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Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia: un film brutto

sausage

Nato da un’idea di Seth Rogen, Evan Goldberg e Jonah Hill, Sausage Party: Vita segreta di una salsiccia è un lungometraggio animato (distribuito in Italia da Warner Bros.) che cerca di divertire lo spettatore con il proprio humor irriverente.

Mostrando un’ipotetica storia in cui gli alimenti che noi quotidianamente consumiamo sono, in realtà, vivi, il film vede le vicende di Frank (Seth Rogen), Brenda (Krinsten Wiig) e Carl (Jonah Hill) che, in vendita presso un supermercato, adorano i compratori umani e passano la propria vita a sperare di essere scelti dai consumatori per essere portati nel “Grande Oltre”.
Inutile dire che, molto presto, i nostri scopriranno che la loro meta ultima, più che essere fonte di gioia eterna, risulterà essere un orrendo modo per venire divorati.

Quando sentii parlare per la prima volta di questa pellicola devo dire che sono rimasto abbastanza incuriosito. Sulla carta, l’idea di un cartone che avesse come protagonista il cibo e che ricalcasse un po’ ciò che la Disney aveva fatto con Toy Story nel 1995, mostrandoci la vita di un qualcos’altro in relazione a noi esseri umani, mi sembrava interessante; se poi a tutto questo si fosse aggiunto un po’ di sano black humor, come messo in luce dal trailer cinematografico, le premesse promettevano un prodotto ben realizzato e divertente.

Armato di biglietto, il giorno dopo l’uscita, sono corso al cinema per scoprire che avevo preso il più grande degli abbagli.

Iniziata la pellicola, subito una canzoncina (di cui ho afferrato le parole solo in un secondo momento) mi ha fatto capire che non mi trovavo affatto di fronte ad un film dalla “comicità irriverente”, bensì davanti ad un pretesto per mettere su schermo tutto quello che di più volgare, di più osceno e di più inadatto venisse in mente ai cari Seth e Jonah.
Io non sono un stinco di santo e, nonostante apprezzi l’umorismo allusivo e boccaccesco, spesso mi sono ritrovato ad essere imbarazzato per il semplice fatto di trovarmi lì, in quella sala, a vedere quella pellicola con altre persone (anche esse assai imbarazzate, in base ai commenti sentiti).
Con la scusa di essere dei grandi intrattenitori e dei comici apprezzati, con la moda del politically uncorrect impugnata, gli sceneggiatori si sono divertiti a inserire parolacce, insulti pesanti, critiche dubbie e quanto mai poco profonde ad argomenti quali religione, politica e sessualità (soprattutto) come pescando a caso da un grande sacco, distribuendo il tutto sulla trama senza la minima necessità.
La sensazione è stata la stessa di quando un bambino di cinque anni apprende per sbaglio una parolaccia e, dato che nemmeno sa bene cosa significhi, comincia a ripeterla a ripetizione e ad inserirla in ogni frase, perché lo fa sentire grande.

L’eccessiva volgarità risulta come un pugno in un occhio durante tutti gli 89 minuti ed è difficile togliersi dal volto un’espressione a metà tra lo sconcertato e l’infastidito.

A fare da contorno al nuovo dizionario della lingua promosso da Rogen & Hill c’è una trama che, ahimè, solo sulla carta risulta accattivante e che si tratta palesemente di una scusa per realizzare un prodotto volutamente provocatorio.
Tutto contribuisce, insomma, a rendere il film veramente brutto.
Non riesco a salvare nulla di questa pellicola, nemmeno il design poco ispirato dei personaggi e delle ambientazioni.

Nerdando in breve

Il film più brutto che abbia mai visto. E ne ho visti tanti, eh…

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