Era il 1993 quando Tim Burton ed Henry Selick realizzavano Nightmare Before Christmas. Loro non lo sapevano (anche se probabilmente ci speravano), ma stavano dando vita non solo ad un film, ma ad un’icona culturale delle più durature.
Nightmare Before Christmas è una favola gotica e musicale, animata in stop motion, che mi ha rubato il cuore fin da quella prima visione nel 1993, alla tenera età di 6 anni.
Nel Paese di Halloween, Jack Skellington, il re delle zucche, è insoddisfatto della propria routine e cerca disperatamente una novità che sconvolga il lungo susseguirsi di giorni tra un Halloween e un altro. Durante le lunghe peregrinazioni riflessive alla ricerca della propria identità, Jack si ritrova casualmente catapultato nel Paese del Natale. Lì rimane affascinato dall’atmosfera di gioia che pervade gli abitanti, tragicamente assente, invece, nel mondo da cui proviene. A quel punto, il lampo di genio: trasferire il Natale nel Paese di Halloween e rapire Babbo Natale, in modo che lo stesso Jack possa impersonarlo e distribuire doni in giro per il mondo.
Jack propone così la propria idea agli abitanti del Paese di Halloween e, nonostante tutti lo assecondino e si mettano subito all’opera, solamente la timida bambola di pezza Sally, segretamente innamorata di lui, sembra prenderlo davvero sul serio ed intuire i pericoli che un’azione del genere potrebbe arrecare a tutti.
Finalmente arriva il fatidico giorno, ma non tutto andrà come previsto dal re delle zucche…
Nightmare Before Christmas trasuda un che di poetico ed è per questo, secondo me, che è riuscito a toccare il cuore di così tanti spettatori nonostante il passare degli anni. Il mondo gotico, in bilico tra malinconia decadente ed allegria macabra, in cui si muovono le figurine in plastilina è preso di peso dalla testa di un Tim Burton ancora ispirato e ben lontano dal trasformarsi nello “sforna film mediocri e ripetitivi” che, purtroppo, è diventato da qualche anno a questa parte. Oltre all’atmosfera e ai personaggi (su tutti, la mia preferita è senz’altro la sensibile Sally), a rendere magico l’insieme è la musica. Il film procede proprio come un musical, con poche parti “recitate” tra una canzone e l’altra.
A realizzare la partitura, un ispiratissimo Denny Elfman mentre la versione italiana dei testi è stata affidata ad un certo Renato Zero, in questa occasione anche doppiatore del protagonista, che ha fatto davvero un ottimo lavoro (d’altra parte, in italiano il cane di Jack non è stato chiamato “Zero” a caso).
Se non l’avete ancora visto, è assolutamente da recuperare: ne resterete stregati!