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Il ritorno di Lara Croft

Lara Croft

Lara Croft

Si può amare per lo spirito, si può odiare per l’arroganza, si può ammirarne la bellezza e la forza, oppure detestarne la supponenza e la saccenza. In ogni caso, è innegabile che un personaggio come Lara Croft non lascia mai indifferenti.
Lara e il franchise di Tomb Raider fanno ormai parte da decenni dell’immaginario collettivo: partito come videogioco, ha travalicato i confini di tutti i media, arrivando al cinema, al fumetto, alla musica.

Come tutti sanno Tomb Rainder, dopo un declino lento ma inesorabile, ha subìto un radicato reboot: nuovo volto, nuova silhouette, nuova timeline. Lara è ora una giovane archeologa determinata e orgogliosa ma inesperta, fragile, estremamente umana nelle sue passioni e nelle sue emozioni: da supereroina è diventata assolutamente mortale.
Ora, dopo il primo splendido episodio sviluppato per console old-gen e rimasterizzato per le nuove, approda finalmente il secondo capitolo direttamente sulle nuove console. Rise of the Tomb Raider (esclusiva XBox per un anno e recentemente uscito per PC) è un’incredibile festa per gli occhi con particolari curati in modo maniacale: dagli sfondi agli abiti, dalle espressioni facciali alle interazioni con l’ambiente. Il primo impatto mi ha semplicemente fatto cadere la mascella a terra, mentre muovevo i primi passi su una montagna lasciando il solco nella neve fresca.
Il lavoro fatto da Crystal Dynamic è, a mio avviso, eccelso: hanno conservato tutto ciò che di buono c’era nel primo capitolo, limando qui e là, e hanno eliminato tutto il superfluo. Rimane quindi un’impostazione cinematografica, con gameplay alternato a cinematics senza soluzione di continuità, con passaggi fluidi, nessuna attesa di caricamento e nessuna variazione di qualità grafica o framerate. L’impressione è quella di vivere dentro un film d’azione, ma non un film qualsiasi: un film bellissimo. Emozionante, avvincente, sbalorditivo.
Gli ingredienti ci sono tutti: avventura, tombe misteriose, trappole mortali, cospirazioni politiche, magia, fede.

La cosa più difficile di questo titolo è trovare il giusto equilibro tra il voler giocare senza sosta e la paura di finirlo troppo presto. È vero: c’è molto, moltissimo da fare, ma è un prodotto che si divora senza sosta ed è una di quelle rare perle in cui, arrivati alla fine, i sentimenti di completamento e soddisfazione si abbinano inesorabilmente a quelli di abbandono. Proprio come dopo aver terminato un bellissimo libro che ci ha rapiti per ore ed ore.
Rapimento è il termine giusto: dal momento in cui prendo il controller fino a quando lo poso vengo letteralmente strappato dalla realtà e portato all’interno del mondo di Lara. Per questo, Rise Of The Tomb Raider va giocato con attenzione, con il giusto spirito, senza correre per completare il prima possibile ogni sfida, ma gustandoselo passo dopo passo, scontro dopo scontro, tomba dopo tomba.

Ovviamente c’è qualche pecca: gli sviluppatori hanno eliminato l’insipido multiplayer del primo capitolo, ma hanno comunque voluto allungare il brodo con delle sfide extra storia davvero impegnative. Il tutto arricchito da un sistema di carte (acquistabili sia con moneta reale che con crediti guadagnati nel gioco) che alterano l’esperienza di gioco, rendendola più semplice o più difficile. Tutto sommato qualcosa di cui personalmente non sentivo il bisogno, ma che sicuramente i giocatori hardcore hanno apprezzato. Approvo la rimozione del gioco online, al fine di concentrarsi unicamente sull’esperienza dell’avventura e il risultato, a mio avviso, si apprezza in pieno.

Tra gli elementi nuovi, invece, mi ha colpito la gestione delle risorse. Già presente in Tomb Raider, qui si arricchisce andando ad aumentare la sensazione di verosimiglianza, alimentando la credibilità del titolo: ci sono armi (come l’immancabile arco), frecce esplosive, medicamenti e mille altre cose; ma tutto deve essere fabbricato, e per costruire bisogna trovare gli ingredienti, cacciare i giusti animali (cosa non sempre banale), combinare i materiali.

Volendo ad ogni costo trovare dei lati negativi, posso elencare alcune sfide al limite del ridicolo: lanciare polli nel pollaio, o tirare una gallina in aria e arrostirla con una freccia infuocata, il tutto mentre la cosmologia dell’universo sta per essere riscritta da un manufatto diviso, suona quanto meno improbabile. Ma lasciando le sfide alla fine, nel postgame, allora ci può anche stare, sebbene risulti evidente che sia un semplice modo per allungare un po’. Infine, bisogna ammettere che gli enigmi delle tombe sono davvero molto semplici da risolvere, anche senza aiuti si arriva a sviscerarne i segreti con al massimo una ventina di minuti ognuna.

Un’ultima nota sulla protagonista. Lara, come detto, o si ama o si odia. Difficile ci siano mezze misure. Personalmente la odiavo, prima del reboot, mentre ora ne sono visceralmente innamorato. Molti si lamentano del fatto che sia lontana dall’essere la badass che avevamo conosciuto; personalmente, invece, ne adoro l’umana fragilità, che non toglie nulla alla sua determinazione, ma che la rende invece incredibilmente concreta, quasi tangibile.

Tra quanto esce il terzo (e a quanto pare ultimo) capitolo?

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