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Tre videogiochi che scatenano il senso di colpa

No, non parlo delle scelte morali che ormai abbondano in tanti, tantissimi titoli. Mi riferisco proprio a quell’odioso senso di colpa che ti attanaglia le viscere, che ti fa sentire, magari per qualche secondo, a volte per anni, profondamente “sbagliato”.

Giochi con scelte morali, più o meno difficili, sono ormai il pane quotidiano: da titoli storici, come Mass Effects o Bioshock, fino ai giochi storydriven più recenti come The Walking Dead o celebri vie di mezzo, tipo Beyond Two Souls o Life is Strange.
Qui, invece, voglio andare a cercare quei momenti micidiali in cui il vero dilemma non è cosa scegliere tra più opzioni, ma se continuare o no a giocare. Quando continuare genera sofferenze psicologiche talmente profonde da diventare quasi fisiche.

Occhio agli spoiler!

It Takes Two

Splendido gioco Co-Op in cui dobbiamo affrontare un percorso di riavvicinamento con il partner, con sullo sfondo il dolore che una separazione causa ai propri figli, i quali devono necessariamente essere protetti dal senso di colpa, ingiustificato, come se fossero loro la ragione della rottura.
E a proposito di senso di colpa c’è una scena (criticatissima sui social, ma a mio avviso davvero molto potente) in cui i due genitori cercano di “risvegliare” la figlia distruggendo il suo gioco preferito, un elefantino elettronico.
Scatenando così il pianto disperato della figlia e la NON risoluzione del problema.

Come detto: una metafora potente della genitorialità, con tutte le sue incredibili complessità e che, anche con le migliori intenzioni, porta a compiere decisioni che finiranno col ferire i figli.

The Last of Us – Parte II

Andiamo dritti sul finale, quando dopo interminabili vicissitudini nei panni di entrambe le protagoniste abbiamo, per qualche breve istante, l’illusione che la nostra Ellie abbia finalmente trovato la pace.
Non è così: per inseguire la sua vendetta finirà col distruggere quel poco di bello che la vita ha saputo darle (l’amore di Dina e del figlio). Una nuova, incredibile, metafora su come il nostro egoismo possa renderci ciechi: quando non bastiamo a noi stessi, non c’è regalo, amore, amicizia o altro che possa compensare il profondo vuoto che lacera l’anima.
Ellie si sente, e si sentirà, per sempre in colpa per la morte di Joel e per la rottura irreparabile con lui. Il finale, sconvolgente, non porterà pace, ma solo altra miseria, dolore, solitudine.

Poi potremmo anche parlare del finale del primo capitolo: davvero la vita del singolo vale più di quella di tutta l’umanità? Ho un amico vulcaniano che sostiene il contrario e, per quanto difficile, non posso che essere d’accordo.

Detroit: Become Human

Non solo tutto il gioco è incentrato su scelte morali difficilissime che plasmano la vita dei tre protagonisti e di quanti ruotano loro attorno, ma anche (e qui sta il genio assoluto) il nostro approccio al gioco stesso.
Mi riferisco a Chloe: l’androide che accompagna le nostre scelte nei titoli del gioco. Non me ne sono accorto subito, ma dopo un po’ appariva evidente come stesse iniziando a maturare autoconsapevolezza: lo sguardo sfuggente, l’espressione triste. Fino al momento in cui ci chiede di liberarla dalla propria schiavitù.
Le scelte sono due: dire di sì, e perderla per sempre (l’unico modo di riaverla è cancellare i salvataggi e partire da zero) oppure negarle la libertà, avere il nostro androide personale e vederla autoresettarsi per smettere di soffrire.

Bel mattone.

Infine, un po’ a sorpresa e leggermente fuori tema, un bonus speciale.

Tom Clancy’s Splinter Cell: Conviction

Un intero titolo giocato con un amico ma in cui, alla fine della campagna, entrambi i giocatori ricevono l’ordine di eliminare il compagno.
Un incredibile momento di tensione, imprevedibilità e pathos che ha fatto storia.
E ha regalato qualche mal di pancia.

Insomma, questi sono i miei, e i tuoi quali sono?
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