conseguenza, per le scelte iconografiche ci siamo affidati, oltre che alle ricerche di Alessandro dettagliate in bibliografia, a esigenze di resa narrativa, cercando però di mantenere sempre l’attinenza storica come bussola.
C: Qual è, secondo te, il più grande insegnamento lasciatoci da Socrate, quello che dobbiamo tenere a mente per il nostro presente e futuro?
F: Credo che l’aforisma “so di non sapere” sia davvero prezioso, oggi. Potrà sembrarti banale: in fondo si tratta di un aforisma notissimo, inflazionato, semplice se non (apparentemente…) semplicistico. In realtà racchiude un insegnamento molto profondo: la più alta forma di saggezza è la consapevolezza della propria ignoranza e dei propri limiti (anche conoscitivi). Una consapevolezza che ci porta a un’umiltà “particolare”: non quella sciocca di chi si sente inferiore (o, peggio, ritiene che sentirsi/fingersi umili in fondo ci renda in qualche modo “nobili”), ma quella che ci fa dubitare di chi ritiene di sapere molto. E, soprattutto, il “sapere di non sapere” di Socrate è la molla che deve spingere l’essere umano a cercare la conoscenza: è proprio raggiungendo la consapevolezza della nostra ignoranza che si alimenta la sete di conoscenza, pur comprendendo che questa sete non potrà mai essere completamente placata.
Vedi, se mi chiedessero di dire una singola cosa che non va nel mondo (certo: sarebbe una domanda banale… Ma consentimi di giocare!!!) risponderei: avere cancellato l’importanza della complessità. Di fronte a un mondo difficile e caratterizzato da problemi complessi, sembra che molti vogliano affidarsi a soluzioni semplici, a politici che parlano infilando uno slogan dietro l’altro, spesso creando artatamente “un nemico da odiare”… La consapevolezza dell’immensità della nostra ignoranza sarebbe un primo passo, invece, per costruire soluzioni a questi problemi, comprendendone la complessità. Purtroppo, invece, il mondo oggi mi sembra pieno di persone che, al contrario di Socrate, sono convintissime di sapere molto. Tutto questo, intendo, succede fra la gente comune, e ha inevitabilmente prodotto una generazione di politici perfettamente allineati a questa visione arrogante e semplicistica della vita, oppure furbescamente intenzionati a cavalcarla…
C: Hai già qualche nuovo progetto in cantiere che potremo leggere nei prossimi mesi?
F: Sono già al lavoro su due sceneggiature con due diversi disegnatori (ma non ne parlo per scaramanzia!). C’è poi un piccolo progetto a cui tengo molto (una breve fiaba, in cui torno a fare coppia con Sakka!) che dovrebbe vedere la luce in autunno.
Con la prossima uscita tornerò invece al graphic journalism, a un fumetto tipicamente storico/politico, raccontando l’omicidio di Fausto e Iaio, avvenuto nel 1978 per mano di sicari fascisti. Tutto questo anche se, ti dirò, in realtà non ritengo Socrate estraneo alla politica, anzi! Per certi versi è il lavoro più “politico” che io abbia mai fatto. La sua condanna toglie alla democrazia ateniese quell’aura “idealistica di perfezione” che ancora la circonda. Quel processo racconta come la più grande democrazia possa aver condannato a morte il migliore dei propri cittadini. E certamente lascia un messaggio inquietante: un intellettuale libero e rigoroso è sempre scomodo per chi detiene il potere, in qualsiasi forma esso sia esercitato. E in fondo, se c’è una cosa in comune fra i miei lavori, riconoscibile in tutti (da Piazza Fontana a Van Gogh passando per Carlo Giuliani) è che non ho simpatia per il potere né per chi lo gestisce…
Il volume
Ringrazio Francesco Barilli per la bella chiacchierata e vi ricordo che Socrate, da lui sceneggiato e disegnato da Alessandro Ranghiasci, è già disponibile al prezzo di copertina di 18€, pubblicato da BeccoGiallo Editore.
Contenuti