Scritta e disegnata da Art Spiegelman, Maus è una graphic novel dedicata all’olocausto degli ebrei polacchi ad opera dei nazisti prima e durante la seconda guerra mondiale.
Tratto dai racconti (veri) del padre dell’autore, Maus ripercorre le vicende di Vladek: delle esperienze e degli orrori a cui ha assistito in quegli anni drammatici.
Caratteristica del romanzo non solo un linguaggio diretto e senza peli sulla lingua, ma anche la scelta stilistica di antropomorfizzare i personaggi attribuendo alle diverse etnie differenti animali che, in qualche modo, ne evocassero le caratteristiche. Gli ebrei diventano quindi dei topi (maus in tedesco vuol dire, appunto, topo) mentre i nazisti sono i gatti che danno loro la caccia; i polacchi vengono invece disegnati come maiali, gli americani come cani, e così via.
Durante lo svolgimento della graphic novel assistiamo quindi alle peripezie di Vladek, di come è sopravvissuto ai campi di concentramento vivendo di espedienti e cercando di salvare la donna amata, Anja, madre del giovane protagonista. Dopo la Shoah, Vladek si trasferisce negli Stati Uniti, dove nasce Art (che appare anche nel romanzo) il quale cerca, nella spensieratezza degli anni ’60, di ricostruire le vicende paterne per poi raccontarle in un fumetto, quello che appunto abbiamo in mano. A queste vicende si intrecciano quelle legate al difficile rapporto tra Art e il padre, allo stile di vita così diverso tra i due e ad un profondo senso di inadeguatezza che pervade il figlio di fronte alla terribile grandiosità del passato dei genitori.
Per Art Spiegelman, Maus è anche un viaggio nell’auto consapevolezza, un percorso auto analitico che lo aiuterà a rimettersi in pace con le proprie origini e ad accettarle.
Maus è un’opera cruda, selvaggia: racconta fatti reali e scatena tempeste emotive incontrollabili, cattura fin dai primi disegni e incatena il lettore al volume indissolubilmente, cambiando per sempre la percezione di quella che è probabilmente una delle pagine più buie della storia mondiale.