Avete presente quando eravamo piccoli, mamma andava a parlare con le maestre e c’era sempre quella che diceva “Ha tutte le capacità, ma non si applica”? Ecco, se i genitori di Solo: A Star Wars Story venissero a colloquio e io fossi la docente, probabilmente direi loro la stessa cosa. Sia chiaro, non è un brutto film, mentirei spudoratamente se affermassi una tale scempiaggine, però si limita a fare il compitino.
Un po’ di azione, qualche frangente ad alta tensione, due o tre colpi di scena qui e là, un salto nell’iperspazio o due, ma quando partono i titoli di coda nessun dispiacere. Soprattutto, nessun particolare entusiasmo. Tuttavia qualche pregio nella pellicola c’è, non pochi in realtà: andiamo con ordine.
Recensione
Solo: A Star Wars Story è la storia dei popoli soggiogati dall’Impero Galattico, quelli ai quali è stato rubato tutto, dalla libertà economica a quella di pensiero e di parola. La diretta conseguenza di un dominio senza libertà, è la stessa di quando provate a stringere un pugno di sabbia: se tenete la mano a ciotolina, rimane tutta nel vostro palmo, ma se stringete troppo i granelli cadono. Nel momento in cui un tiranno abusa del suo popolo, ecco che dai granelli caduti nascono tanti piccoli clan di ribelli, cresce il malcontento generale e il crimine dilaga. Questo è il contesto nel quale ha inizio la storia di Han, criminale di quartiere, abile ladruncolo e aspirante pilota; il classico ragazzino con un sogno: “Voglio diventare il migliore pilota della galassia” sentiamo anche nel trailer e, dalla Vecchia Trilogia, sappiamo che riesce nel suo intento. Per capire come ci riesca, è però indispensabile questa pellicola.
Trama
Senza bisogno di fare grandi rivelazioni, la trama è semplice e lineare.
Solo: A Star Wars Story inizia con Han in fuga da Corellia, il pianeta natio, per sfuggire alle angherie imperiali. Fra imprevisti e scene cariche d’azione, incontrerà nuovi compagni di viaggio, stringerà numerose amicizie e si cimenterà nella titanica impresa di rubare abbastanza ipercombustibile da saldare tutti i debiti e comprarsi un’astronave.
Inutile scendere in ulteriori dettagli, che gli spoiler fanno più male di un colpo di blaster.
Tematiche
Non è solo un film di Guerre Stellari, anche perchè di combattimenti nello Spazio ce ne sono davvero pochi.
In compenso, è un film su un’Odissea: il lungo viaggio periglioso di un Ulisse col giacchetto, che viaggia da un pianeta all’altro con l’intento di tornare, un giorno lontano, là dove è salpato. Questo almeno per quanto riguarda il principio, ma il dinamismo di cui è pregno il film ha inizio proprio in ciò che muove i viaggi di Han. Il giovane protagonista è spinto da obiettivi sempre diversi, la cui maturazione cresce con lui.
Da una parte vediamo una giovane canaglia, che salpa verso rotte sconosciute mosso solo dal desiderio di libertà; tuttavia, ma mano che la storia procede, noterete una crescita non indifferente in lui, la quale influenzerà anche le sue scelte. L’Han che vediamo alla fine della pellicola non è assolutamente quello che abbiamo incontrato nelle prime immagini, in quanto più consapevole del peso delle sue scelte ma soprattutto più responsabile.
Al termine del film, Han inizia infatti a maturare la consapevolezza che non sarà agendo da Solo che riuscirà a ribellarsi all’Impero, ma anzi, che collaborando con la nascente ribellione potrà forse un giorno riabbracciare la tanto sognata libertà. Nel mentre, rimarrà un fuggitivo a bordo di una nave corelliana in grado di compiere grandi imprese.
L’altra grande tematica affrontata è sicuramente quella dell’amicizia. Come ci insegna l’epica, o la narrativa in generale, ogni eroe che si rispetti non andrebbe da nessuna parte senza il proprio compagno di avventure. Pensate al Genio per Aladin, a Ron Weasley per Harry Potter, a Sam Gamgee per Frodo Baggins o persino a Trottalemme per Lucky Luke: a prescindere da classe e razza, in ogni avventura che si rispetti il protagonista non agisce da solo.
Lo stesso vale per Han: la pellicola mostra in che modo la sua vita sia strettamente legata a quella di Chewbacca. Non un semplice compagno di viaggio, ma un wookie di 190 anni con cui condivide ideali e obiettivi. Il loro incontro mi ha ricordato diversi film d’animazione, da Lilo e Stitch a Dragon Trainer: un mostro in attesa di qualcuno che riuscisse a vedere oltre l’apparenza, qualcosa in più. La scelta reciproca di affrontare insieme ciò cui il fato e la Galassia li sottoporrà, forti del fatto di essere già sopravvissuti a situazioni con basse probabilità di salvezza: questo è ciò che lega Han a Chewie, quel gigante peloso che abbiamo visto piangere in Episodio VII di fronte alla fine del loro inseparabile duo. In Solo: A Star Wars Story, vedrete come quella strana coppia di piloti coraggiosi ha avuto inizio.
Fotografia
Senza scendere troppo in dettagli tecnici, ho apprezzato notevolmente la geometria di alcune inquadrature. Diverse immagini sono infatti risultate piacevolmente simmetriche, soprattutto per la disposizione di alcuni elementi all’interno dell’inquadratura. Inoltre, luci e colori hanno trovato il modo di farsi valere anche senza quei giochi luminosi tipici di spade laser e colpi sparati durante un inseguimento spaziale.
Ogni pianeta ha un colore dominante, il quale permette sempre di aumentare lo spessore delle scene girate. Dove è tutto innevato, i protagonisti indossano solo abiti scurissimi creando un grande contrasto, complice la loro infima dimensione rispetto alle immense distese che si protraggono intorno a loro; dove ci sono mare e deserto, è il trionfo dei colori pastello e di tonalità calde, favorendo nello spettatore l’immedesimazione con il contesto. Fateci caso quando guarderete il film, perché alcune inquadrature meritano davvero di non passare inosservate.
Conclusione
Non mancherà il droide di turno, anche se L3 non mi ha entusiasmata come invece ha fatto K-2SO in Rogue One: A Star Wars Story. Un carattere forte e deciso, con forse un po’ troppa iniziativa per un’intelligenza artificiale, ma che ha saputo prendersi la sua scena al momento giusto.
Forse il cambio di regia in corso d’opera non ha fatto troppo bene alla storia, ma tutto sommato direi che se l’è cavata bene.
Dalla Vecchia Trilogia sappiamo che Han shot first, che, se potesse, non mollerebbe mai il suo amato Millennium Falcon e che il suo portafortuna sono una coppia di dadi dorati. In Solo: A Star Wars Story vengono svelati tutti i perché dietro agli assiomi di cui è pregna la quasi mistica figura di Han Solo, inclusa l’origine del “cognome” e la tanto famosa rotta di Kessel in meno di 12 parsec, motivo per cui, se simpatizzate per il personaggio, penso che il film in questione vi lascerà piacevolmente soddisfatti.
Nerdando in breve
Solo: A Star Wars Story è un film che fa bene i suoi compiti ma non spicca per eccellenza. Nessun colpo di scena sconvolgente ma abbastanza azione da tenervi incollati alla pellicola per più di un paio d’ore, con una buona interazione fra i personaggi e un finale aperto che vi lascerà con alcune domande senza risposta.
Nerdandometro: [usr 3.5]
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