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Il primo caffè della giornata – Le regole per viaggiare nel tempo

Recensione

Fresco fresco di stampa (è uscito infatti proprio quest’anno), Toshikazu Kawaguchi torna a farci viaggiare nel tempo: un pretesto narrativo affascinante che costituisce il punto di partenza per un viaggio ben più complesso, quello all’interno dei sentimenti e delle emozioni umane.

Mi sono avvicinato a questo libro quasi per caso: ascoltando un brevissimo plot alla radio, ho capito al volo che sarebbe stata la mia lettura estiva. Quello che non sapevo, però, era che Il primo caffè della giornata è il terzo libro di Toshikazu Kawaguchi ambientato in una caffetteria molto particolare: all’interno c’è una sedia, occupata da un fantasma, che quando viene lasciata libera, una volta al giorno e per un breve periodo di tempo, consente ad altri avventori di sedersi, venire serviti di un caffè caldo, e viaggiare nel tempo.

Viaggio nel tempo

Ci sono però delle regole ferree: nulla di quello che verrà fatto dal viaggiatore, nel passato o nel futuro, potrà in alcun modo cambiare il corso degli eventi. Il viaggio può essere fatto solo all’interno della caffetteria stessa, allo scopo quindi di incontrare qualcuno che è già passato da lì (o che passerà di lì successivamente). Infine: il viaggio può durare solo finché il caffè servito resta caldo, dopodiché il caffè deve essere bevuto, pena il non poter tornare a casa.

A che scopo quindi viaggiare nel tempo con restrizioni così pressanti?
Il fascino di questo breve romanzo sta proprio qui. Come nei due libri precedenti, Finché il caffè è caldo e Basta un caffè per essere felici, l’autore sfrutta questo espediente narrativo, quasi un McGuffin, come punto di partenza e arrivo per un viaggio intimo e personale dei protagonisti che affollano la caffetteria: ognuno di loro ha un preciso motivo per volere (o non volere) viaggiare nel tempo: incontrare qualcuno che non c’è più, scoprire qualcosa sul proprio passato, fare pace coi propri demoni.

La struttura del romanzo, così come i due predecessori, è composta da quattro capitoli con personaggi che tornano pagina dopo pagina, spesso introdotti in un capitolo e poi ripresentati successivamente. Impariamo così a scoprirne le peculiarità poco per volta, mentre poco per volta scopriamo anche cose sulla grande città di Hakodate (la terza più popolosa dell’isola di Hokkaidō), dove il caffè trova posto, e sulle sue proprietarie, strettamente connesse al caffè di Tokio in cui sono invece ambientati i primi due.

Conclusioni

Il primo caffè della giornata ha fatto fare anche a me un enorme viaggio: nella cultura giapponese, che così poco conosco e che così tanto aliena mi suona. Negli usi e nei costumi di persone e lontanissime da me e dalla mia quotidianità e che, nel loro intimo, nascondono le stesse emozioni, speranze, sogni e sentimenti di noi tutti. Un’ennesima dimostrazione di quanto siamo uguali, pur essendo così diversi.

Non sempre mi è stato facile capire i meccanismi mentali dei protagonisti, proprio per via del gap culturale che mi separa da una società così collettivista come quella giapponese, ma il suo fascino è stato folgorante e non vedo l’ora di recuperare i primi due libri.

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