Correva l’anno 2010 e mi accingevo, per la prima volta, a giocare a Modern Warfare 2 sulla Xbox 360 di un caro amico.
Improvvisamente, tra un momento di stupore meravigliato e l’altro, vedo apparire una notifica con tanto di 10G annesso. È stato l’inizio della fine. Nemmeno sapevo di essere un completista, ma da quel momento in poi (o meglio: dal momento dell’acquisto della mia console in poi) ho iniziato a misurare il livello di utilizzo di un videogioco sulla base degli obiettivi/trofei sbloccati.
Il mio ragionamento era semplice: se ho sbloccato tutto, allora vuol dire che ho sviscerato il gioco. Posso disinstallarlo, metterlo via e/o rivenderlo.
Inizia così una china in cui inizio ad andare a caccia di guide, wiki, walkthrough e quant’altro il web mi metta a disposizione per completare tutti i giochi che compro. Ma è solo l’inizio di un pericoloso trend, perché il passaggio successivo è stato quello di controllare quanto tempo ci voleva a completare un gioco, prima di prenderlo, e ancor prima di valutare il mio effettivo interesse per quel gioco.
Grosso balzo in avanti: arriva il Game Pass e questo fa lievitare il mio punteggio giocatore. Non solo: se trovo giochi che possono essere sbloccati in poco tempo, li installo giusto il tempo di completarli, aggiudicandomi così i 1000G, e poi via nel dimenticatoio. Ancor peggio: provo un profondo senso di frustrazione se non riesco a completare un gioco, e di diabolico fastidio per quei giochi che ti sbloccano un obiettivo nei primissimi minuti, spingendoti a giocarli anche se non ti piacciono. Vi rendete conto della distorsione? Investire tempo (per quanto poco) in giochi di cui non mi frega nulla solo perché sono facili da completare.
Insomma: credo che il punto sia chiaro. Il mio focus si è spostato dal medium al meta. Il gioco è praticamente scomparso, in favore degli obiettivi e punteggi associati ad esso. Dov’è finito il divertimento? Completare un gioco dovrebbe essere soddisfacente: un coronamento, una glorificazione. Un mezzo, certo non il fine.
Col passare degli anni sono dovuto scendere a compromessi: il tempo è sempre meno e alcuni giochi sono davvero troppo lunghi. Alcuni li ho ripresi per completarli anni dopo, magari in momenti di stanca o per recuperare titoli che erano stati surclassati dall’arrivo di qualche tripla A. Oppure perché in attesa di risoluzione dei bug (come AC:Valhalla). Ma in libreria ho una serie di cadaveri illimitata, tutti a zero G o con una manciata di obiettivi.
Per un lungo periodo mi ero fissato con le statistiche, ma ora ho smesso di controllare: vedermi sotto al 50% fa troppo male.
Ma il punto, ora, è un altro: mi è capitato, recentemente, di imbattermi in un DLC colossale, almeno 40 ore di gioco. Nessun trofeo/obiettivo.
Devo ammettere con me stesso che la spinta a giocarlo e a sviscerarlo tutto viene a mancare: sembra fine a se stesso, non ho gli stimoli per andare a perlustrare ogni anfratto.
Altro esempio: giochi che richiedono tre run minime, centinaia di collezionabili, eventi incrociati che invalidano i trofei costringendo a ripartire da capo. Li guardo, li studio, li analizzo e poi decido di non giocare, non iniziare nemmeno. Oppure di scendere a patti con me stesso e sapere che mi fermerò ad un certo punto, e prendere questa come premessa ineluttabile, pena ore di frustrazione e malumore).
Prima di chiudere la mia riflessione, eccovi un paio di mie statistiche:
- Xbox:
- Giochi giocati: 482
- Giochi completati: 250
- Gamescore: 252.026
- PS:
- Giochi giocati: 50
- Giochi completati: 6
- XP: 19.935
Le mie giornate migliori: il 15 gennaio 2021 (51 obiettivi sbloccati) e il 18 settembre 2022 (2090 gamescore acquisiti). Migliore Streak: 52 giorni con almeno un obiettivo sbloccato.
Non posso fare a meno di chiedermi come cambieranno queste statistiche tra il giorno in cui chiuderò l’articolo e quello in cui leggerete. Forse dovrei tornare di tanto in tanto ad aggiornarlo?
Capite il livello di disagio?
Insomma: mio malgrado sono arrivato alla conclusione che i trofei hanno rovinato i videogiochi.
Eppure sono partito a giocare, negli anni ’90, quando il fine ultimo del medium era anche il primo: intrattenere e divertire. Se corro indietro con la mente ripenso a titoli che mi hanno appassionato per ore ed ore, che ho giocato e rigiocato e finito e rifinito solo per il gusto di farlo. The Secret of Monkey Island, ad esempio, e poi anche Eye of the Beholder 2, Centurion, Player Manager, e molti, moltissimi altri in cui l’unico scopo era quello di passare qualche ora serena.
Da vecchio nerd quale sono, sono anche abbastanza disincantato: so bene che il meccanismo del trofeo è un capolavoro di psicologia sociale. Da un lato c’è la gratificazione immensa (spesso inconscia) nel vedere coronare con un “premio” lo sforzo individuale: è il meccanismo che sta alla base della gamification. Vi siete mai chiesti perché quando apriamo una mistery box (mi vengono in mente quelle di Injustice 2) c’è sempre un’animazione che ne ritarda lo svelamento?
Il motivo è semplice: quel secondo di attesa è parte integrante del piacere in sé. L’attesa aumenta la sensazione di appagamento nella scoperta del premio. Da lì a renderle qualcosa di acquistabile il passo è breve e infatti non è un caso se sono state equiparate al gioco d’azzardo, per la loro capacità di creare ludopatia.
Anche perché, come per ogni tossina, il grado di soddisfazione dura sempre meno e ci porta a reiterare ancora e ancora quel comportamento per esperire di nuovo quella breve ma intensa scarica di serotonina.
Dall’altra parte c’è il meccanismo perverso del mordi e fuggi e mettere a disposizione trofei che richiedono più run o decine di ore di gioco non fa che aumentare il tempo di adoption da parte dei giocatori, elemento che ovviamente decreta indirettamente il successo di un titolo. Immaginate un gioco presente su Game Pass che richieda decine e decine di ore per essere completato perché, oltre ai vari incroci di quest e finali alternativi, si fregia di un drop rate degli oggetti semplicemente scellerato (vero, Lords of the Fallen?). Chiaro che più ore un gioco presente su Game Pass viene giocato e maggiore sarà il suo “successo”. Ma non è questo forse un modo subdolo di pompare il “successo” di un gioco?
Ultimamente si sta parlando di introdurre il concetto di “platino” anche su Xbox, ma invece forse sarebbe giunto il momento di smantellare l’intero impianto e tornare a concentrarsi sull’aspetto prettamente ludico. E voi che ne pensate?
Vuoi chiacchierare e giocare con noi? Vienici a trovare sul nostro Server Discord e sul nostro Gruppo Telegram.