Recensione
Io, come tanti altri di voi credo, a volte sono preso da periodi in cui mi fisso con degli argomenti specifici e cerco di approfondirli in molti modi.
Ad esempio, in questo 2019, una delle manie che mi è riemersa dal passato è quella per la storia romana. Sono i corsi ed i ricorsi della storia, quelli per cui ogni tanto mi ritornano queste passioni, sopite per alcuni periodi ma sempre pronte a riaffiorare.
In realtà il ritorno è dovuto a due fattori principali: ho deciso di leggere qualche libro sull’argomento, per ripassare ed approfondire ciò che ignoravo, e l’uscita del nuovo grand strategy della Paradox, chiamato Imperator: Rome non a caso.
La storia di Roma è una di quelle vicende cui sono super affezionato, perché tanti anni ne fui letteralmente folgorato e tale vi rimasi per lungo tempo. Quindi sull’argomento sono abbastanza sensibile. Imperator: Rome doveva essere un sogno che si realizzava ed ero gasatissimo, con l’hype alle stelle. Purtroppo, però, se tutto ciò che attendiamo con ardore uscisse perfettamente, avremmo troppi capolavori a questo mondo.
Deluso da Imperator, deludente ed incompleto nel suo vestito da festa del day one, e in attesa di future patch che lo rimettano in sesto, in preda ad un delirio da conquista di imperi, ho ripreso in mano il vituperato Total War: Rome II, che all’epoca dell’uscita era un mezzo disastro, ma che con il tempo è andato decisamente migliorando.
Ma non mi sentivo ancora pienamente soddisfatto. Non mi sarei mai aspettato, mai e poi mai, che i miei sogni di gloria potessero essere esauditi in questo caldissima estate da un piccolo grande titolo che era completamente fuori dai miei radar?
Questa è la storia di come Field of Glory: Empires, creato con amorevoli mani da AGEOD e pubblicato da Slitherine (che ringraziamo per il materiale), ha rapito il mio cuore ed il mio cervello e si è imposto come dictator della mia estate videoludica.
Per chi non lo sapesse, AGEOD è uno sviluppatore francese specializzato in strategici su larga scala e a base fortemente storica. Field of Glory: Empires è l’ultimo nato di una serie proprio figlia di AGEOD, quella di Field of Glory, che finora è stata centrata su battaglie tattiche basate su scontri tra eserciti dell’antichità; l’ultimo capitolo, il II, ha avuto un bel successo, meritatissimo.
Dato che come intro ho già esagerato, andiamo al nocciolo della questione, che voglio spiegarvi perché Field of Glory: Empires merita il vostro tempo.
Idee di gameplay
Uno dei più importanti saggi riguardanti la caduta dell’impero romano si chiama The History of the Decline and Fall of the Roman Empire (in italiano tradotto come Declino e caduta dell’Impero Romano), di Edward Gibbon, un’opera monumentale scritta alla fine del ‘700 a proposito di quel mega evento, in realtà protrattosi nei decenni, che cambiò il volto del mondo antico.
Declino e caduta: quante volte, studiando la storia, abbiamo sentito di imperi e nazioni che conoscevano un incredibile apogeo per poi, lentamente o repentinamente, sgretolarsi e collassare? Anche alcuni videogiochi, in passato, hanno provato a rendere la sensazione di ascesa e caduta nelle proprie meccaniche, come ad esempio il recente Sid Meier’s Civilization VI (nell’espansione Rise and Fall); ma di questo concetto Field of Glory: Empires ne fa il proprio cuore pulsante e ci riesce, a parere di chi scrive, alla grande.
Questo concetto tenetelo a mente, perché è importante.
Ma andiamo con ordine.
Field of Glory: Empires, innanzitutto, è uno strategico a turni; di base è classificabile come grand strategy perché si gestisce la propria nazione ad alto livello. Una bella idea su quanto sia un titolo di spessore ce la dà il manuale, un bel volumozzo di 214 pagine, come quelli di una volta (ancora una volta grazie a Slitherine, che sa come far felici noi generali d’antan).
La Grande Campagna (sostanzialmente la modalità principale di gioco) comincia nel 310 a.C., un decennio circa dopo la morte di Alessandro Magno, durante il periodo delle guerre dei Diadochi e mentre Roma, combattendo contro Etruschi e Sanniti, cercava di affermare la propria supremazia nella penisola italiana. A disposizione, per completezza di informazione, c’è anche uno scenario ambientato nel 280 a.C. durante le guerre pirriche, limitato alle sole fazioni di Roma ed Epiro.
All’inizio potremo scegliere di guidare uno tra una sessantina di popoli, a mo dei giochi Paradox, per farvi capire, su di una mappa che abbraccia l’Europa, il Nordafrica, l’Oriente fino all’India e al Nord fino alla bassa Scandinavia. Ciò che colpisce è che ciascuna fazione è caratterizzata con cura, con parametri bonus/malus che vanno seriamente ad influire sullo stile di gioco e con un indice di “interesse”, che definisce quanto la fazione è approfondita in quanto ad eventi e personalizzazione.
Questo fattore non lo prendo sottogamba perché era una critica rivolta anche ad Imperator, e non solo da parte mia: non di tutti i popoli e le civiltà di 2’300 anni fa conosciamo a menadito usanze, eventi e costumi, non quanto ad esempio i Romani o gli Egizi. Per questo, poterli giocare richiede che siano in un certo qual modo caratterizzati, che mi sia possibile sentire la differenza quando scelgo una fazione piuttosto che un’altra. Secondo me su questo Field of Glory: Empires non sbaglia, proponendo il giusto numero di fazioni, quelle che effettivamente era possibile caratterizzare per bene.
Una volta in gioco, scopriremo che in prima battuta Field of Glory: Empires si presenta simile ai suoi colleghi. Sulla mappa potremo reclutare e spostare truppe e navi, interagire diplomaticamente con le altre fazioni in gioco, amministrare città e province e prendere decisioni che riguardino il nostro popolo.
I turni di gioco si risolvono col sistema WEGO (già visto in un altro titolo Slitherine sempre qui su Nerdando.com), ovvero a risoluzione simultanea e non sequenziale: ciò dona un bel ritmo al gioco, pur non essendo in tempo reale; al termine del turno tutte le mosse vengono risolte insieme!
È in ciascuno di tutti questi aspetti di base che il nostro ha parecchi muscoli da mostrare, a partire dallo scopo finale, che voglio anticiparvi: come si vince, in Field of Glory: Empires?
Mi ricollego al concetto di decadenza citato prima. In Field of Glory: Empires, infatti, oltre ai soliti fattori importanti per controllare la nostra nazione avremo da tenere sotto controllo il progresso culturale e la decadenza.
La decadenza è un colpo di genio: ogni nazione, grande o piccola che sia, avrà da combattere, al suo interno, i fattori che potrebbero distruggerla con il passare del tempo. Pensiamo all’Impero romano, che lentamente ed inesorabilmente fu devastato da corruzione, pessima gestione delle migrazioni, incompetenza della classe politica; stessa cosa potrebbe accadere a noi, dato che molteplici fattori minacciano ad ogni turno l’integrità del nostro stato e rischiano di farci precipitare in una disastrosa guerra civile. A tal proposito, tenete d’occhio la quantità di schiavi nel vostro stato. Il nome Spartaco vi suggerisce qualcosa?
La posizione in classifica di decadenza deciderà se il nostro stato si evolverà in forme statali più potenti (ad esempio, Roma da repubblica aristocratica potrebbe divenire impero) o decederà verso un ridimensionamento della propria importanza, abbandonando la gloria di un tempo. La decadenza si combatte tramite apposite decisioni, edifici e in base alle nostre conquiste, militari o culturali.
La decadenza è un fattore così importante che, in base a come ci comporteremo, anche i regnanti/capi di stato varieranno di conseguenza.
Il progresso culturale, invece, è quello che determinerà eventualmente la nostra vittoria. Infatti, sempre in base a quanto investiremo su questo aspetto, saliremo nella relativa classifica, che sarà l’unica a contare per quanto riguarda la vittoria finale.
Ciò vuol dire che a trionfare non sarà necessariamente l’impero più vasto e militarmente potente, ma chi si ergerà a faro di civiltà, chi mostrerà di possedere edifici meravigliosi e chi avrà i cittadini più colti in assoluto.
E questo, permettetemi di dirlo, è bellissimo. Grazie, AGEOD.
Comandare e combattere
Tra gli aspetti che ho trovato più interessanti nel normale flusso di gameplay voglio sottolinearne due.
Il primo è quello relativo allo sviluppo delle province della nostra nazione, un vero e proprio minigioco nel gioco.
Per sviluppare le province, infatti, sarà necessario costruire edifici, che sono moltissimi e divisi in 6 tipologie, e bisognerà sviluppare una ben precisa strategia per riempire i pochi slot di ogni città con la catena di edifici che può essere utile per massimizzarne lo sviluppo. In tutto questo si innesta il commercio, che permette di scambiare risorse tra province, creando un delicato gioco di incastri, bonus e malus. Una roba bella succosa, insomma.
Si deve tenere in conto, infatti, che ciascuna provincia possiede risorse naturali diversificate e che ciascuna tipologia di edificio consta di tre livelli di evoluzione: fatevi due conti e capite quante possibilità si aprono agli amanti della microgestione, considerando la possibilità di spostare i cittadini e gli schiavi delle varie regioni per focalizzare la produzione su alcuni aspetti anziché altri.
Non preoccupatevi, è possibile anche adottare degli automatismi se vi sentiate soverchiati da tanta libertà: ma fidatevi che la parte gestionale è veramente fatta bene.
A caratterizzare ancor di più la gestione della cosa pubblica intervengono anche le decisioni, grosse scelte facoltative da prendere una tantum ed ispirate al vero flusso della storia, con le quali potremo usufruire di grossi bonus a costi piuttosto elevati.
Andiamo ora a parlare del combattimento e delle battaglie.
Dovete sapere che tanti anni fa mi faceva impazzire la serie Total War, perché permetteva di combattere le battaglie; negli ultimi anni, invece, ho virato molto di più sulla visione Paradox, preferendo battaglie simulate e non giocate.
Field of Glory: Empires accontenta chiunque: infatti, in possesso di Field of Glory II, avremo la possibilità di giocare sul campo ogni singola battaglia, esportandola; se non possediamo quest’altro titolo o, semplicemente, se non ne avremo voglia, potremo accontentarci di guardare il risultato ed eventualmente il replay della battaglia automatica.
Molti hanno criticato il fatto di dover possedere un altro gioco per godere dell’esperienza completa: io, personalmente, non sono d’accordo. Infatti la battaglia automatica è perfettamente in tema con il tipo di gioco, che è un grand strategy/4X e il poterle giocare è, semmai, un di più. Inoltre, giocandole, i risultati delle battaglie potrebbero leggermente variare, dato che Field of Glory II modifica leggermente le statistiche delle unità per adattarle al proprio sistema.
Vi ripeto: non sono il più grande fan delle battaglie giocate in questo tipo di titoli, quindi la scelta di AGEOD la trovo perfettamente sensata e motivata, anche come continuità con i propri titoli.
Mi sa che mi sono dilungato troppo come sempre, seppur mi rimarrebbe da dire la mia sulla diplomazia, asciutta forse sin troppo, o sulle unità militari, particolareggiate e distinte anche in base alle regioni storiche.
Direi che per sapere tutto e anche di più su questo titolone, potrei dirigervi al corposo manuale, consultabile online.
Grafica e sonoro
Come avrete potuto notare dagli screenshot dell’articolo, Field of Glory: Empires si gioca tutto su una schermata che rappresenta una mappa. La grafica è onesta, svolge il suo mestiere, così come i modellini 3D di unità e città. Piccola chicca: si vedono le meraviglie rappresentate sulla mappa, tipo le Piramidi, la Sfinge, il Mausoleo di Alicarnasso, e compagnia bella.
Non gridiamo al miracolo assolutamente, ma che ci importa d’altronde? Per dominare il mondo è forse richiesta una grafica da commozione cerebrale? Sciocchezze. L’importante è che le informazioni siano leggibili per bene e che i confini si colorino sempre più col colore della nostra nazione.
Sul sonoro posso solo dire che c’è uno dei temi che rimane in testa quasi per sempre, ma purtroppo è un po’ pochino; nulla che non si possa ovviare con una playlist di Spotify in sottofondo, comunque.
Dal punto di vista squisitamente dell’interfaccia, devo dire che non è immediata, ma richiede un po’ di abitudine. Nulla di terribile, sia chiaro, ma ho visto interfacce decisamente più eleganti, reclutamento truppe su tutti. Alcune informazioni forse sono troppo annidate; dopo una decina di turni, però, ci si fa l’abitudine e passa la paura.
In conclusione
Field of Glory: Empires mi ha sinceramente stupito e deliziato. Da AGEOD e Slitherine, dati gli illustri trascorsi, mi aspettavo un bel lavoro ma mi sono trovato davanti ad un titolo che sorpassa di gran lunga le mie aspettative.
E non credo che ciò sia dovuto solo alla delusione di Imperator, a dimostrazione del fatto che non serve sovrabbondanza di elementi per fare un grande gioco, ma quelli giusti fatti bene.
Field of Glory: Empires entra di prepotenza nel Grande Gioco tra i grand strategy, e lo fa mettendo in campo idee semplici e sfruttandole in modo magistrale. Quello che ne risulta è uno strategico che fa assolutamente venire voglia di giocarlo, turno dopo turno, e che stupisce grazie all’intelligenza delle scelte in materia di gameplay.
La scelta, poi, di integrarlo con l’altro titolo della serie, è per chi scrive fonte di merito e non di critica: non è conditio sine qua non per godersi il titolo, ma un ottimo surplus!
Brava AGEOD, che continua ad aggiornare e migliorare il proprio titolo, pur avendo tirato fuori un titolo stabile già al day one: in decine di ore di gioco non mi sembra di aver incontrato neanche un bug.
Field of Glory: Empires lo trovate esclusivamente per PC; purtroppo non è disponibile in italiano. Se volete, lo trovate anche in bundle con Field of Glory II con il 25% di sconto, se li prendete insieme.
Nerdando in breve
Field of Glory: Empires è una sorpresa, un titolo di altissimo livello che rivaleggia direttamente con i pilastri del settore. Non è di certo un titolo semplice e per tutti, ma piacerà di certo a tutti coloro che si sentono pronti a creare un impero che sappia resistere alla prova del tempo.
Nerdandometro: [usr 4.3]
Trailer
Contenuti