Recensione
Vuoi perché di produzione brasiliana, vuoi perché non disponibile con l’audio italiano, vuoi perché privo di cast noto al mondo occidentale, 3% è uno di quei prodotti che facilmente rischia di passare in sordina, a cui la maggior parte di noi dedica non più di uno sguardo distratto sfogliando il ricco catalogo di Netflix.
E invece, forse perché sono attratto dalle produzioni poco famose, oppure perché quando leggo “distopia” mi ci tuffo a capofitto, mi sono gettato nella fruizione di questo serial non appena ne ho avuto l’occasione. Il risultato? Affascinante.
Trama
Il mondo è in rovina e, come ormai siamo abituati ad immaginare il nostro futuro, la società è divisa in due: ricchi e poveri, senza zone grige intermedie. Contrariamente a quanto però spesso accade, ogni cittadino, a prescindere da razza, colore o handicap, ha la possibilità di entrare a far parte della parte ricca. Solo una possibilità, ma a disposizione di tutti. E di tutti quelli che hanno questa chance, solo il 3% riesce a coronare il sogno di una vita e guadagnare l’accesso alla “parte migliore”, quella dove malattie, povertà e indigenza sono sparite.
Giunti al ventesimo anno, infatti, gli abitanti si avviano verso quello che viene chiamato prosaicamente Processo (di selezione) e accettano di sottoporsi a test fisici, sociali e mentali che hanno lo scopo di verificare la loro idoneità a passare dall’altra parte. Chi viene scartato, torna ad essere quello che era. Chi viene scelto ha invece accesso ad un mondo di pace, serenità, cure mediche e mille altre agevolazioni che, per essere onesti, vengono solo fantasticate ma che nessuno ha mai visto di persona né è tornato a raccontare.
In questa società ogni cittadino viene educato fin dalla nascita a credere nel Processo, a venerare la Coppia fondatrice come se si trattasse del messia che ha salvato l’anima dei disperati; in questo panorama mistico non mancano gli oppositori, una fazione di ribelli che si oppone alla schiavitù sociale e ha il solo scopo di infiltrare dei militanti per distruggere il Processo dall’interno.
La serie segue più linee narrative: abbiamo da un lato un gruppo di candidati e assistiamo a come il Processo li metta alla prova in ogni campo possibile immaginabile, dalla coesione sociale alle abilità deduttive; dall’altro invece scopriamo che il Processo è ricco di psicodinamiche interne non banali da gestire e amministrare, con lotte di potere ed oscuri segreti. Infine c’è la Causa: i ribelli riescono effettivamente ad infiltrare un candidato e tentano di scardinare il sistema. Il tutto tra speranze disattese e sogni infranti, crisi di fede e perversioni capaci di tirar fuori i lati peggiori dell’essere umano che, di fronte alla “terra promessa”, non esita certo a scendere a compromessi con se stesso.
Regia
Con una tecnica già vista, ad esempio, in Battlestar Galactica, l’inquadratura non è mai ferma immobile sulla scena: durante i dialoghi, soprattutto quelli ricchi di pathos, la telecamera oscilla leggermente, in modo da dare quel dinamismo proprio della vita reale, come quando spostiamo di continuo il peso tra i due piedi, senza riuscire a trovare pace.
Ho apprezzato il modo in cui si indugia sui particolari degli attori, con inquadrature spesso tagliate in modo originale, per suggerire approcci alle persone mai banali, mai lineari: come quando ci capita di parlare con qualcuno e veder attirata la nostra attenzione da un particolare, dal taglio delle sopracciglia, dalla pettinatura, da una cicatrice che racconta avventure e storie non dette, di quelle che forgiano il carattere e, nei percorsi della vita, hanno portato quella persona davanti a noi, in quel momento.
Soluzioni, queste, ottime per sfuggire dalla claustrofobia di una serie girata quasi interamente al chiuso, con pochi colori, ambienti asettici e tantissimi dialoghi, tantissime dinamiche incrociate.
Produzione
Come accennato siamo di fronte ad una produzione brasiliana che, come taglio, ricorda da vicino i tempi delle serie tv britanniche: niente scene rocambolesche, quindi, in favore invece di lunghi piani sequenza assertivi che indugiano sulle imperfezioni e sui fallimenti dei protagonisti. Ritmo rilassato ma non per questo privo di tensione, che si snoda lungo i dialoghi, i flashback, gli scontri verbali e fisici.
Non lasciatevi ingannare dalla produzione: abbiamo in mano un prodotto di ottima qualità. Effetti visivi e speciali davvero curati fanno capolino di tanto in tanto. Non si grida mai al miracolo, ovviamente, ma non c’è da lamentarsi anche perché il budget complessivo supera di poco il corrispettivo di tre milioni di euro.
Ogni episodio della prima stagione è incentrato su una delle prove, durante la quale vederemo soccombere qualcuno dei candidati, in un crudele gioco al massacro generoso di colpi di scena: nulla è scontato, e fino alla fine è impossibile prevedere quale sarà l’esito del Processo, chi farà parte del 3% e se la Causa riuscirà nel suo intento.
Considerazioni finali
Ho trovato 3% un ottimo filler tra serie e produzioni più impegnative. Preso anche a piccole dosi si lascia seguire con piacere, regalando colpi di scena inattesi e ribaltamenti davvero inattesi. La prima serie si compone di nove episodi e termina con alcuni cliffhanger davvero interessanti. Non ci resta che attendere la prossima stagione, già rinnovata da Netflix.
Nerdando in breve
3% è una serie distopica diversa dalle altre, dove nulla è del tutto scontato.
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