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Blackwood Crossing – Un viaggio per sopravvivere

Blackwood Crossing

Come abbiamo già detto più e più volte, è al mondo Indie che dobbiamo rivolgerci se stiamo cercando qualche piccola perla videoludica che esca dagli schemi. Se abbiamo bisogno di idee nuove (eccome se ne abbiamo), di sperimentazioni, di osare argomenti difficili da trattare, è sempre all’industria indipendente che dobbiamo guardare.

Il bello degli Indie è proprio questo, e Blackwood Crossing, al pari di gemme come Dear Esther e Silence, ha la capacità di uscire dai binari: crea un onesto patto con i giocatori, annunciando a gran voce “Non sono perfetto, ma ho qualcosa da dire. Se vuoi, sono qui per raccontarti una storia”. E Blackwood Crossing la storia la racconta eccome, cosa farne, poi, dipende da noi e dalla nostra sensibilità.

Recensione

Finn e Scarlett sono due fratelli. Piccolo e turbolento il primo, più matura ma in fase adolescenziale l’altra. All’inizio del gioco li troviamo su un treno diretto chissà dove e non tardiamo molto a scoprire che le cose non sono semplici e lineari come ci saremmo aspettati.
Finn, incapace di restare fermo per più di cinque minuti in un posto, sfida la sorella a rincorrerlo e noi, nei panni di Scarlett, avremo il nostro bel da fare per riuscire a riportarlo nel nostro vagone.
Mentre ci aggiriamo sul treno, però, scopriamo con sorpresa di essere gli unici passeggeri. Almeno: gli unici passeggeri normali. Infatti ecco comparire dopo poco alcune figure misteriose, dai contorni sfumati, bloccati nel tempo e nello spazio. Indossano maschere di cartone con sembianze animali e Scarlett capisce subito che si tratta dei loro parenti. Nonni, genitori, insegnati e compagni di classe. Ma compare anche uno strano personaggio con una maschera da coniglio che sembra l’unico a sapere cosa stia succedendo, anche se è impossibile rivolgergli la parola per farci spiegare.
Inizia così un viaggio onirico e metaforico, con Finn che acquisisce poteri strabilianti e pericolosi, incontrollabili nelle mani di un bambino traumatizzato. Scopriamo infatti che i due fratelli sono orfani dei genitori, che sono cresciuti con gli anziani nonni ma che non tutto è andato come avrebbe dovuto.
E come potrebbe essere, dopotutto?
La componente esplorativa del titolo diventa quanto mai preponderante nel momento in cui dal treno passiamo ad una dimensione maggiormente metafisica, con Scarlett impegnata a ricostruire i ricordi della loro vita e a dare un senso ad un fluire degli eventi che travolge tutto e tutti, senza riguardo nei confronti dell’innocenza dei giovani protagonisti.
Passiamo così ad ambienti da sogno popolati da creature fantastiche ed inquietanti, come se i poteri di Finn avessero risvegliato anche la parte inconscia più profonda e traumatizzata, manifestando un’ombra inquieta (Jung, batti un colpo) che diventa tangibile, quasi aggressiva. Finn, come tutti i bambini, prova sentimenti assoluti: nostalgia, paura, gelosia, e come tutti i bambini lo fa senza mezze misure, senza filtri, come un fiume in piena che ha rotto gli argini. Argini che, come sappiamo, sarebbe stato compito dei genitori porre, e che, in questo caso, è ricaduto sulla sorella maggiore, priva degli strumenti per farlo, costretta a crescere troppo in fretta di quanto sarebbe stato giusto fare. La stessa Scarlett, a sua volta, è dilaniata: soffre per la morte dei genitori ma non può lasciarsi andare, deve essere forte per il fratellino. Vorrebbe manifestare la propria autonomia, ma anche concedersi il lusso di innamorarsi di un compagno di classe non le è permesso, perennemente divisa tra il bisogno di vivere la sua giovane età e la necessità di essere guida ed esempio per Finn.

Il viaggio come metafora, quindi. Un concetto a cui siamo abituati da molti anni ma che non stanca mai. Tutti noi siamo su un treno in viaggio e tutti noi, in effetti, non abbiamo idea di dove questo treno stia andando. A farci compagnia, a volte per molti anni, altre per il tempo di un battito di ciglia, tante persone che, in un modo o nell’altro, hanno condiviso quelle carrozze con noi e hanno lasciato il segno del loro passaggio, così come noi con loro.

Blackwood Crossing

Comparto tecnico

Vision Games e PaperSeven hanno confezionato un vero gioiellino. Dal punto di vista del comparto artistico, Blackwood Crossing regala un’esperienza di gioco altamente soddisfacente. Le animazioni di Finn sono perfette, rendono magnificamente la tempesta emotiva del bambino nei suoi sbalzi d’umore tumultuosi. I paesaggi sono disegnati con grande cura e accompagnati da un sottofondo musicale sempre all’altezza, per un’immersione a tutto tondo nel viaggio onirico dei due ragazzi.
Un titolo del genere dovrebbe essere giocato sicuramente in VR, perché saprebbe regalare un’esperienza ancor più totale.
Blackwood Crossing, però, non è privo di alcuni problemi tecnici. Scarlett, ad esempio, si muove con una lentezza esasperante al punto da rendere l’esperienza al limite del frustrante per quei giocatori smaniosi di andare rapidamente al sodo. Non che il titolo sia pensato per poter essere rushato, ma così è davvero troppo.
Ho riscontrato anche qualche problema con le attivazioni dei cue. Talvolta si abilitano in ritardo e non è sempre chiarissimo cosa e come cliccare. Nulla che infici l’esperienza complessiva, ma mi sono trovato diverse volte a vagare a caso perché non sapevo cosa fare, quando invece il punto attivo era proprio sotto i miei occhi ma non si era evidenziato al passaggio del puntatore.
Anche il sistema di dialogo mi ha lasciato abbastanza perplesso: le scelte non sono chiare e a scanso dell’intenzione non abbiamo idea di cosa stiamo per far dire a Scarlett. Scegliamo solo il tono, ma dove andrà la discussione è un mistero.
La sostanza dei dialoghi, tuttavia, è un altro punto di forza del titolo. Recitati magnificamente (in inglese) non sono mai fuori luogo, mai eccessivi. Sono parte dell’economia complessiva del gioco: un altro tassello del bellissimo mosaico creato dagli sviluppatori.
Il neo maggiore di questo titolo, alla fin fine, è la durata: 3 ore ed è tutto finito, davvero poco vista la bellezza dell’esperienza regalata.

Blackwood Crossing

Considerazioni finali

Blackwood Crossing è un’esperienza intima e delicata. Intenso e amaro, come la vita. Va giocato con calma e assaporato momento per momento, lasciandosi trasportare dalla narrativa e soffermandosi sui molti particolari, come la bellezza dei paesaggi o le locandine dei film famosi rivisti in chiave Finn. Il toccante finale chiude il cerchio troppo presto, lasciandoci ancora assetati, ma sicuramente innamorati dei due giovani protagonisti, per i quali è impossibile non provare empatia.
Probabilmente non è un gioco adatto a tutti e sicuramente non è di facile comprensione per chi non ha la sensibilità giusta; tuttavia il valore artistico e narrativo sono innegabili, al punto da farci chiudere un occhio sui problemi tecnici in cambio delle tre ore di totale immersione regalateci dalla storia.

Blackwood Crossing è disponibile per PC su Steam, Xbox One e Play Station 4 al prezzo di 15.99 Euro.

Nerdando in breve

Blackwood Crossing è un titolo narrativo esplorativo capace di regalare un’esperienza emotivamente intensa.

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Trailer

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