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Level 16 – Un collegio davvero esclusivo

Recensione

Passato un po’ sotto silenzio come pellicola di nicchia, Level 16 è un film distopico uscito nel 2019 per la regia di Danishka Esterhazy che, a discapito del nome (e della lingua parlata da alcuni degli interpreti) non è girato in Russia ma in Canada.

Trama

Dire di cosa parla è allo stesso tempo facile e difficilissimo, per non cadere nella banalità. In breve troviamo un gruppo di ragazze che vivono all’interno di un collegio esclusivo, l’Accademia Vestalis, dalle tinte decisamente autoritarie che molto ricordano 1984, ma che le instrada verso un futuro luminoso e felice.

A causa della tossicità dell’aria, infatti, le ragazze vengono tenute protette nella struttura ed educate ad essere delle ragazze “modello” così da poi essere scelte da potenziali nuovi genitori altamente facoltosi che daranno loro una vita splendidamente agiata.

Col passare del tempo, però, iniziamo a scoprire che le tinte metallo della fotografia ben rispecchiano la durezza della loro vita: una vita in cui l’amicizia tra ragazze è scoraggiata, così come il farsi domande. L’educazione è impartita da video arcaici ripetuti allo sfinimento e l’unica distrazione è la serata “cinema” in cui viene mostrata sempre la stessa selezione di film in bianco e nero.

Non solo: trasgredire le regole vuol dire incappare in punizioni corporali tanto misteriose quanto spaventose, e allo stesso tempo è incoraggiata la denuncia in caso di comportamenti “impuri”. Niente di lontanamente vicino al sesso, poiché basta solo porsi una domanda di troppo per finire sotto le attenzioni delle guardie.

Le ragazze, anno dopo anno, si preparano così: imparano i lavori più umili, sono tenute nell’analfabetismo e, se sono brave, avanzano di livello fino al massimo il Livello 16, oltre al quale saranno quindi pronte per l’adozione.
La protagonista è Vivien, che una volta arrivata all’ultimo livello incontra una vecchia “amica” la quale le suggerisce di fingere di prendere le vitamine che vengono loro somministrate ogni giorno.

Mi fermo qui, il resto è spoiler. Ma avete capito che siamo nel classico esempio di prigionia distopica in cui nulla è come sembra davvero.

Analisi

Pur non brillando per originalità – The Island e La fuga di Logan sono solo i primi che mi vengono in mente – Level 16 mi incuriosito per la sua narrazione asciutta e la fotografia essenziale, oserei dire tipicamente sovietica. La claustrofobia di un mondo fatto da poche stanze e ancor meno corridoi, in cui la delazione e la paura sono cardini portanti, addomesticati a dovere dalla chimera di un futuro radioso, mi ha ricordato senza troppi mezzi termini la dittatura comunista russa, in cui il castello di bugie su un fantomatico futuro radioso portava milioni di persone ad accettare condizioni di vita disumane.

In Level 16 il tutto fa ancora più male, e segna nel profondo, perché a farne le spese sono giovani ragazze allevate come animali, e messe in condizione di controllarsi a vicenda secondo il più prosaico del divide et impera. In questa distopia in cui la speranza di vedere un giorno la luna rappresenta il più profondo e proibito dei sogni, accompagniamo Vivien, Rita, Sophia, Ava, Audrey, Grace e altre giovanissime ragazze dalla non casuale bellezza, nel loro viaggio di risveglio e scoperta, ribellione e lotta. E se i nomi che vi ho elencato (e potrei farne altri) vi hanno suscitato qualche vago brivido, sappiate che nemmeno quello è stato fatto a caso.

Conclusione

Oltre al pregevole lavoro di regia e fotografia già citati, spiccano le interpretazioni della giovanissima Katie Douglas (alcuni film e numerose serie TV al suo attivo) e di Sara Canning, la terribile ed eterea direttrice del collegio.
Level 16 non sarà una pietra miliare, ne convengo, ma le due ore che investirete nel guardarlo sono davvero ben spese. Ben lontano dai risvolti action dell’industria USA, questo film distopico mantiene quel che promette, accompagnandovi in un percorso inesorabile e disperato.

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