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L’istituto – Un altro adattamento (così così) da Stephen King

L'istituto

Stephen King, che adoro per mille ragioni che non sto ad elencare qui, è sicuramente uno dei miei autori preferiti. Questo non vuol dire che osanni qualunque cosa produca o abbia prodotto: di passi falsi ne ha fatti, alcuni anche grossi come L’Acchiappasogni, ma sono sempre felice di leggere un suo libro, anche se ormai da anni ho deciso di prendere lunghe pause tra l’uno e l’altro.
L’Istituto è l’ultimo che ho letto, sebbene risalga al 2019.
Il romanzo mi è piaciuto, non lo considero un capolavoro, ma l’ho trovato piacevole. Ovvio quindi che, appena ho scoperto dell’esistenza della serie, mi ci sono voluto cimentare per misurarne il livello di delusione.

Trama

Protagonista di questa storia è Luke Evans, un ragazzo di 12 anni lievemente telecinetico e dotato di una precoce e sagace intelligenze. Luke viene rapito da una squadra d’assalto misteriosa e portato nell’Istituto da cui il titolo. Qui trova altri ragazzi, divisi in TP e TK (telepatici e telecinetici come lui), con diversi livelli di capacità e potere. L’istituto, di fatto una prigione, li sottopone a numerosi esperimenti atti ad espandere le loro abilità mentali. Sebbene i metodi siano degni del Dottor Mengele, la direttrice, la signora Sigby, assicura ai ragazzi che stanno svolgendo un lavoro per il bene dell’umanità intera, e che una volta finito torneranno alle loro vite normali.

Terminata la prima fase di addestramento, della durata media di due settimane, si passa alla Seconda Casa, sulla quale ci sono solo supposizioni e la sicurezza che sarà un passo in più verso la libertà. Tra i ragazzi si instaurano forti legami e l’arrivo di Avery, un decenne con poteri mentali fuori scala, inizia a far breccia nel muro di menzogne dell’Istituto e da qui la decisione di fuggire.

Parallelamente seguiamo le vicende di Tim, un ex poliziotto che finisce fortuitamente a fare il guardiano notturno in una cittadina della provincia americana (guarda caso, nel Maine), limitrofa all’Istituto stesso.
Qui già inizia a scricchiolare il parallelismo col libro, ma ne parleremo dopo.
Com’è facile immaginare, il destino dei due protagonisti, Luke e Tim, finirà con l’incrociarsi.

L'istituto

Produzione

La serie è prodotta da MGM+ ed è disponibile su Sky e Prime Video. Consta di 8 puntate che coprono la narrazione del libro. C’è un “ma” che vi dichiarerò a breve.
Protagonisti sono un nutrito gruppo di giovani attori molto convincenti, tra cui spiccano Joe Freeman (Luke Evans) e Simone Miller (una soddisfacente Kalisha). Tra gli adulti troviamo una veterana: Mary-Louise Parker (La Signora Sigsby) che armeggia con il materiale a disposizione (una sceneggiatura non brillante) e fa quel che può, ma risulta lontana anni luce dalla controparte letteraria. Chiudiamo con il britannico Ben Barnes (Tim Jamieson) che fa la sua figura, anche lui alle prese con dialoghi stereotipati per le ragioni che vi elencherò a breve.

Nel complesso l’impianto funziona abbastanza bene, gli elementi scenografici richiamano alla perfezione quanto descritto nel libro, con una dissonanza visiva che si spiega nel finale (del libro, non della serie) e che rende alla perfezione la distopia evocata dall’autore. Il problema, come riprenderò a breve, è nella sua lunghezza: non siamo davanti ad un libro enorme e come spesso accade, le pagine hanno un ritmo incalzante, che qui invece si perde un po’ troppo in lunghe pause tra un dialogo e l’altro.

Conclusioni

Come accennavo all’inizio, il mio cervello è dotato di un particolare tipo di delusiometro per gli adattamenti da King, la cui scala va da La Torre Nera a Le ali della libertà. Premesso che Il miglio verde si colloca solo un gradino sotto il massimo punteggio, con L’istituto ci collochiamo abbastanza a metà strada, più o meno tra IT (verso l’altro) e 23/11/63 (verso il basso). Siamo lontani insomma dal (ristretto) numero di ottimi adattamenti ma anche, fortunatamente, dal pozzo nero che contiene il mare magnum di zozzerie invereconde comprendenti, tra gli altri: Cose preziose, Doctor Sleep e The Night Flier.
Nel caso ve lo steste chiedendo: L’acchiappasogni non è in classifica perché è un ottimo adattamento. Tanto brutto il libro, quanto il film.

Ma torniamo all’Istituto. I problemi sono due: troppo prolisso, allungato. Quattro episodi sarebbero stati perfetti per mantenere il ritmo sostenuto che ha il romanzo, mentre qui risulta molto sfilacciato, moscio. Il secondo problema è la parte dedicata Tim Jamieson: Ben Barnes è un ottimo attore ed è anche un bell’uomo, ed è bello il personaggio. Però nel romanzo ha un ruolo marginale, qui, per dargli minutaggio, si finisce con lo svelare troppo e nel pasticciare eccessivamente gli elementi che avrebbero dovuto restare nascosti più a lungo.

Di base c’è il problema di una sceneggiatura poco illuminata, annacquata e per questo priva di mordente. E come se non bastasse, la serie è stata rinnovata per una seconda stagione. Non esiste un prosieguo del libro, perché fare una seconda stagione? È lo stesso problema dell’ottimo Mr Mercedes, il cui adattamento mi è piaciuto molto e di cui mi sono rifiutato di proseguire la visione una volta finita la storia del romanzo. Contrariamente, ad esempio, a quanto ho fatto (e me ne pento tutt’ora) con Il racconto dell’ancella.

La risposta è nelle sequenze finali della stagione, che si allontanano anni luce dal romanzo: non viene spiegato nulla, e lasciato un finale aperto per uno stillicidio che non oso immaginare nella seconda stagione (che, comunque, non vedrò).
Insomma: se volete qualcosa senza troppe pretese va bene, ma non aspettatevi la serie dell’anno.

Intendiamoci: alla fin fine si capisce bene chi sono e cosa fanno e perché, ma senza lo spiegone kinghiano, risulta tutto un po’ campato in aria e privo di una logica seria.

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Nerdando in breve

L’Istituto è l’ennesimo adattamento da un romanzo di Stephen King.

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