Oscar 2019
La notte più scintillante per il mondo del cinema si è conclusa ed è il momento di tirare le somme sulla 91^ edizione dei Premi Oscar.
Quella del 2019 è stata una cerimonia che ha attirato innumerevoli polemiche ben prima di aprire le porte del Dolby Theatre per consegnare le statuette e, probabilmente, verrà ricordata principalmente per questo aspetto.
Si è cominciato con lo scandalo che ha coinvolto Kevin Hart, conduttore designato della cerimonia. L’artista si è infatti ritirato dopo il polverone mediatico sollevatosi in seguito alla riscoperta di alcuni suoi Tweet degli anni passati, in cui esternava posizioni omofobe. Anziché sostituirlo, l’Academy ha preferito optare per una edizione priva di presentatore, nel tentativo, probabilmente, di sveltire anche i consueti tempi biblici della notte degli Oscar.
Ma non è finita qui: l’Academy si è anche resa protagonista, poche settimane prima della cerimonia, dell’infausta decisione di premiare alcune delle categorie in gara durante le pause pubblicitarie, sempre con l’intento di rendere più breve la serata. Peccato che sotto la scure delle esigenze televisive fossero cadute proprio due categorie che fanno del cinema quello che è: fotografia e montaggio.
Come era prevedibile, immediata è stata la levata di scudi contro la poco ponderata scelta, tanto che l’Academy ha prontamente fatto marcia indietro, ritirando la proposta.
Miglior film
La serata in sé non si è certo distinta per verve o per arditezza sul tappeto rosso, ma è stata anzi tra le più ordinarie mai viste.
Qualche perplessità, comunque, ha destato l’assegnazione di alcune statuette, tra le quali quella per il miglior film, categoria che sempre genera disaccordo o, in alcuni casi (ricordiamo l’anno La La Land/Moonlight), aperto contrasto.
Quest’anno la statuetta per il miglior film è andata a Green Book: sono stati in molti a storcere il naso, ritenendo che l’Academy abbia voluto premiare a tutti i costi un film che parla di razzismo. Personalmente non sono d’accordo: tra i candidati che ho guardato, Green Book era di gran lunga quello che mi aveva convinta di più e quello per cui parteggiavo. I motivi della mia preferenza li trovate nella recensione, qui mi limito a dire che si tratta di un film veramente ben fatto, in grado di emozionare, comunicare e divertire con equilibrio; non a caso, si è portato a casa anche la statuetta per la migliore sceneggiatura originale. E non è certo poco.
Il principale rivale di Green Book era Roma, film che ho guardato e apprezzato molto ma che, a mio parere, era comunque un gradino sotto il vincitore. Su Roma, sono perfettamente d’accordo con quello che ha detto Gianni Canova: è un film tecnicamente perfetto, accurato, che ha tutto quello che dovrebbe avere ma che risulta un po’ come il compitino fatto da Alfonso Cuaron per dimostrare a tutti di essere il primo della classe.
In ogni caso, Roma vince giustamente nelle categorie miglior film straniero, miglior regia e miglior fotografia (quest’ultima, veramente eccelsa).
Gli attori
Se non ci sono state particolari sorprese o polemiche per quanto riguarda i vincitori come migliori non protagonisti (Mahershala Ali da Green Book e Regina King da Se la strada potesse parlare), diversamente è andata per i protagonisti.
Il premio per il protagonista maschile è andato, come da previsioni, a Rami Malek: puntualmente si è gridato allo scandalo. La sua vittoria è stata “politica”? Probabile, sì, d’altra parte gli Oscar hanno sempre fatto scelte di questo tipo. Personalmente, pur riconoscendo le capacità dell’attore, trovo che quest’anno non fosse lui il più meritevole. La sua è una interpretazione accurata all’interno di un film non impeccabile ma si è scontrata, quest’anno, con veri e propri mostri di bravura, che avrebbero meritato a mio avviso maggiormente. Il mio vincitore? Senza alcun dubbio Viggo Mortensen. Ma d’altra parte difficilmente gli vedremo mai vincere un Oscar.
Sul fronte femminile la più quotata era Glenn Close, attrice poliedrica e dotata rimasta sempre in secondo piano agli occhi dell’Academy, che non l’avevano mai premiata. Questo sembrava l’anno del riscatto per la povera Glenn ma, contro ogni aspettativa, si è vista nuovamente superata, in questo caso da Olivia Coleman, interprete della regina Anna in La favorita. Su questo premio non mi pronuncio: non ho visto nessuno dei due film. Conosco però entrambe le attrici e ne riconosco l’immensa bravura: scegliere tra loro due deve essere stato molto difficile.
Il caso Black Panther
Oggetto di grande discordia, fin dall’ufficializzazione delle nomination, è stato Black Panther. Criticato su più fronti ben prima degli Oscar, vanta comunque un primato: quello di aver sdoganato i cinecomic presso l’Academy, conquistando per la prima volta una candidatura come miglior film. In molti hanno obiettato che, nello scorso anno, avrebbe meritato molto di più Avengers – Infinity War e probabilmente è vero. Non mi sembra una teoria troppo fantasiosa quella che vuole la scelta di Black Panther dettata da ragioni politiche: that’s America.
In ogni caso, alla fine Black Panther ha portato a casa solo premi tecnici, riuscendo a scatenare comunque polemiche, in particolare per quanto riguarda la statuetta per la migliore scenografia. “È tutta computer graphic!” hanno obiettato i più e anche “È uno scandalo che abbia superato La favorita“. Io non ho guardato né l’uno né l’altro, quindi sono costretta a rimandare il mio giudizio. Nel frattempo, però, resto in attesa del vostro: siete soddisfatti degli Oscar 2019? Cosa vi ha convinto e cosa no? Fatemelo sapere nei commenti!
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