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NerDisney #15 – Lilli e il vagabondo

Lilli e il vagabondo

I miei ricordi

Ci siamo salutati sull’Isola che non c’è ma con l’appuntamento numero 15 di NerDisney torniamo negli Stati Uniti per la storia più romantica mai realizzata con dei cani protagonisti. Il nostro viaggio nei classici Disney prosegue infatti con Lilli e il vagabondo, uscito nel 1955.

Personalmente, sono molto affezionata a questo classico, che fa parte di quelli che ho guardato e riguardato più volte fin da piccola. La mia t-shirt a tema e il fatto che abbia un Cavalier King Charles Spaniel, forse, non possono che confermare la mia lunghissima storia d’amore con Lilli e il vagabondo, che dura ancora oggi.

A conquistarmi, da bambina, sicuramente l’aspetto della protagonista Lilli: elegante, dolce e tenera. Ma anche la storia in generale, l’immancabile lieto fine, la colonna sonora e gli incredibili sfondi (che mi ricordavano un po’ Mary Poppins e che mi lasciavano a bocca aperta ad ogni nuova visione).

Lilli e il vagabondo è liberamente ispirato al racconto Happy Dan, The Whistling Dog di Ward Greene ma l’idea originale è tutta farina del sacco dello sceneggiatore Joe Grant, che si era ispirato alla sua Springer Spaniel di nome Lady. Dal racconto di Greene, invece, viene quasi totalmente ripreso il personaggio di Biagio e l’idea del suo inserimento è di Walt Disney in persona.

Trama

Nella notte di Natale del 1909 la cockerina Lilli entra nelle vite di Gianni Caro e Tesoro. La cucciola cresce coccolata e circondata dall’affetto dei suoi umani, coltivando l’amicizia con i due cani vicini di casa, Whiskey e Fido.
Dopo qualche tempo, però, l’atteggiamento degli umani sembra cambiare: appaiono distratti, preoccupati e concentrati su qualcosa di nuovo: Tesoro aspetta un bambino.

Una volta nato il bambino, Lilli deve adeguarsi ad una nuova normalità ma accetta di buon grado il nuovo membro della famiglia. Quando però Gianni Caro e Tesoro devono partire per un viaggio, è Lilli a badare al bambino insieme a Zia Sara, che non ama molto i cani, e ai suoi due pestiferi gatti siamesi. A causa di alcuni malintesi, Zia Sara decide di dotare Lilli di una museruola: la cagnetta, spaventata, fugge e solo l’intervento di Biagio, un cane randagio, la salva dai pericoli della strada.

Nonostante il cattivo rapporto con Zia Sara e gli ammonimenti di Biagio sulla falsa natura degli umani, Lilli è decisa a tornare a casa: i due così intraprendono un viaggio nel corso del quale avranno modo di conoscersi meglio e innamorarsi.

Colonna sonora

Lo dicevo all’inizio: la colonna sonora è uno degli elementi che, ai tempi, mi fece amare Lilli e il vagabondo. La musica strumentale è a cura di Oliver Wallace mentre le canzoni sono state scritte da Peggy Lee e Sonny Burke. Tra le canzoni più famose, sicuramente “Bella notte” (che è anche la mia preferita), che fa da commento sonoro alla scena più iconica del film, ma anche “La La Lù“, “È un briccon” e “The Siamese Cat Song“.
Una colonna sonora che, in generale, è fortemente connotata negli anni Cinquanta ma riesce a restare impressa anche nello spettatore di oggi.

Curiosità

Come dicevamo, “Bella Notte” fa da sfondo alla sequenza più famosa e rimasta nell’immaginario comune quando parliamo di Lilli e il vagabondo: la cena a lume di candela dei protagonisti ai ristorante di Tony (immagine che, non a caso, è ripresa anche nella mia t-shirt). Una scena di grandissima fortuna che… ha rischiato di non essere inclusa nel montaggio finale. Walt Disney, infatti, era disposto ad eliminarla, non considerandola sufficientemente romantica. Fu l’animatore Frank Thomas a battersi per mantenerla: la realizzò da solo e il risultato riuscì a convincere Disney a mantenerla nella pellicola. Mai presa di posizione fu più azzeccata!

Lilli e il vagabondo è il primo lungometraggio animato ad essere girato in Cinemascope. Il nuovo formato, infatti, stava riscuotendo un grandissimo successo e si decise di tentare l’esperimento. L’effetto finale è altamente cinematografico ma la scelta mise gli animatori di fronte a più di un problema: si dovettero allargare i gruppi per evitare l’effetto di uno schermo troppo vuoto, allungare i tempi per evitare stacchi troppo frequenti e di conseguenza fastidiosi per lo sguardo, diminuire i primi piani. Inoltre, non tutti i cinema erano ancora attrezzati per trasmettere in Cinemascope. Lilli e il vagabondo venne quindi distribuito in due formati, a seguito di un grandissimo lavoro da parte degli animatori, che dovettero rimettere mano a molte sequenze per poterle adattare ad entrambi i formati.

Com’è invecchiato

Oggi, su Disney+, Lilli e il vagabondo viene mostrato in versione integrale ma preceduto da un disclaimer che spiega come il film vada contestualizzato nell’epoca in cui è stato realizzato e, per questo, possa contenere rappresentazioni stereotipate non al passo con i tempi attuali. Sicuramente, l’esempio più rappresentativo del “problema” è la canzone dei gatti siamesi.
Al di là di questo, Lilli e il vagabondo è invecchiato piuttosto bene e, tra i classici che abbiamo incontrato finora, è uno di quelli che hanno retto meglio alla prova del tempo.

Era già successo con altri titoli, ma con Lilli e il vagabondo Disney imbocca decisamente la strada delle grandi storie, spingendo sul pedale dell’emozione. Pur essendo fortemente connotato nella sua epoca (anche con il doppiaggio italiano, molto impostato e formale), il film è in grado di catturare spettatori anche nel 2022, permettendo loro di “sognar nell’incanto della notte” ancora una volta.

Il live action

L’universalità della storia (e soprattutto delle emozioni) di Lilli e il vagabondo è stata notata anche da Disney che, nell’epoca d’oro dei remake live action, non ha mancato di riproporre anche questo nuovo classico in una nuova veste.
Lilli e il vagabondo è uscito nel 2019 ed è stato interpretato da attori in carne ed ossa per le figure umane e veri cani, addestrati e ritoccati al computer, per i protagonisti canini.

Il live action riprende a grandi linee la storia già vista nel cartone animato, approfondendo alcuni passaggi e cambiandone altri. La colonna sonora è ripresa fedelmente ad eccezione, come era lecito aspettarsi, della canzone dei gatti siamesi, completamente riscritta e intitolata “What a Shame“.
In generale, comunque, si tratta di un buon prodotto che, tuttavia, non riesce ad eguagliare la magia dell’originale. Almeno agli occhi di uno spettatore di vecchia data.

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