Recensione
Sono passati davvero tanti anni da quel lontano 1999, quando il mondo cambiò per sempre e divenne chiaro a tutti che si poteva fare un film milionario con una videocamera da pochi dollari.
The Blair Witch Project costò appena 60 mila dollari. Ne fruttò quasi 250 milioni. Quest’anno ricorrono i vent’anni e quella che sembrava una saga ormai persa nel tempo, torna alla ribalta su un nuovo medium: il videogioco.
A farla da padrona: l’ansia, il mistero, l’esplorazione claustrofobica e le sequenze oniriche. Il tutto condito da una generosa dose di jumpscare. Tutto questo vi fa venire in mente qualcosa? A noi sì, e non solo a noi, se la produzione del titolo è stata affidata proprio ai ragazzi di Bloober Team, quelli di Layers of Fear (uno e due) e dell’interessante >Observer_.
Gameplay
Meccanica che vince non si cambia. O quasi.
Come fare però a tradurre l’esplorazione di corridoi nel cieco vagare di una foresta interminabile?
La sfida non era banale e la soluzione è riuscita a metà (forse un po’ di più di metà ad essere sinceri).
Fatto sta che all’inizio dell’avventura ci troviamo a guidare i panni di un reduce di guerra, un veterano la cui abbondante dose di stress post traumatico torna a farci vivere sessioni oniriche condite e condizionate dall’inquietante presenza della strega, in un escamotage davvero ispirato.
Anche se all’inizio sembra una “normale” ricerca di un bimbo scomparso, faremo presto la conoscenza di una dimensione molto più sofisticata e decisamente più atterrente.
A farci compagnia il fido Bullet, un pastore tedesco dal grande fiuto che farà di tutto per aiutarci nella ricerca.
Il cane, però, non si muove del tutto da solo: dovremo impartire ordini, mandarlo alla ricerca o tenercelo vicino, rimproverarlo se si caccia nei pasticci e consolarlo se una delle creature del bosco lo terrorizza.
Sì, perché oltre agli incubi della mente, il bosco di Burkittsville è popolato dai lacchè della strega, creature immonde che potremo scacciare con la nostra torcia (Alan Wake, batti un colpo) o aggirare grazie all’uso della telecamera con visione notturna.
Dopotutto, senza quella, che franchise di Blair sarebbe?
A tal proposito bisogna rimarcare una delle meccaniche più interessanti: la telecamera, oltre a fungere da elemento di esplorazione al buio per le creature malvagie, ci aiuta anche a manipolare la realtà. Troveremo infatti delle videocassette con registrazioni che ci aiuteranno a far luce sul mistero della foresta, ma non solo: mandando avanti e indietro il nastro potremo distorcere la realtà e accedere ad oggetti o luoghi altrimenti irraggiungibili.
Comparto tecnico
Nonostante io abbia più e più volte lodato il lavoro di Bloober Team, dobbiamo riconoscere che questo titolo non è esente da pecche e imprecisioni, forse dovute al poco tempo a disposizione per realizzarlo.
Le texture non fanno gridare al miracolo, certo, e a volte le interazioni col cane, sul quale è stata spesa davvero molta cura, lasciano un po’ a desiderare; ma il vero problema è molto più profondo ed è insito nella natura stessa del titolo.
Siamo in una foresta e teoricamente dovremmo essere totalmente liberi di esplorarla alla ricerca degli indizi che ci occorrono, fuggire dalle creature e così via. In realtà l’open world è solo apparente: siamo ancora bloccati in una serie enorme di corridoi tutti simili tra loro, uno dopo l’altro, popolati da jumpscare, collezionabili ed enigmi ambientali. Quando dobbiamo girare a vuoto attorno ad un punto, perché non abbiamo ancora risolto quello che c’è da risolvere, ecco che appare il celebre effetto “pac-man”, col protagonista che viene teletrasportato da una parte all’altra della minimappa con un effetto non sempre correttamente mimetizzato.
Certo lo sforzo per dare l’illusione di trovarci in un ambiente aperto è stato notevole, ma tra psuedoteletrasporti e confini invisibili, sembra di essere tornati indietro di parecchi anni.
Il punto di forza, invece, è sicuramente quello narrativo che da sempre permea i titoli di Bloober Team e che costituisce il marchio di fabbrica. Ellis, il protagonista, con la sua storia tormentata, è credibile e concreto; ad accompagnarlo, oltre al cane di cui sopra, anche un vecchio cellulare Nokia, che sarà utile per ricostruire il background del personaggio tramite messaggi e telefonate: un espediente già visto, ma che funziona alla grande per dare il giusto spessore in un tempo ridottissimo (soprattutto per un gioco che si completa comodamente in 5 ore).
Un minimo di rigiocabilità è garantita dai finali multipli e dagli obiettivi opzionali, che richiedono più run. Ma già durante la prima gli enigmi risulteranno alla lunga abbastanza scontati.
Conclusioni
A conti fatti mi sento di promuovere, anche se con riserva, questo Blair Witch: il comparto tecnico è purtroppo non all’altezza, ma la lore e la costruzione della narrativa, grazie anche ad un doppiaggio inglese ispirato, è di primissimo livello.
Blair Witch è (al momento) disponibile per PC ed Xbox One (incluso anche nel Game Pass) al prezzo di 29,99 €. In futuro sarà disponibile anche per Nintendo Switch e PlayStation 4.
Nerdando in breve
Blair Witch è l’horror psicologico che ci fa rivivere le emozioni del mitico mockumentary.
Nerdandometro: [usr 3.5]
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