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Resident Evil Village – Il Villaggio delle Ombre

Siete mai stati in Romania? Io no, anche se è tra le mete che ho intenzione di raggiungere una volta che si potrà viaggiare di nuovo, però ne ho un’immagine molto precisa in mente.
Mettiamola così: se non troverò le cose che ho visto in Resident Evil Village, potrei restare molto deluso.
Sì: intendo proprio con vampiri, lupi mannari, donne giganti e il landscape di una bellezza struggente.

Recensione

Andiamo con ordine e mettiamoci comodi perché c’è molto di cui discutere in merito a questo ottavo capitolo.
Resident Evil è una delle saghe più celebri della storia videoludica, al punto che anche mia madre ne ha sentito parlare. Una serie che compie 25 anni e che ha chiamato quindi Capcom all’arduo compito di mettere d’accordo un bel po’ di persone diverse: i nostalgici, i fan di lunga data, chi l’ha scoperta grazie ai recenti remake, chi ama le evoluzioni, chi invece preferisce i rimandi al passato.

Una cosa è certa: se siete tra coloro che sono passati di colpo dal remake di RE:2 a RE:VIII, rimarrete sicuramente sconvolti dal passaggio, perché avrete da chiedervi se davvero i due titoli fanno parte del medesimo franchise.
La prima cosa da dire è che Resident Evil Village si colloca come seguito diretto di RE7 Biohazard ed è la prima volta che succede. Questo vuol dire due cose: bisogna conoscere gli eventi del gioco precedente, e: possiamo aspettarci tranquillamente un terzo capitolo a chiusura di questa trilogia.

Esatto: Resident Evil Village è certamente un capitolo intermedio, chiamato a chiarire un po’ di cose lasciate in sospeso con il precedente e a dare il via alla chiusura della storia. Non solo: un approccio di questo tipo giocoforza deve spingere l’acceleratore sulla componente narrativa. Non che sia mai mancata la lore in questo franchise, ma tutto sommato era una componente limitata. Non dimentichiamo che la storia di RE:2 (il mio preferito) è condensabile in una frase: scappiamo dalla centrale di polizia. Certo poi c’è tutta la fase esplorativa in cui si scoprono le origini del virus, il destino di alcuni personaggi e così via. Ma non è certamente un titolo story driven.

Ma torniamo a noi e alla storia del povero Ethan.

Trama

Questo potrebbe essere il paragrafo più corto di sempre: Resident Evil Village è un titolo da vivere momento per momento, esplorando ogni angolo, leggendo ogni documento, ascoltando ogni frase, gridata o sussurrata che sia.
Svelare qualsiasi cosa della trama sarebbe un insulto agli sceneggiatori e una cattiveria gratuita ai giocatori.
Mi limiterò a ripetere le cose già note in partenza: Ethan Winters è riuscito a salvata l’amata Mia inseguito agli eventi nefasti di Dulvey. Per ricomporre i pezzi della loro vita si trasferiscono in Romania, dove vengono benedetti dalla nascita di una figlia, Rose.
Quando le cose, tra i comuni alti e bassi della vita, sembrano acquisire un po’ di serenità, ecco piombare in casa la squadra d’assalto di Chris Redfield che, incomprensibilmente, massacra Mia a sangue freddo e rapisce tanto Rose quanto Ethan.
Questi riesce rocambolescamente a salvarsi, ma solo per piombare in un incubo ancora più grosso.

Il nostro povero protagonista si troverà ad esplorare il villaggio del titolo, alla ricerca della figlia, solo per scoprire che gli abitanti sono stati massacrati da un gruppo di Lycan, mostri con cui hanno convissuto da sempre ma che erano tenuti a bada dalla misteriosa Madre Miranda. Guadagnato l’accesso a Castel Dimitrescu, Ethan scoprirà l’esistenza di quattro Signori che governano questa regione di mondo, gestendo un vero e proprio circo degli orrori. Alcina Dimitrescu, Karl Heisenberg, Donna Beneviento e Salvatore Moreau saranno i nostri deliziosi ospiti, e qui è dove mi fermo nel narrarvi i dettagli della trama.

Un’ultima cosa: giocatelo e credeteci… ma ricordate che nulla è davvero come sembra. Fidatevi, poi ne riparleremo.

Gameplay

Come già detto abbondantemente, Resident Evil Village ha riconcepito il concetto di gameplay ripercorrendo le orme del predecessore, ampliandolo e correggendone le sbavature.
Il risultato è un first person ad alto tasso di ansia, risorse limitate e spazio ancor più risicato: spariscono le celebri casse senza fondo con gli oggetti che si teletrasportano da una location all’altra (elemento che da sempre ho considerato abbastanza debole e che richiedeva una fortissima sospensione dell’incredulità), a fronte di un archivio di base più ampio, con spazi dedicati ad ingredienti e trofei che quindi non incideranno sullo spazio per armi e consumabili. Ma non lasciatevi ingannare: Capcom è stata abilissima a trovare una rara alchimia tra quantità di oggetti e spazio a disposizione, per cui succederà anche fin troppo presto di iniziare a litigare coi singoli quadratini dell’inventario per riuscire a far stare tutto. Le alternative sono due: rinunciare a qualcosa, e perdelo per sempre, oppure comprare spazio aggiuntivo grazie al mercante di gioco: il Duca.

Il Duca è una figura misteriosa che metterà a disposizione un ricco assortimento (che si espanderà ulteriormente nei livelli di difficoltà maggiori) consentendoci di vendere i molti tesori nascosti ovunque sulla mappa di gioco e comprare invece consumabili, proiettili e naturalmente miglioramenti per le nostre armi. Non solo: più avanti nel gioco il suo “negozio” si arricchirà di una sezione cucina con manicaretti tipici della cucina dell’Est europeo, ma solo a patto di portagli gli ingredienti necessari.
Con questi piatti avremo modo di migliorare in modo permanente le nostre caratteristiche, cosa che vi assicuro potrà fare la differenza nelle fasi avanzate del gioco. Questo naturalmente ci spingerà ad esplorare ogni anfratto del famigerato villaggio, invece che correre diretti verso l’obiettivo successivo.

Ed è proprio l’esplorazione, il prossimo punto di cui voglio parlarvi: la mappa di Resident Evil Village prevede alcune aree molto ben delimitate, e anche se il villaggio del titolo funge da hub centrale (ma certo non da safe zone), in realtà non siamo in un open world. Anzi: una volta conclusa un’area, in perfetto stile RE, non potremo più tornare a visitarla, motivo per cui sarà indispensabile investire molto tempo e risorse nell’esplorazione dettagliata dei molti angoli nascosti, in cui potremo trovare tesori inestimabili da vendere al Duca e guadagnare così i molti Leu (la reale valuta romena) necessari ad acquistare gli schemi e i potenziamenti.

Questo non vuol dire che esplorare sia un’attività da poco conto: i nemici abbondano e le risorse sono comunque sempre troppo poche e starà a noi valutare se il gioco vale la candela. Se siete delle schiappe a far fuoco (come me), forse la quantità di proiettili necessari a superare un’area potrebbe essere eccessiva rispetto al tesoro che stiamo cercando. Certo c’è sempre la fuga, ma ne parleremo a breve.
Tesori che, inoltre, possono in alcuni rari casi essere combinati tra loro per decuplicarne il valore, a patto naturalmente di trovare tutti i pezzi.

Resta in ogni caso la sensazione di paura e smarrimento che da sempre accompagna l’esplorazione nei titoli di RE: ad ogni angolo non sappiamo se verremo assaliti da qualche creatura nascosta nelle ombre o se stia per spuntarci alle spalle la giunonica Alcina Dimitrescu, creatura che mi ha ricordato molto Mr. X di RE:2, costringendoci ad una fuga rocambolesca che potrebbe allontanarci pericolosamente dal nostro obiettivo e, magari, farci finire tra le grinfie di qualche orda famelica.

Una volta terminata la campagna, poi, si apriranno nuove prospettive: come al solito sarà possibile sbloccare armi aggiuntive con munizioni infinite, indispensabili per chi vuole cimentarsi con le difficoltà più alte.
Unica pecca di un gameplay che altrimenti rasenta la perfezione, è la IA dei nemici: sebbene siano abbastanza tosti da cercare di accerchiarci e metterci alle strette, i nemici hanno anche la strana abitudine di “dimenticarsi” di noi se appena ci allontaniamo un po’, tornando alle loro routine.
Ovviamente il tutto rende più facile la sopravvivenza, ma è davvero strano vedere Lady Dimitrescu (interpretata da Maggie Robertson) darci la caccia come un ossesso e poi dimenticarsi della nostra esistenza appena entrati nella stanza con la classica macchina da scrivere per il salvataggio. Possiamo giocare a nascondino, mettere il naso fuori ed arretrare in tutta sicurezza. Forse sono pignolo io, ma questa scelta mi ha fatto un po’ storcere il naso: preferisco di gran lunga la sensazione di pericolo imminente che ci attraversa mentre torniamo ad esplorare il villaggio, quando anche zone già visitate possono ripopolarsi di creature mortalmente pericolose.

Un ultima cosa da dire riguarda la modalità Mercenari che si attiva una volta terminata la campagna principale. In pratica si tratta di arene in cui dovremo eliminare un numero crescente di avversari, con tempo limitato e con combinazioni sempre più raffinate al fine di ottimizzare il punteggio, così da avere bonus migliori a fine percorso.
Non è certo il fulcro dell’esperienza di gioco, ma è una modalità che non guasta.

Comparto tecnico

Veniamo al vero fiore all’occhiello di questa produzione, come se la componente narrativa non fosse già abbastanza per caldeggiare l’acquisto.

Partiamo dall’aspetto visivo: il motore RE Engine è un autentico capolavoro di ingegneria informatica, e qui dà davvero il meglio di sé. Ogni aspetto è curato in modo maniacale, dagli esterni del villaggio alle animazioni dei personaggi ai dettagli delle mani di Ethan. Ma a lasciare davvero a bocca aperta sono gli interni: Castel Dimitrescu, in modo particolare, è in grado di regalare scorci di una bellezza straordinaria.
Ma non è solo l’austero castello a godere di infinita cura: Casa Beneviento ha uno stile molto più vicino a noi, arredato con gusto e mobilia che avrebbero fatto felici i miei nonni, riesce a gettare sull’intera sezione una sensazione di angoscia, di perverso e profondamente “sbagliato” come pochi altri. Se avete paura delle bambole, la vostra pediofobia qui acquisirà una dimensione tutta nuova, quasi catartica (sempre se riuscirete a venirne fuori).

Ma non si tratta solo di cura “tecnica”, voglio che sia ben chiaro che gli artisti che stanno alle spalle di questo titolo hanno davvero dato il massimo non solo negli ambienti, ma anche nel costruire creature profondamente disturbanti: un circo di freak (o body horror se preferite) che riesce a scatenare quello strano cortocircuito mentale in cui siamo al tempo stesso attratti e disgustati: non possiamo fare a meno di restare lì a fissare quegli orrori, ringraziando che siano solo digitali.

Non credo di esagerare nel dire che questo è il gioco di cui ho catturato più screenshot in assoluto.

Se proprio bisogna trovare qualche sbavatura, le uniche che ho individuato riguardano i personaggi secondari, che hanno ricevuto un minor livello di dettaglio. Vero però che il loro ruolo è meno rilevante, soprattutto se confrontato coi molti protagonisti che invece affollano la lore di Resident Evil Village.

Certo rimane qualche piccola concessione da fare: ogni tanto i proiettili sparati, le coltellate inflitte, non danneggiano gli oggetti o il mobilio come ci si aspetterebbe. Normalmente questo non sarebbe un problema (e di fatto non lo è), ma con una cura di dettaglio così vasta, queste piccole sbavature finiscono con il farsi notare più del dovuto.
Nulla che rovini l’esperienza di gioco, ovviamente.

Non esiste horror che si rispetti che non abbia una componente audio sopraffina, e Resident Evil Village non fa certo eccezione, anzi. Il comparto audio è uno dei pilastri del franchise e chiunque conosca i survival horror sa bene come un corretto accompagnamento sia fondamentale per trasmettere le giuste sensazioni ed emozioni al giocatore.
E così eccoci ad esplorare con questo senso di ansia crescente, con rumori mai fuori posto, mai sbagliati; tutto l’audio è perfettamente calibrato per farci capire la pericolosità di ogni passo, di ogni respiro. Così come l’incedere delle creature, il loro lamento selvaggio che ci annunciano battaglia, fuga, morte imminente.

Oltre a tutto questo, il titolo si fregia di alcuni nomi del doppiaggio italiano davvero eccelsi: Renato Novara (la voce di Sonic ed Ezio Auditore) è Ethan Winters, mentre Katia Sorrentino (che abbiamo avuto il piacere di intervistare) è Mia. L’immenso Claudio Moneta dà poi la voce a Chris Redfield; ma occorre citare anche Riccardo Peroni (il Joker della serie Arkham) che interpreta il Duca e Marcella Silvestri (la Harley Quinn della serie Arkham e soprattutto la Cassandra di Sensualità a Corte) che dà la voce a Madre Miranda.
L’elenco completo sarebbe troppo lungo, ma lasciatemi dire che ancora una volta il doppiaggio italiano riesce ad impreziosire un prodotto estero.

Un’ultima parola va dedicata al gunplay, per il quale Capcom ha davvero fatto faville, soprattutto nella versione Playstation 5, dove i grilletti adattivi del DualSense sono messi all’opera in modo egregio. Ogni arma, infatti, ha il suo peso che, oltretutto, cambia in base alla tipologia di modifiche installate su di essa. Questo si manifesta in un diverso livello di pressione che è necessario imprimere sul grilletto sinistro per prendere la mira.
In poche parole, più è pesante l’arma e maggiore sarà la pressione necessaria. Stupendo.

Conclusioni

Molti hanno storto il naso davanti alla direzione presa del franchise, con l’abbandono della classica visione in terza persona a favore di quella in prima, certamente più adatta a dare il senso di immersività necessario, ma nettamente diverso da quanto apprezzato dai fan decennali.

Personalmente anni fa ero un appassionato delle visioni in prima persona, e anche se negli ultimi tempi ho capito di apprezzare e preferire i terza persona, non posso che convenire che Resident Evil aveva bisogno di cambiare, per non morire. Le scelte fatte, non solo nel punto di vista, ma anche nel optare per un titolo story driven, per la nuova gestione dell’inventario, per i sequel e per tutte le altre cose dette in questo articolo, sono tutte davvero azzeccate: Resident Evil Village è un maledetto capolavoro: non scade mai nel facile escamotage dello jumpscare, ha una storia meravigliosa, personaggi disegnati con cura maniacale, ambienti perfetti per donare ai giocatori un’esperienza claustrofobica ed incalzante, che garantisce ore di tensione e un bisogno impellente di giocare ancora e ancora fino al completamento. E poi rigiocarlo per sviscerare tutte le cose lasciate indietro.

Il gioco si completa in una decina d’ore. Il mio consiglio, però, è quello di prenderlo da subito con molta calma, senza correre verso i boss fight, ma regalandosi un’esperienza più completa ed immersiva fin dalla prima run. Sono andato a caccia di tesori, dei molti collezionabili e di tutti i documenti; ho ripercorso i miei passi ancora e ancora, ben sapendo a quali rischi andavo incontro, eppure spinto dal bisogno di rendere tutta la mappa blu, prima di procedere oltre.

Questo è un titolo da vivere sulla pelle: fatevi un regalo e giocatelo in cuffia.

Nerdando in breve

Resident Evil Village è il nuovo capitolo della celebre saga horror. Uno dei migliori in assoluto.

Nerdandometro: [usr 4.9]

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