Indie

Layers of Fear 2 – Orrore su cellulosa

Sono passati alcuni anni da quando esplorammo i meandri della follia e le perversioni di un pittore dannato. Oggi quegli orrori ritornano, ingranditi e sempre più disturbanti, circondati dalle suggestioni e dalle atmosfere di quella che molti chiamano “la settima arte”, il cinema.

Recensione

Il primo capito di Layers of Fear, seppur non privo di alcuni difetti, mi aveva sorpreso e colpito per la capacità evocativa che lo permeava dall’inizio alla fine, per la potenza delle immagini e per la sapiente costruzione di un percorso di discesa verso la follia che ci prendeva sì per mano, ma che quella mano poi non lasciava più andar via.

Il suo più grande pregio era quello di cambiare rotta rispetto alle dinamiche survival horror che permeano tutti i giochi del genere. Invece di lottare contro mostri e suon di piombo o di nasconderci da esseri immondi alla nostra cacca, qui ci troviamo davanti ad una buona storia, e un’ottima narrativa, fuse con le meccaniche del walking simulator. E questo nuovo paradigma merita tutto il nostro plauso per coraggio e per resa finale che, ripeto, era davvero notevole.

Tutto questo torna in Layers of Fear 2 rivisto, corretto e potenziato. La forza del cinema, arte suprema nell’evocare immagini suggestive, è qui messa al servizio di una nuova discesa negli incubi: quelli del protagonista, un attore in crisi giunto ormai ad un bivio della propria vita.

Gameplay

L’ambientazione. Abbandoniamo il maniero vittoriano e abbracciamo un transatlantico dei primi ‘900. Un nuovo ambiente chiuso che nonostante la dimensione, non ci nasconde la sua capacità di rinchiuderci in una sorta di gabbia metallica in cui l’unica via di fuga sembra essere proprio quella della pazzia.

Il nostro protagonista viene invitato da un produttore cinematografico a girare un colossal hollywoodiano a bordo del transatlantico Icarus. Partendo dalla nostra cabina (l’hub di gioco a cui torneremo all’inizio di ogni capitolo), partirà la nostra esplorazione del mondo di gioco.

Splendido il citazionismo del cinema classico, dal Mago di Oz al Viaggio sulla luna, a 2001 Odissea nello spazio. L’occasione era ghiotta e gli sviluppatori non se la sono fatta scappare. Così, mentre raccogliamo informazioni sulla vita e sul passato del protagonista, vedremo arricchire la cabina con gli elementi raccolti (fisicamente e metaforicamente) che ci aiuteranno a ricostruire le ragioni che lo stanno spingendo verso questo inferno dantesco di pazzia.

Il gameplay è fondamentalmente invariato: visuale in prima persona ed esplorazione del mondo circostante che, occorre ammetterlo, si condensa prevalentemente in analisi di una stanza dopo l’altra, interazione con elementi ambientali, scoperta di segreti e collezionabili.
Il vero fulcro, ovviamente, è la storia: l’ottimo recitato inglese (con sottotitoli italiani) ci porta a scoprire la storia del nostro protagonista, i suoi percorsi (fisici e mentali) e la lenta discesa vero il vortice di oscurità che ci attende.

Ho apprezzato in particolare la scelta stilistica di variare le palette e le proporzioni dell’ambiente quando dalla realtà si passa alle fasi oniriche, in cui tutto sembra reale ma ha quel qualcosa di profondamente sbagliato che getta ansia e inquietudine.
Non mancano i jumpscare, di cui personalmente avrei fatto volentieri a meno, ma onestamente aggiungono quel brivido di adrenalina che in un gioco horror non deve mancare.

Comparto tecnico

Le immagini, così evocative e disturbanti, del primo capitolo tornano qui con ancora più forza, segno che il vecchio motore Unreal 4 ha ancora parecchio da dire per chi lo sa sfruttare a dovere, e i ragazzi di Bloober Team hanno dimostrato di saperne fare un uso davvero ad arte.

Un grosso plauso va alla colonna sonora, che era punto di forza anche del primo capitolo. Non parlo solo di musica ma anche e soprattutto degli effetti ambientali binaurali che ci fanno vivere una totale immersione in questo mondo ansiogeno: aggirarsi per il transatlantico e venire sorpresi da porte che sbattono alle spalle o da sinistri suoni nelle cabine adiacenti rende l’esperienza nettamente convincente.
Da giocare con le cuffie!

Conclusione

Layers of Fear 2 è un’esperienza convincente, anche se non perfetta. La durata è piuttosto risicata (tra le 2 e le 4 ore) anche se una volta terminato si attiva una modalità aggiuntiva che ci consente di accedere ad un finale alternativo.
L’interazione, nel complesso, è piuttosto limitata: la maggior parte delle cose da fare consiste nell’aprire porte (come nel primo capitolo) anche se è innegabile lo sforzo di arricchire l’esperienza di gioco.

Mi sarei aspettato comunque qualcosa di più da questo punto di vista: gli enigmi ambientali sono davvero molto semplici e la spinta all’esplorazione delle stanze nascoste parte prevalentemente dalla caparbia del giocatore, più che da un’esigenza di gioco.

Nerdando in breve

Layers of Fear 2 ci porta a vivere la follia di un attore hollywoodiano e della magia (oscura) del cinema.

Nerdandometro: [usr 4.0]

Trailer

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