Star Trek è tornato! Evviva, evviva!
No, seriamente: ST:Discovery ci aveva lasciato con un cliffhanger da cardiopalma, di quelli che (vista anche l’età media del fandom) rischiava di lasciare a terra un numero eccessivo di infartuati.
L’arrivo a sorpresa della mitica Enterprise (con un restyling davvero azzeccato) aveva fatto battere questo vecchio cuore nostalgico e sinceramente non vedevo l’ora di scoprire cosa sarebbe venuto fuori.
Andiamo con ordine e districhiamoci con un minimo di trama (minimi spoiler da qui in avanti).
Il capitano Lorca è uscito (malamente) di scena. Peccato perdere un attore del calibro di Jason Isaacs, anche se dopo cinque minuti ho smesso di sentirne la mancanza. L’acconciatura più selvaggia della Federazione ha riconquistato titolo e gradi, nonché un posto in plancia come ufficiale scientifico: ben tornata Michael Burnham, i tuoi siparietti con Saru e con Tilly ci fanno pregustare scambi di battute fulminanti come quelle a cui siamo stati abituati. Scopriremo solo nei prossimi episodi se gli sceneggiatori saranno all’altezza. Le premesse sono buone.
In questo clima di ritrovata serenità e in viaggio verso Vulcano, la Discovery intercetta la richiesta di soccorso della ammiraglia: l’Enterprise comandata dal capitano Pike capace di inondare la sala in cui entra con una ventata di testosterone da manzo in gara.
Ciuffo con la giusta dose di sale e pepe, mascella importante, sguardo magnetico e modo di fare autoritario ma giusto. Sì: questo è Christopher Pike ed è capace di focalizzare l’attenzione con la sola imposizione del sopracciglio. Anson Mount (Inhumans), nella sua divisa gialla nuova fiammante (classica ma con un restyling da urlare “la voglio”), si accaparra di diritto il ruolo di maschio alpha del Federazione Unita e riceve il mio personale plauso per un ruolo che non sarà dannatamente impossibile da ricoprire come quello di Kirk, ma ci si avvicina di molto.
Ebbene: Pike prende il comando della Discovery e via ad esplorare strani e nuovi mondi. O meglio: ad indagare su un misterioso evento che guiderà certamente la narrazione di questa stagione.
Niente Spok, per ora, se non in versione baby e nei ricordi di Burnham. Una visione poco riuscita, a dirla tutta, per quell’effetto di bamboccione con sopracciglia storte che lo rende eccessivamente antipatico. Vedremo come andrà con il nuovo Spok nei prossimi episodi, e quella sarà la vera prova del fuoco. Ovviamente è lui il “fratello” del titolo.
Per chi non lo sapesse, infatti, prima di Kirk e compagni, Spok era già sull’Enterprise di Pike. Fuori dalla finzione, parliamo di un caso più unico che raro per Hollywood: Gene Roddenberry, il visionario, creò una prima versione del suo Star Trek decisamente troppo avanzata per la mentalità americana degli anni ’60, osando addirittura mettere una donna come ufficiale di plancia.
Il pilota venne rifiutato e Star Trek stava per diventare “nulla”, ma il nostro tentò ostinatamente una seconda volta, con l’equipaggio che conosciamo, salvando solo lo Spok di Leonard Nimoy.
Dalla realtà alla finzione: il capitano originale, Pike, interpretato da Jeffrey Hunter venne utilizzato come pietra miliare della cronistoria Trek, rimanendo negli annali e nello splendido episodio Lo Zoo di Talos.
Ma torniamo a noi: l’episodio è l’occasione per raccontare un po’ dell’infanzia di Burnham e del difficile rapporto con la cultura vulcaniana e, come da prassi, getta le basi per raccontare i rapporti tra i personaggi e per delineare le differenti personalità. Tilly si conferma l’elemento ironico, umano, a volte terra terra e un po’ caciarone (ma non per questo meno professionale); Saru sembra aver vinto la propria paura endemica, ma mantiene una prudenza di fondo (l’elemento atto a suggerire soluzioni prudenti); di Pike ho già detto e se come sembra sarà lui il capitano di questa seconda stagione, l’idea è semplicemente geniale: immaginare un nuovo capitano carismatico come e più di Lorca, senza scomodare l’ingombrante Kirk e senza voli pindarici, era praticamente impossibile. Pike ha risposto a tutte queste necessità in modo egregio senza sembrare un pesce fuor d’acqua.
L’unica cosa a mancare (spero per poco) è l’ufficiale medico. Dopo la drammatica partenza dell’anno scorso, attendiamo con ansia che arrivi questa che è giocoforza una presenza immancabile negli equilibri degli equipaggi e delle lore di Star Trek.
Ottimo l’ingresso nel cast di Tig Notaro (sperando non sia una comparsata). Attrice comica dalla personalità esplosiva, se non la conoscete andate a cercare i suoi spettacoli stand up su Netflix. E già che ci siete, buttate un occhio alla sua scheda su Wikipedia, Tig è una donna semplicemente eccezionale, e nel ruolo dell’ingegnere pragmatico è semplicemente perfetta.
In conclusione non posso che reputarmi più che soddisfatto da questo episodio: gli equilibri sono stati ristabiliti, andando ad aumentare lo spazio vitale di tutti i personaggi.
Intendiamoci: ci saranno sempre i detrattori e la diatriba è/non è Star Trek continuerà a lungo (lo è), così come quella sulla tecnologia più avanzata rispetto alla serie Classica e così via. Disquisizione de facto sterili: Discovery è un prodotto di questo tempo, con lo stile e il taglio moderno, i vecchi fan se ne devono fare una ragione, non siamo più negli anni ’80.
Ma lo spirito c’è, è la cosa fondamentale, ed è innegabile che ci sia. Con buona pace di detrattori, hater e compagnia bella.
Star Trek è vivo e vitale. Ed è bellissimo.
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