Quasi come un passaggio del testimone, Netflix da un lato annuncia la fine delle sue serie Marvel, dall’altro fa uscire la sua prima serie di supereroi non Marvel, The Umbrella Academy, disponbile dal 15 febbraio. La serie è tratta da un fumetto di Gerard Way e Gabriel Bá uscito per Dark Horse tra il 2008 e il 2009 e ripresa di recente.
Recensione
The Umbrella Academy racconta la storia di sette bambini nati nello stesso giorno da madri che non erano nemmeno incinta il giorno prima. Questi sette vengono adottati, o comprati, da Reginald Hargreeves, eccentrico miliardario (inglese, dato l’accento) che li addestra ad essere supereroi, sfruttando i poteri che tutti, tranne uno, hanno.
Hargreeves si colloca parecchio in alto nella classifica dei genitori peggiori di ogni tempo. Oltre a non dare nomi ai figli adottivi, li fa crescere con una mamma robot (che darà loro nomi veri e non numeri) e praticamente li traumatizza a vita. E infatti i sette crescono tutti malissimo (uno muore, ma non sottilizziamo). Diventati adulti sono tutti depressi, cinici, sfiduciati e soprattutto odiano il padre, comprensibilmente. Alla sua morte però si ritrovano tutti insieme a dover cercare di fermare l’apocalisse, preannunciata dal ritorno di Numero Cinque, che si era perso mentre viaggiava nel tempo.
Il fumetto lo lessi tempo fa attratto dai disegni di Bá (disegnatore che adoro) e nonostante la repulsione che ho per Gerard Way musicista (il Gerard Way fumettista invece è uno ganzo). Onestamente i miei ricordi del fumetto originale sono annebbiati e quindi non lo posso comparare più di tanto con la serie TV. Lo spunto iniziale è lo stesso e di base lo sono anche i personaggi, sebbene con qualche modifica.
La serie, creata da Steve Blackman e Jeremy Slater, non prende solo lo spunto e i personaggi ma riesce a mantenere gli elementi più peculiari del fumetto. La serie resta sempre in bilico tra surreale e dramma non vergognandosi del suo essere fumetto e abbracciando gli elementi più camp della storia, cosa che ad esempio le serie Marvel Netflix non hanno mai fatto. Qualche aspetto fumettoso viene ovviamente limitato. Ad esempio Luther (Numero Uno o Spaceboy) non ha subito un trapianto di testa nel corpo di un gorilla marziano (!), ma semplicemente è stato esposto ad un siero che lo ha reso un misto uomo-gorilla.
Affari di famiglia
Nonostante tutto, la serie non si basa solo sull’evitare l’apocalisse e salvare il mondo come da tradizione supereroistica. Molto più importanti sono i rapporti tra i vari membri della Umbrella Academy dopo anni di dolori, incomprensioni e fallimenti. I sei protagonisti sono tutti incasinatissimi e pieni di traumi personali ma anche interpersonali con i vari fratelli.
Il già citato Numero Uno (Tom Hopper) si sente tradito da tutti i suoi fratelli che se ne sono andati e dal suo amore non ricambiato per Allison/Numero Tre (Emmy Raver-Lampman), che a sua volta ha paura che il suo successo di attrice sia solo dovuto ai suoi poteri e vorrebbe solo rivedere la figlia. Diego/Numero Due è in lotta con il mondo e non sopporta il servilismo di Numero Uno nei confronti del padre né il tradimento di Vanya/Numero Sette (Ellen Page), che ha scritto un’autobiografia su di loro dopo essere stata emarginata perché senza poteri. Klaus/Numero Quattro (Robert Sheenan, che per la mia gioia rifà Nathan di Misfits con più droghe e meno parolacce) è costantemente fatto per evitare di venir sopraffatto dal suo potere di parlare coi morti. Numero Cinque (Aidan Gallagher, mostruoso nonostante sembri Paulo Dybala da piccolo), è un adulto nel corpo di un ragazzino e deve superare anni di solitudine.
Questi traumi sembrano insormontabili e durante la serie non sembra per niente scontato che i fratelli si riuniscano per combattere una minaccia comune. Nemmeno l’arrivo di due assassini dal futuro, Hazel e Cha-Cha, riesce a riunirli. D’altronde nel mondo reale le incomprensioni e le liti in famiglia spesso non vengono mai risolte, figuriamoci se tuo fratello può parlare coi morti e tua sorella è un’attrice di fama mondiale.
Danzando verso la fine del mondo
Le relazioni tra i vari personaggi sono l’aspetto più intrigante della serie, nonostante sia l’aspetto meno supereroistico. Durante la visione della serie mi sono ritrovato a sperare in più scene di dialogo tra i vari personaggi e in meno scene di botte. Questo perché i personaggi funzionano, le loro interazioni sono credibili e gli attori sono ben amalgamati.
Ad ogni modo le botte ci sono, sono tante e sono molto gratificanti. Vengono usati tutti i personaggi coi loro poteri e non viene risparmiata la violenza. Soprattutto, molte scene (d’azione e non) sono glorificate da una colonna sonora pazzesca. Sono giorni che ho la colonna sonora in heavy rotation e un paio di canzoni non riesco proprio a togliermele dalla testa (sto pensando a te, The Walker). Applausi a scena aperta per chiunque abbia deciso di usare Istanbul (Not Constantinople) dei They Might Be Giants e Sinnerman di Nina Simone durante scene di combattimento. No, i My Chemical Romance non ci sono, ma ci sono delle canzoni di Way da solo.
La musica è uno degli elementi di maggior spicco della serie, con un mix di classici, canzoni strane, moderne, cover, pop, rock, elettronica. Può sembrare che sto esagerandone l’importanza, ma le scelte musicali rendono perfettamente il tono della serie, nelle parti più spensierate come in quelle più drammatiche. Ad esempio qui:
CHILDREN! Behave. @UmbrellaAcad is now streaming and this exclusive scene is perhaps the purest dance party of all time. pic.twitter.com/LBgQbUjomr
— NX (@NXOnNetflix) February 15, 2019
Questo mix tra personaggi disfunzionali, canzoni oscure ed estetica retro mi hanno portato immediatamente a pensare a Wes Anderson. In particolare a I Tenenbaum, film su un gruppo di fratelli brillanti da bambini e falliti da adulti. In effetti The Umbrella Academy potrebbe essere la risposta all’annosa questione: come sarebbero gli X-Men se fossero diretti da Wes Anderson? Ok, la regia e la fotografia non sono per niente come nei film di Anderson, ma io mi riferivo principalmente al mood narrativo.
Conclusioni
The Umbrella Academy è una serie di supereroi diversa dal solito. Il nemico è quasi immateriale, il fulcro sono le relazioni tra i personaggi nel tentativo di ritrovare la propria famiglia. Riesce ad essere tante cose insieme, divertente ma non stupida, emozionante ma non melensa, fumettosa ma in senso positivo. Ne voglio subito un’altra stagione.
Nerdando in breve
Se Marvel realizzasse un remake degli X-Men facendolo dirigere a Wes Anderson, il risultato sarebbe molto simile a The Umbrella Academy.
Nerdandometro: [usr 4.5]
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