Ci siamo: uno dei remake più attesi degli ultimi anni è finalmente arrivato sulle nostre piattaforme di gioco! Dopo 21 anni dal suo lancio, Metal Gear Solid 3: Snake Eater ritorna con un’anima totalmente preservata ma un look completamente rinnovato, con la nuova incarnazione intitolata Metal Gear Solid Delta: Snake Eater, con il “delta” raffigurato da un triangolo, proprio per richiamare il numero “3”.
Attenzione: non è da confondere con il porting uscito qualche mese fa che ho recensito per voi sulle pagine di Nerdando e che potrete trovare qui. Questa volta le piattaforme attuali vengono finalmente sfruttate a dovere, e seguitemi nella mia recensione per saperne di più.
Ringrazio tantissimo Konami per avermi spedito una copia di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater per PlayStation 5.
Recensione
Credo che non ci sia molto da dire sulla trama di Metal Gear Solid Delta: Snake Eater che non sia stato già detto quando, nel 2004, questo gioco segnò un po’ l’apice tecnico e creativo della PlayStation 2 (a mio modesto parere, sia chiaro!) e portò la narrazione dell’epopea di Hideo Kojima a creare quello che forse è il vero erede del primo, incredibile, Metal Gear Solid.
La trama di Metal Gear Solid 3 rimane intoccata, e meno male. Siamo nel 1964, in piena Guerra Fredda, e vestiamo i panni di Jack, meglio conosciuto come Naked Snake, inviato dall’unità speciale FOX in una missione di infiltrazione nella giungla sovietica. Il nostro compito? Salvare uno scienziato nucleare, Sokolov. Semplice, no? Ovviamente le cose si complicano quando inaspettatamente il nostro mentore, The Boss, diserta e passa ai sovietici, portando con sé due testate nucleari americane che ovviamente non rimarranno a lungo inesplose.
Quello che seguirà è un racconto di spionaggio, tradimenti, lealtà e sacrificio che ancora oggi, vent’anni dopo, riesce a essere emozionante. La narrazione di Kojima era già fantastica nel 2004, e Konami ha avuto il buon senso di non toccarla. Ogni cutscene è stata ricreata con una fedeltà maniacale, ogni dialogo conserva la sua potenza emotiva originale, ogni personaggio mantiene quella complessità psicologica che aveva reso Snake Eater un unicum nel panorama videoludico.
Il cast di supporto rimane strepitoso: da Ocelot con la sua giovane arroganza e l’ossessione per i revolver, agli inquietanti membri della Cobra Unit, ognuno con le proprie peculiarità e la propria tragica backstory. E poi c’è lei, The Boss, forse il personaggio più complesso mai creato da Kojima, il cui arco narrativo culmina in una delle scene finali più devastanti della storia dei videogiochi.
Gameplay
Qui arriviamo al punto più delicato dell’intera operazione. Come si modernizza un gameplay di vent’anni fa senza snaturarlo? Konami e Virtuos hanno optato per un approccio conservativo ma intelligente. La struttura di base rimane identica: infiltrazione, sopravvivenza, combattimento corpo a corpo e l’iconico sistema di mimetizzazione, reso “divertente” grazie a dei costumi più o meno improponibili.
Le novità più interessanti riguardano le modernizzazioni che sono state inserite, cosa buona e giusta. I controlli infatti sono stati adattati agli standard attuali: addio alla vista dall’alto fissa dell’originale, ora abbiamo una telecamera completamente libera che rende l’esplorazione molto più fluida, grazie alla modalità “Moderna“, selezionabile a inizio partita. Il sistema di mira è stato completamente rifatto, rendendo i combattimenti meno goffi e più precisi. Anche altri piccoli accorgimenti, come la selezione di armi ed equipaggiamento più rapida, sono decisamente benvenuti.
Il sistema di mimetizzazione è stato reso più dinamico: il fango si attacca ai vestiti di Snake, le foglie si attaccano sulla schiena, e tutto questo può influenzare in tempo reale la percentuale di camuffamento. È un tocco di classe che dimostra come si possa rispettare l’originale aggiungendo strati di complessità.
Quello che mi ha colpito di più, però, è come abbiano mantenuto intatta l’anima survival del gioco. Dovrete ancora cacciare animali o raccogliere improbabili funghi per sfamarvi, curare le ferite con degli appositi strumenti (anche in tempo reale, vabbè, sospensione dell’incredulità vieni a me), gestire il vigore e l’impatto che l’equipaggiamento può avere su di esso. In un’epoca di action games frenetici, ritrovare questi ritmi più meditativi è stato quasi terapeutico.
I boss fight rimangono dei piccoli capolavori di game design. Ogni scontro con un membro della Cobra Unit è unico, con pattern specifici e soluzioni alternative che premiano la creatività del giocatore. The End continua a essere uno dei boss più geniali mai concepiti, e rivederlo in questa veste grafica è stata un’emozione pura. Avrei voluto qualche aggiornamento? Forse sì, specie per alcuni boss, ciò non toglie che è tutto estremamente godibile.
L’unico appunto che posso muovere riguarda alcune animazioni che, nonostante il restyling, mostrano ancora l’età del design originale. Certe sequenze di CQC, per quanto migliorate, mantengono una certa rigidità che stride con gli standard moderni. Un minimo di flessibilità in più – ad esempio la possibilità di usare il coltello da accovacciati – sarebbe stato gradito, ma sono dettagli minori in un quadro d’insieme che funziona comunque bene.
Audio e Video
Graficamente, Metal Gear Solid Delta: Snake Eater è uno spettacolo per gli occhi. L’Unreal Engine 5 ha fatto miracoli nel ricreare la giungla sovietica. La vegetazione è lussureggiante e densa, l’illuminazione dinamica crea atmosfere mozzafiato, e il level design originale acquisisce una profondità visiva che nel 2004 potevamo solo immaginare. La possibilità di ruotare la visuale rende il tutto ancora più immersivo.
I modelli dei personaggi principali sono semplicemente straordinari. Il lavoro fatto su Snake è impressionante: ogni ruga, ogni poro della pelle e ogni dettaglio creano un livello di realismo decisamente avanzato. The Boss, Ocelot, Eva e tutti gli altri membri del cast sono stati ricreati con una cura maniacale per i dettagli, mantenendo però quell’estetica distintiva che li rendeva iconici. Avrete anche la possibilità di giocare con dei filtri grafici per tornare indietro di qualche anno, se proprio lo desiderate.
Sulla PS5 Pro, il gioco gira in modalità Performance a 60fps con una qualità visiva eccellente, anche se è stato riscontrato qualche problema di framerate in certe situazioni specifiche. Nel mio playthrough non ho notato particolari cali, ma tenete conto che è già disponibile una patch e sono certo che il supporto non mancherà.
Dal punto di vista audio, Konami ha fatto una scelta coraggiosa: mantenere tutto il doppiaggio originale inglese. David Hayter torna nei panni di Snake con quella voce roca e carismatica che ha definito il personaggio. Il lip-sync non è sempre perfetto, ma l’impatto emotivo delle performance originali rimane intatto. Questo è uno dei rari casi in cui, per un gioco giapponese, non scelgo l’audio giapponese: perché, in questo caso, degli americani dovrebbero parlare la lingua del paese del sol levante?
Le musiche di Harry Gregson-Williams sono state rimasterizzate e suonano meglio che mai. Dal tema principale a “Snake Eater” fino alle tracce più intimiste, ogni brano conserva quella capacità di elevare emotivamente ogni sequenza. Qui gli omaggi al cinema, tanto amato da Kojima, si sprecano, anche dal punto di vista della colonna sonora. Gli effetti sonori sono stati completamente rifatti: dal fruscio delle foglie al rumore dei passi nel fango, tutto contribuisce a creare un’immersione totale nella giungla.
Concludendo
Metal Gear Solid Delta: Snake Eater è esattamente quello che doveva essere: un remake rispettoso che modernizza senza snaturare. Non troverete qui le follie creative di Kojima, non aspettatevi sorprese narrative o stravolgimenti del gameplay. Quello che troverete è uno dei migliori videogiochi mai realizzati, oggi presentato in una veste tecnica che gli rende giustizia e lo rende accessibile a una nuova generazione di giocatori, seppur con qualche minimo limite.
Konami ha dimostrato un timore reverenziale verso l’originale che, se da un lato ha limitato la loro creatività, dall’altro ha garantito che l’essenza di Snake Eater rimanesse intatta. È un approccio conservativo che paga: meglio un remake fedele che un esperimento fallito. Il prezzo di 79,99 euro è “giustificato” dalla qualità dell’operazione e dalla quantità di contenuti extra inclusi, dal ritorno di “Snake vs Monkey” alle varie modalità bonus, anche se personalmente lo trovo un po’ alto. Per chi non ha mai giocato l’originale, questo è il modo definitivo per farlo. Per noi veterani, è l’occasione di rivivere un capolavoro con occhi nuovi.
L’unico, piccolo rammarico è sapere che dietro questo progetto non c’è più la mano di Kojima. Si sente, in certi momenti, l’assenza di quella follia creativa che rendeva unici i suoi giochi e che, in questo caso, avrebbe potuto “aggiornare” ulteriormente la solida storia di questo titolo. Ma Konami ha fatto del suo meglio per onorare quell’eredità, e il risultato è un remake che, pur non aggiungendo nulla di rivoluzionario, riesce a far brillare di nuovo una gemma del gaming, 21 anni dopo.
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Nerdando in Breve
Metal Gear Solid Delta: Snake Eater è un remake fedele e rispettoso di uno dei capolavori assoluti del gaming.
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