Quando un anno fa Capcom fece uscire Resident Evil 2, fu chiaro a tutti che un nuovo punto di riferimento era stato posto.
Non eravamo certo nuovi a remake e remaster, a tentativi più o meno riusciti, più o meno patetici, di riportare in auge vecchi capolavori del passato vuoi per sfruttare l’effetto nostalgia, vuoi per portare all’attenzione di nuove generazioni pietre miliari che hanno de facto scritto la storia del mondo videoludico.
Più e più volte, su queste pagine, così come in radio, nei podcast, su Twitch, abbiamo avuto modo di commentare la riuscita o meno di queste operazioni. Spesso con una buona dose di critiche.
Poi, come dicevo, venne RE2 e fu chiaro a tutti che ci sono due modi di fare remake. Quello di Capcom e tutti gli altri.
Una volta fissato un paletto, però, capita di venire chiamati a superare se stessi, ed ecco che compare l’attesissimo RE3, uno dei più amati proprio dopo il celebre predecessore.
Vediamo com’è andata.
Recensione
Abbandonate le atmosfere intimiste ed introspettive del secondo capitolo, affrontiamo un’avventura di più ampio respiro con la celebre Jill Valentine impegnata a fuggire da una Racoon City ormai completamente preda delle orde di infetti, e soprattutto a tentare di salvare la pelle contro il più terribile dei mostri partoriti da virus-T: il famigerato Nemesis.
A fiancheggiarla nella disperata impresa ci sarà Carlos e i suoi compagni dell’Umbrella Countermeasure Service che tentano di salvare i pochi sopravvissuti e porre rimedio al disastro dell’infezione.
Inizia così un percorso in crescendo di emozioni, adrenalinico e coinvolgente che si lascerà giocare tutto d’un fiato (anche a causa dell’esiguità della durata) e in cui saranno davvero rari i momenti in cui potremo rilassarci, soprattutto a causa proprio di Nemesis che incomberà come un flagello divino mettendo a dura prova la tenuta dei nostri nervi.
Gameplay
Come detto all’inizio, RE2 aveva spiegato al mondo qual è il modo giusto di fare un remake: prendere tutto ciò che di eccezionale aveva l’originale e declinarlo secondo gusto e approccio moderni, espandendo, potenziando, migliorando. Molto più di un semplice svecchiamento, insomma.
In Resident Evil 3 assistiamo a qualcosa di diverso e, mi duole dirlo, non in meglio.
La struttura del gameplay è fondamentalmente identica al predecessore (ovviamente parlo del remake), per quanto riguarda punto di vista (un peccato non poter cambiare spalla, come negli shooter moderni), collezionabili, piante, macchine da scrivere e casse di oggetti.
Torna anche l’esiguità dello spazio, espandibile grazie a borselli da trovare in giro per la città, mentre cambia radicalmente la filosofia di attacco ai mostri.
Gli zombi, fin dai primi momenti, sono davvero coriacei da buttare giù e possono richiedere un eccessivo numero di pallottole, complice anche l’assenza di mira automatica e la difficoltà di centrarli a dovere. Tutto benissimo, rende l’idea dell’ansia davanti a creature così ripugnanti, tuttavia, contrariamente al precedessore, abbiamo una generosa abbondanza di munizioni e polveri da sparo da trovare in giro per la mappa; fin dall’inizio, inoltre, abbiamo in dotazione un coltello indistruttibile, meno efficace di quello di RE2, ma comunque utile ad infilzare per bene gli zombi a terra.
Viene introdotta, in ottica decisamente più action che survival, anche l’abilità della “schivata perfetta“: padroneggiarla non è banale, ma ogni volta che riusciremo a farne una avremo un vantaggio notevole contro gli infetti, guadagnando il tempo per fuggire o inondarli di piombo. Ricchi anche gli elementi ambientali che saranno di aiuto: barili esplosivi per mietere distruzione e generatori elettrici per stordirli.
Questo approccio action a mio avviso fa perdere un po’ mordente all’intera avventura, che risulta meno ansiogena e claustrofobica.
Anche le scelte di design sulla mappa mi hanno lasciato abbastanza perplesso. Le aree di RE2 erano studiate in modo certosino per dare ampio spazio all’esplorazione, sempre col terrore di imbattersi in qualche mostro micidiale, sempre con l’orecchio teso all’inesorabile incedere del Tyran; in RE3 invece l’esplorazione è molto più lineare, gli enigmi decisamente banali (davvero niente a che spartire col predecessore) e l’esplorazione ridotta all’osso.
E se ci pensiamo un po’, risulta davvero ridicolo che un’intera città sia “più piccola” di una stazione di polizia.
Senza dimenticare che alcune delle sezioni più amate dai fan sono state fortemente tagliate: torre dell’orologio e parco, infatti, occupano una porzione davvero risibile dell’avventura.
Davvero un peccato.
E veniamo quindi all’aspetto più drammatico: la durata del gioco.
RE2 richiedeva circa 8 ore per Leon, a cui si aggiungevano altre 6 ore per Claire. E se molte aree erano in comune, si sentiva comunque il bisogno di giocare entrambe le avventure, trovando comunque spunti, ambienti, e dinamiche differenti.
Resident Evil 3 dura poco più di 5 ore, e senza fretta.
La rigiocabilità è stata affidata alla possibilità di sbloccare nuovi costumi e nuove armi, al ripartire da capo con una difficoltà maggiore e al necessario backtracking dovuto alla scarsità dello spazio a disposizione (come in RE2) che costringe ad andare avanti e indietro per recuperare qualche munizione o pianta medicinale dopo aver fatto spazio in inventario.
Lo stesso Nemesis, se in un primo impatto è davvero d’effetto, col passare del tempo perde molta della sua efficacia diventato più un fastidio che un pericolo.
Comparto tecnico
Dal punto di vista tecnico sono invece ben poche le critiche che possiamo muovere a Resident Evil 3. Il lavoro fatto, sebbene ripercorra pedissequamente il predecessore, è semplicemente fantastico: sicuramente qualche elemento di gioco è preso direttamente da RE2 (le fogne, per fare un esempio), ma non è una cosa che mi sento di criticare, dopotutto stiamo parlando della stessa città, negli stessi momenti. E comunque il colpo d’occhio è sempre fantastico.
Nemesis, in particolare, risulta particolarmente ispirato: la mostruosa creatura sembra uscita dagli incubi di un demone e non si potrebbe davvero chiedere di più.
Grandissima pulizia nel comparto video, nelle animazioni, e ancor di più in quello audio: soprattutto per quanto riguarda, ancora, il famigerato Nemesis che si fa annunciare con versi ed effetti che fanno letteralmente accapponare la pelle.
Come già detto in precedenza mi sarebbe piaciuto poter avere il cambio di spalla, soprattutto quando la finestra per sparare e schivare è così breve ed è fin troppo facile sprecare preziose munizioni sparando alle mosche. Si tratta comunque davvero del classico pelo nell’uovo.
Da rimarcare che il titolo è interamente doppiato in italiano, e l’interpretazione di Jill, affidata alla voce di Debora Magnaghi (già Yuri Watanabe in Spider-Man, Elizabeth Sobeck in Horizon Zero Dawn, Jodie in Beyond: Due anime e Oracolo nella serie Batman Arkham) è davvero ispirata.
Resident Evil: Resistance
Ad accompagnare l’avventura di Resident Evil 3, compare un titolo parallelo prettamente multiplayer: Resident Evil: Resistance.
Si tratta di un asimmetrico 4 contro 1 in cui un manipolo di sopravvissuti tenterà di scappare dalle grinfie del Mastermind (magari nei panni della famigerata Annette Birkin).
Da un lato abbiamo una squadra che deve lavorare di concerto, mettendo a frutto le proprie abilità peculiari per mettere in difficoltà il Mastermind, magari sabotando le telecamere o hackerando i computer; dall’altra abbiamo invece la possibilità di mettere in campo mostri e creature orrende e tentare di porre fine alla vita dei malcapitati in un folle esperimento “scientifico”.
Non ci vuole molto a capire che la parte più divertente è sicuramente quella del Mastermind, mentre la squadra può riuscire a divertirsi solo se fa quadrato attorno all’obiettivo comune di salvare la pelle, rigorosamente con cuffie e microfono, strategia condivisa.
Per diversificare l’andamento della partita è possibile, una volta acquisiti, sfruttare nuove armi da parte dei sopravvissuti e nuovi mostri con nuove abilità da parte del Mastermind.
Nel complesso viene quindi dato ampio margine alla personalizzazione dell’approccio alla partita, che, con un po’ di pratica e di tempo, può diventare un’esperienza davvero intrigante.
Conclusioni
Non è facile, per me, dare un giudizio finale a questo titolo. Da un parte abbiamo uno dei capisaldi dell’universo Resident Evil che mette in mostra molte cose buone, dall’altra però è innegabile che siano state fatte delle scelte di design davvero discutibili, forse frutto della fretta di far uscire il titolo, che ne minano irrimediabilmente il giudizio finale.
La scelta di accompagnare l’avventura con un comparto multiplayer abbastanza originale è sicuramente stata buona, ma questo a mio avviso non giustifica il prezzo pieno del titolo che viene venduto a 59,99 Euro.
Una cifra simile per 5 ore di gioco, oggi, non è accettabile.
Insomma: Capcom ha spiegato al mondo come fare i remake. È davvero un peccato che Capcom non sia stata ad ascoltare.
Nerdando in breve
Resident Evil 3 ci porta a vivere la fuga di Jill Valentine da Racoon City.
Nerdandometro: [usr 3.7]
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