I miei ricordi
Quando al cinema è uscito Winnie the Pooh: Nuove avventure nel bosco dei 100 Acri, era il 2011: la sottoscritta aveva 15 anni e l’ultima cosa che aveva in mente era andare in sala a vedere le storie di un orsacchiotto con cui non aveva legami affettivi. Perciò, così come con il capitolo precedente, Le avventure di Winnie the Pooh, anche di questo classico non ho ricordi. L’ho guardato su Disney+ appositamente per scrivere quanto state leggendo, ma questa volta non mi sono commossa. Come mai?
Curiosità
Anche Winnie the Pooh: Nuove avventure nel bosco dei 100 Acri si ispira ai racconti di Alan Alexander Milne, scrittore britannico vissuto a cavallo fra XIX e XX secolo. In particolare, il film di cui parliamo oggi viene considerato un revival di Le avventure di Winnie the Pooh, che usciva in sala nel 1977. In quello, vedevamo una serie di racconti brevi animati, accomunati dall’essere i capitoli del libro che il narratore ci sta leggendo; in questo, invece, il filo conduttore è l’onnipresente fame dell’orsetto Pooh.
Michele Kalamera (mancato a luglio di quest’anno), presta la voce al narratore che ci accompagna nella cameretta di Christopher Robin, in cui si trova il libro di Milne, che viene aperto al primo capitolo: lì c’è un orsetto il cui pancino brontola rumorosamente. Per placare il borbottio, Pooh inizia una ricerca che immancabilmente coinvolgerà i celebri abitanti del Bosco dei 100 Acri. Dovrà infatti aiutare l’amico Ih-Oh a ritrovare la sua coda, si ritroverà a tendere un agguato al famigerato mostro ApPresto e a dover uscire da una trappola in cui è caduto suo malgrado.
Le storie riprendono molto lo stile del film precedente, sia per il tipo di animazione (quella tradizionale, da cui Disney aveva già mostrato volersi distaccare con altre pellicole, fra cui il precedente classico: Rapunzel), sia per il tipo di comicità. Ogni snodo narrativo deriva infatti da una buffa incomprensione fra i personaggi: emblematico in tal senso il caso dell’ApPresto, che non è un temibile mostro come Uffa induce il gruppo a credere, ma una semplice forma di saluto apposta da Christopher Robin in calce a una lettera.
Comunque, se andate a cercare film o cartoni animati di Winnie Pooh, ne trovate parecchi (molti precedenti a quello di cui parliamo oggi): ma allora come mai questo qui viene considerato solo il secondo? Perché, benché di animazione legata all’orsetto ce ne sia stata parecchia, Winnie the Pooh: Nuove avventure nel bosco dei 100 Acri è il secondo a essere stato prodotto da Walt Disney Animation Studios: tutti gli altri sono stati prodotti da DisneyToon Studios e quindi non sono considerati prodotti ufficiali.
Infine, se decidete di guardarlo su Disney+ sappiate che dopo 18 minuti (circa) di titoli di coda, trovate una scena post credits. Guardare film mentre si sbuccia la verdura per il pranzo è un ottimo modo per scoprire questo genere di trivia.
Colonna sonora
La colonna sonora di Winnie the Pooh – Nuove avventure nel Bosco dei 100 Acri riprende il tema portante del classico del 1977, aggiungendo parti inedite. A curarla ci ha pensato Henry Jackman, che oltre a questa ha composto quelle di altre celebri pellicole fra cui Big Hero 6, Ralph Spaccatutto (e Spacca Internet) e i vari Kingsman.
Le numerose canzoni sono invece state composte e musicate dalla coppia Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez, il duo che ci ha portato Remember me di Coco ma, soprattutto, la famosissima Let it go di Frozen – Il regno di ghiaccio.
Com’è invecchiato
Così come il capitolo precedente, Winnie the Pooh – Nuove avventure nel Bosco dei 100 Acri è invecchiato molto degnamente. Complice il fatto che il 2011 non è poi così lontano, direi che la stravaganza degli abitanti del bosco si dimostra immune allo scorrere del tempo. Nel regno della fantasia di Christopher Robin non c’è spazio-tempo che regga: benché le stagioni continuino a susseguirsi una dopo l’altra, non sembra che la vecchiaia riesca a intaccarne le creature. L’ingenuità naif che caratterizza tutti i personaggi, soprattutto l’orsetto, consente di renderne le stramberie sempre attuali e contemporaneamente mai presenti. Adatto a tutte le età (forse, soprattutto, alla prima infanzia), il cinquantunesimo classico sembra intramontabile così come il capitolo precedente.
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