Articolo a cura di Antonio Petito che trovate qui
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Se ne parlava da anni. Annunciato nel lontano 2021, Havoc sembrava destinato a rimanere nel limbo dei progetti dimenticati, uno di quei film-fantasma intrappolati tra le agende dei produttori e i cassetti delle post-produzioni infinite. Invece no. Qualche mese fa Netflix ne ha finalmente annunciato l’uscita, rilasciandolo ufficialmente il 25 aprile 2025, riconsegnandoci un film targato Gareth Evans e, soprattutto, una possibilità di redenzione per Tom Hardy.
Gareth Evans: L’uomo che ha rivoluzionato l’action
Per chi segue l’action con una certa passione, Gareth Evans non è un nome qualunque, ma il regista che ha riscritto le regole del combattimento corpo a corpo sullo schermo, fondendo coreografie di arti marziali e quantità indegne di piombo, soprattutto grazie ai suoi lavori indonesiani (Merantau e The Raid), diventando -insieme all’attore Iko Uwais, protagonista dei due titoli- un vero e proprio mito per gli amanti del genere.
Poi una lunga pausa, qualche incursione horror e televisiva (vedi Apostle e Gangs of London) e infine Havoc.
Havoc: Sinossi
Siamo in una città corrotta fino al midollo. Dopo una retata andata male, il detective Walker (Tom Hardy) si ritrova coinvolto in una spirale di violenza che lo costringe a farsi strada – a suon di cazzotti, proiettili e decisioni discutibili – tra le viscere del crimine organizzato. La sua missione? Salvare il figlio di un politico locale e scoperchiare il vaso di Pandora. Non mancano poliziotti corrotti, traffici loschi, tradimenti e quella costante sensazione di essere in un incubo urbano da cui non si può uscire illesi.
Gareth Evans: Coreografo del disordine
Come detto in precedenza, con questo film Evans torna alle origini, ma stavolta strizzando l’occhio alla “cattiveria stilistica” degli action dei primi anni ‘90, piuttosto che all’eleganza dell’immaginario asiatico abbondantemente citata nei suoi primi lavori.
Havoc è quindi un “videogiocone” che non si vergogna di esserlo: proiettili infiniti, schizzi di sangue degni di un fumetto di Garth Ennis, devastazione ambientale e movimenti di macchina super-esagerati, caotici, a tratti quasi ubriacanti. Le inquadrature si stringono, si muovono, si sporcano, dando vita a un film grezzo, dove il senso di disorientamento è cercato e riflette i lati più oscuri della storia.
Presentato così sembra uno strano esercizio di stile, eppure in realtà funziona. Perché a ogni sparatoria, a ogni colluttazione, si respira un senso di oppressione autentico, che trasporta lo spettatore dentro un mondo marcio, in cui anche l’aria sembra contaminata da corruzione e dolore.
Tra peccato e redenzione
Parlando della scrittura, come nei migliori film di Evans, c’è un’ossessione tematica che riaffiora: la redenzione. Il protagonista è un uomo spezzato, un poliziotto che ha fatto troppe scelte sbagliate e che, nel mezzo del caos, cerca disperatamente un’occasione per rimettere a posto almeno una cosa. È un tema ricorrente nei suoi lavori: l’idea che la violenza possa essere non solo distruzione, ma anche un mezzo attraverso cui espiare qualcosa. In Havoc, questo messaggio è sepolto sotto una coltre di piombo e fango, ma c’è. E dà spessore a un personaggio che, altrimenti, sarebbe solo l’ennesimo duro con il grugno incavato.
E a proposito di grugni, Tom Hardy, dopo anni di alti, bassi e scelte discutibili, trova finalmente un ruolo che sembra cucito su misura per lui. Sia chiaro, non parliamo di una performance da premio, ma è un ritorno a una fisicità più credibile e a uno sguardo che racconta una storia, senza sfociare nei meme involontari. Evans lo dirige con mano sicura, lasciandogli lo spazio per essere un’icona d’azione senza trasformarlo in una caricatura. È abbastanza per dire che Tom Hardy è tornato? Forse sì. Sicuramente è un passo avanti, ed è bello rivederlo muoversi con un senso dentro a un film che ha un’idea chiara della propria identità.
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Havoc è un film da recuperare?
Havoc non è un film perfetto. È sfilacciato in certi punti, ripetitivo in altri, ma ha un’identità forte, una regia che osa e una voglia matta di sporcare lo schermo con un’energia quasi animalesca. In un panorama in cui l’action sta diventando molto più elegante, Evans rimescola le carte con un film che, dopo tanti pugni, offre una carezza per chi ha nostalgia del cinema d’azione di una trentina d’anni fa.
Detto ciò, dategli una chance; difficilmente ve ne pentirete.
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