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Nailbiter Volume 1 e 2 – Una città di serial killer

Recensione

Nailbiter mi ha stupito.

Sono mesi che lo vedevo sugli scaffali delle fumetterie, ma a differenza delle altre proposte saldaPress del catalogo Image mi attraeva molto meno, forse proprio in virtù dell’autodefinizione horror.
Sì, i fumetti horror non mi piacciono e sono pure in un periodo in cui il troppo sangue, usato senza senso, mi disturba quasi.
Ebbene, date queste premesse, devo fare pubblica ammenda perché Nailbiter di Joshua Williamson e Mike Henderson mi è piaciuto molto, e ringrazio saldaPress per avermi dato la possibilità di leggere i primi due volumi e di ricredermi sul mio pregiudizio errato.

La trama e l’ambientazione

Benvenuti a Buckaroo, città dei serial killer.

Buckaroo, Oregon. Una cittadina fittizia, ma come migliaia di altre piccole comunità che costellano il Nordamerica lontano dalle sfolgoranti luci delle metropoli. Una cittadina dove ci ambienteresti un horror urbano, un thriller con i maniaci o magari un film drammatico che indugia sui segreti e sull’ipocrisia della famiglia piccolo-borghese dei nostri giorni. Avete capito, no? Ecco, ora prendete quel modello lì, che tanti film made in USA vi hanno ben impresso nel cervello, e sappiate che a Buckaroo, Oregon, sono nati sedici dei peggiori serial killer della storia americana.

Sedici, tutti in un posto. L’ultimo in ordine temporale è Edward Warren, soprannominato “Nailbiter” perché ha questa strana mania di mangiare le unghie sue, ma soprattutto degli altri. Questo caro ragazzo sarà quello che darà via alla spirale di eventi raccontati nei primi due volumi dell’opera.

Facendola semplice e senza spoiler: c’è un agente FBI che inizia a chiedersi come mai i peggiori macellai d’America si concentrino in questo crocicchio di vie, inizia ad indagare, chiama un suo amico che di mestiere fa l’interrogatore dell’Esercito per mezzo di tortura per farsi dare una mano e scompare. Il nostro nuovo protagonista si troverà quindi invischiato in una vicenda dalle tinte torbide e molto misteriose che però risiedono più nel campo del thriller che dell’horror puro e questo non può che farmi piacere.

Tra individui ambigui e gente impazzita, mitomani, emergenze, strani ritrovamenti e un’indagine che si infittisce sempre più, non c’è di sicuro da annoiarsi a Buckaroo, Oregon.

I personaggi

Voglio spendere due parole molto brevi per i personaggi: pur essendo a prima vista riconducibili a stereotipi, possiamo subito notare come il cast sia quello giusto per intrigare. Se il protagonista è magari “soltanto” il classico ex-poliziotto con problemi con la giustizia per una uscita di testa, già guardando allo Sceriffo Crane possiamo trovare di più della solita donna tosta ma buona in virtù del suo legame speciale con Nailbiter, forse il character più interessante tra i tre principali; un antieroe ambiguo, con il quale la Polizia si trova suo malgrado a collaborare e che cita proprio Il Silenzio degli Innocenti, quasi a palesarne l’ispirazione.

Ottimo anche il cast di comprimari, ciascun cittadino sembra nascondere qualcosa di poco chiaro e il fatto che quasi tutti siano parenti o amici di serial killer di certo non aiuta a definire dei personaggi nettamente buoni o cattivi. Per esempio Alice, la studentessa, penso riserverà belle sorprese nei prossimi numeri.

Menzione d’onore alla guest star Brian Michael Bendis, protagonista di un episodio molto divertente, che si incastona perfettamente con la narrazione e aiuta a definire ancor meglio un certo tono di ironia che non manca di certo in tutto il filo della narrazione.

Ok, non erano proprio due parole, ma va bene così.

Lo stile

Nel corso dei dieci episodi che ho potuto leggere, i misteri si accumulano e la trama scorre via che è un piacere: merito sicuramente di una sceneggiatura frizzante, ben costruita e che dona un ritmo serrato alla narrazione, tale da acchiappare il lettore per la collottola e non fargli chiudere il volume finché non si arriva alla fine. Ho letto i due volumi di seguito e di getto e alla fine mi è dispiaciuto sinceramente non poter proseguire.

Direi quindi che sul lato testuale ci siamo proprio: lo stile, come impongono i tempi correnti, si rifà molto alle moderne serie TV, con episodi ben costruiti ma che lasciano la voglia di proseguire, in una serrata spirale di binge-reading.

Piccola chicca: proprio nell’episodio di Bendis, ho potuto apprezzare come uno dei dialoghi sia in perfetto stile bendisiano, con baloon che si rincorrono in una mitragliata di botta e risposta che forse sono proprio un omaggio all’autore.

Dal punto di vista grafico, sul tratto di Mike Henderson non ho proprio nulla da dire: ben definito e sporco all’occorrenza, con ottime soluzioni grafiche che creano la giusta tensione (tipo la sequenza nelle sale del coroner), accompagna in modo gustoso la narrazione e mi è sembrato perfetto per il tipo di vicenda narrata.

Conclusioni

Nailbiter è stata una bella sorpresa: prendendo in prestito l’ideale immaginifico di True Detective, Twin Peaks, Il Silenzio degli Innocenti e un po’ di giusta dose di ironia, i due autori hanno sfornato quella che mi sembra proprio l’ennesima ottima serie della Image che a questo punto non esiterò a seguire, fugando le mie perplessità iniziali di non amante del genere horror a fumetti.

Il primo volume di Nailbiter (“Scorrerà il sangue“) è disponibile già da qualche mese, mentre il secondo, intitolato “Mani insanguinate“, potrete trovarlo nelle fumetterie proprio a partire da questa settimana, e contiene i numeri 6-10 della serie originale.


Nerdando in breve

Nailbiter è un piacevolissimo thriller horror a fumetti, ricco di misteri e bei personaggi che si legge tutto d’un fiato. Penso non gli si possa chiedere di meglio!

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