Alan Moore ha scritto tanti capolavori. Troppi, per certi versi. E dunque quando si parla dei suoi lavori spuntano sempre i soliti nomi: Watchmen, V for Vendetta, From Hell, qualcuno più hipster dice Swamp Thing o Miracleman.
Ma Moore ha scritto tanto altro e tanti altri grandi fumetti. Uno di questi è Tom Strong.
Tom Strong fu creato da Moore insieme al disegnatore Chris Sprouse per la sua etichetta America’s Best Comics nel 1999. Fu l’ultimo grande momento di creatività mainstream per Moore, che sotto quell’etichetta fa uscire La Lega degli Straordinari Gentlemen, Top 10, Promethea e appunto Tom Strong.
Fra tutte, Tom Strong è all’apparenza quella più leggera e classica. L’eroe titolare è il protettore di Millennium City. I genitori lo crebbero in una stanza senza gravità nell’isola caraibica di Attabar Teru. Grazie al consumo di un’erba locale è diventato praticamente l’essere umano perfetto e immortale. Insieme con la moglie Dhalua, la figlia Tesla, il gorilla King Solomon e il robot Pneuman protegge la città e il mondo.
Con Tom Strong Moore secondo me si è divertito un sacco. La premessa della serie consente a Moore di infilare tutti i topoi della narrativa popolare del ‘900, con echi di Tarzan, Superman, Sherlock Holmes e King Kong. Per certi versi Tom Strong è l’ibrido mooriano di Superman e Batman, con echi di entrambi ma con abbastanza diversità da essere un personaggio ben distinto.
Ogni numero è denso di avvenimenti, lontanissimo dalla decompressione odierna, pieno di citazioni e rimandi alla storia del fumetto e alla storia del Novecento. E così le storie ambientate negli anni ’50 sembrano i fumetti horror della EC Comics, i ’40 i fumetti bellici del periodo e via dicendo.
La cosa più stupefacente è che il mondo di Tom Strong è profondissimo fin dal primo numero. Sembra che Tom Strong esista veramente fin dagli anni ’30 e che sia il più grande eroe-scienziato del mondo. Moore pesca a piene mani dall’immaginario collettivo del Novecento e grazie a questo espediente realizza storie leggere ma strapiene di chicche e dai diversi piani di lettura.
Graficamente poi Sprouse ha uno stile classico e morbido perfetto per le atmosfere avventurose della serie. Ma la serie ospita tutta una serie di altri grandi disegnatori per storie singole o ministorie, da Dave Gibbons a Kyle Baker, Art Adams, Gary Frank, Paul Chadwick e chi più ne ha più ne metta.
Forse nell’immaginario collettivo Tom Strong paga un po’ l’essere una serie più leggera di altre di Moore. Inoltre Moore la lasciò prima di altre e gli ultimi volumi furono scritti da altri autori, alcuni anche di alto livello come Geoff Johns, Peter Hogan e persino lo scrittore di fantascienza Michael Moorcock.
Resta comunque una line-up di alto livello anche senza Moore e che non perde assolutamente in qualità. L’avevo letta tantissimi anni fa nei volumi della Magic Press e di recente l’ho riletta in inglese e l’ho trovata oggi come allora una serie fresca e divertente, retro ma moderna. Per chi ha voglia di qualcosa di classico ma non verboso e di semplice avventura da gustarsi a più livelli, Tom Strong.