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Only Murders in the Building – Un giallo breve ma bello

Amanti dei gialli estivi, Only Murders in the Building fa per noi. È davvero una serie estiva? No, in realtà è ambientata in una fredda New York invernale, ma per quanto mi riguarda l’estate non è tale senza Settimana Enigmistica, frullati e detective fortuiti (e spesso un po’ in su con l’età) che risolvono i crimini più contorti sotto il naso della polizia.

Trama

Dopo Miss Marple e Poirot, il quartetto de I delitti del Barlume, Don Matteo o la zia dell’ispettore Rubino ne Il Commissario Manara, ecco altri amabili esponenti della terza età cimentarsi in indagini che altrimenti non vedrebbero soluzione.

In Only Murders in the Building, Charles-Haden Savage (Steve Martin) e Oliver Putnam (Martin Short) vestono i panni di due condòmini nella cui palazzina viene rinvenuto un cadavere. Quando nell’Arconia, questo il nome del palazzo, viene attivato l’allarme antincendio, tutti i residenti si rifugiano nel bar lì vicino ed è lì, a uno dei tavolini, che i due signori iniziano una conoscenza che li porterà a fare squadra per il resto della serie.

Al duo si unisce subito Mabel Mora (Selena Gomez), ventottenne aspirante artista che cerca di iniziare una nuova vita nell’Upper West Side. Cosa accomuna la giovane donna a Charles, ex attore ancora famoso, e Oliver, direttore di Broadway caduto in disgrazia finanziaria? La passione per i podcast di true crime. Il trio, ossessionato da All Is Not OK in Oklahoma, si ritrova in men che non si dica ad aprire un proprio podcast, Only Murders in the Building, in cui raccontano le proprie ricerche sull’assassino che ha seminato il panico nel palazzo.

Per ovvie ragioni non mi dilungherò ulteriormente sulla trama, che ogni informazione è tacciabile di spoiler, ma lasciate che vi dia tre buoni motivi per vederla.

La fotografia

Only Murders in the Building ha una fotografia curata al minimo dettaglio e in più di un’occasione mi sono ritrovata a verbalizzare un “ma che bella inquadratura!” a voce alta (chiedere conferma a @FrankieDedo). Per certi versi sembra un quadro di Mondrian, con molte linee perpendicolari (dovute alla struttura dell’Arconia) i cui quadrilateri vengono riempiti di tinte sgargianti. I protagonisti sfoggiano spesso indumenti monocromatici riempiti di colori primari o secondari, saltuariamente abbinati fra complementari (per dire: se Mabel è in giallo, molto probabilmente Oliver avrà un cappotto viola).

A questo si aggiungono location che trasudano ricchezza, con carte da parati geometriche e mobili il cui stile rispecchia perfettamente il carattere di chi abita l’appartamento. Avete presente la teoria della Carica dei 101, secondo cui ogni cane assomiglia al proprio padrone? Ecco, qui è la stessa cosa, ma con gli interni del palazzo.

I punti di vista

La prima stagione (che trovate interamente su Disney+) è composta da 10 episodi, ciascuno dei quali ha un narratore differente. Tolte le puntate introduttive, in cui il trio principale ci viene presentato in maniera pressoché organica, il resto porta avanti la storia mostrando un taglio via via differente.

C’è l’episodio la cui voce narrante è quella della Detective Williams, addetta formalmente all’indagine sull’omicidio di Tim Kono, ma anche quello in cui la voce narrante è Theo Dimas, una persona affetta da sordità. In questa puntata in particolare, i dialoghi sono ridotti all’osso e viene dato tantissimo spazio al linguaggio dei segni, a quello non verbale e a delle inquadrature che parlano da sole.

Onestamente trovo che la continua alternanza di punti di vista sia un dettaglio che rende l’intera serie assolutamente non banale.

L’originalità

Magari voi ci arrivate prima, ma ammetto di aver preso tanti granchi prima di realizzare chi fosse davvero la persona responsabile dell’omicidio. Only Murders in the Building cuce diverse chiavi di lettura e trame differenti, depistando chi guarda circa ciò che davvero sta avvenendo.

Non c’è giallo migliore di quello che ti spinge a farti una tua indagine personale (non solo una caccia al colpevole, ma anche movente, prove e arma del delitto), illuderti di aver risolto il caso e poi sorprenderti sul finale.

È questo uno di quei gialli? Abbastanza sì, e avendolo visto subito dopo aver terminato Un té a Chaverton House di Gazzola e Negli occhi di chi guarda di Malvaldi, la mia sete di gialli estivi può dirsi soddisfatta, almeno per un po’.

In Conclusione

Vale la pena di recuperare Only Murders in the Building? Se vi piacciono i gialli, secondo me sì.

L’unico difetto (se tale si può definire) è che c’è un eccessivo manierismo nell’inclusività. Per carità, bellissimo intento, ma il fatto che ci siano una persona con disabilità, una persona gay, una persona lesbica (che è anche nera e grassa) e diverse comparse con tratti somatici non occidentali, mi ha dato più l’idea di voler spuntare la checklist delle minoranze, che di aver interiorizzato la presenza delle stesse in una serie tv.

Se uno di quei personaggi fosse stato il protagonista della serie, probabilmente il focus della trama avrebbe girato più intorno alla diversità in questione che alle indagini vere e proprie, ed ecco che di nuovo solo i corpi conformi allo standard hanno i ruoli principali e a tutti gli altri restano quelli di comparse. Che, siamo d’accordo, almeno compaiono e già pare un passo avanti; ma possiamo accontentarci? Io dico di no, ma tant’è.

Manierismo a parte, Only Murders in the Building è davvero una serie che mi ha appassionata e coinvolta moltissimo e che quindi vi consiglio caldamente. A quando scrivo, su Diseny+ sta uscendo la seconda stagione: un nuovo episodio ogni martedì, attualmente disponibili i primi quattro. Ho già iniziato a guardarla? Ovviamente sì, e promette altrettanto bene.

Nerdando in breve

Only Murders in the Building è una serie breve ma bella: dieci episodi, tre protagonisti [di cui una è Selena Gomez e se siete di chi guardava I maghi diWeaverly, l’amerete], un omicidio e un podcast di true crime improvvisato ma efficace. Un eccellente giallo estivo, da gustare con occhi aperti e sguardo attento ai dettagli.

Trailer

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