Suvvia, chi non conosce Tarzan? Il Signore delle Scimmie, una vera e propria icona nata dalla fantasia dello scrittore Edgar Rice Burroughs all’inizio del secolo scorso, rappresenta uno dei capisaldi dell’avventura più pura ed è stato declinato in così tante salse e versioni che quasi non si contano più le sue apparizioni tra libri, cinema, TV e fumetti.
Cosa possiamo aspettarci da un personaggio che ha da poco compiuto 100 anni ed è così popolare e, se vogliamo, abusato? Sono onesto, all’annuncio di un nuovo film sull’uomo dal tanga di pelle di leopardo, il mio hype era rimasto fermo e tranquillo come una vela durante la bonaccia. Ennesimo reboot, ennesima CGI invadente, ennesimo baraccone con slow motion e bla bla bla. Poi noi di Nerdando.com siamo stati invitati all’anteprima del film e l’onorevole onere è ricaduto sul sottoscritto che, appunto, sul film non si era informato per nulla. Pensavo di farlo prima di recarmi al cinema ieri sera, ma ho voluto fare un piccolo esperimento: arrivare alla proiezione completamente ignaro di tutto per vedere se quantomeno mi sarei divertito senza aspettarmi nulla.
Parte il film, frase introduttiva che crea immediatamente un piccolo shock: background storico preciso, argomento spinoso, il dominio coloniale belga in Congo alla fine del XIX secolo. Anche se non vi sentite così forti in storia, vi aiutiamo noi: il dominio personale di re Leopoldo II in Congo è stata una delle più grosse porcate che l’uomo bianco potesse mai fare in Africa, nel contesto della grossa porcata che è stata il colonialismo. Schiavitù, disprezzo della vita umana, eccidi, mutilazioni, sfruttamento. Sotto un regime di dominio appunto personale, l’enorme territorio del Congo non era neanche considerato colonia, ma proprietà privata di Sua Maestà. Fine del cappello storico, lascio a voi l’approfondimento.
Prima scena, vedo apparire il grande Cristoph Waltz, in un ruolo di quelli suoi caratteristici. Completo bianco e cappello nel mezzo della giungla. Piglio arrogante e meschino. Già la faccenda si fa interessante. Si parla di Tarzan. Come, mi chiedo, già Tarzan? Ma quindi… Le origini? Il bambino allevato dalle scimmie?
Volete forse dirmi che non è un altro, ennesimo ritrito reboot? Ok, film, hai la mia attenzione. Prosegui pure.
Ora, la mia intenzione è quella di evitare qualsiasi spoiler, quindi eviterò accenni alla trama, vi dico giusto qualcosa qui e lì. Anzi partiamo proprio dalla trama.
Dovete sapere che questo film qui è costruito per uno scopo e va fruito in un solo modo: sospendete l’incredulità, mettetevi in testa che state guardando un’avventurona e rilassatevi.
Qui ci sono gli stereotipi e le situazioni proprie della grande avventura. Tarzan è grosso, capisce gli animali, è un mezzo animale anche lui e l’attore che lo interpreta, secondo me, ci sta molto ma molto bene: quando aggrotta la fronte e decide di essere gorilla, lo diventa. Tarzan, anche se è ormai un Lord inglese a tutti gli effetti, l’Africa la porta dentro ed è un puro di cuore, uno di quei vecchi eroi che se gli tocchi gli affetti fanno un macello e ti inseguono fino in capo al mondo per fartela pagare.
In capo al mondo, questa volta, è il Congo e Tarzan torna a casa sua addirittura come ospite ufficiale del re del Belgio. E come in ogni avventura che si rispetti, ad un certo punto, va tutto in vacca.
Spendo due parole su Jane, anche se ne merita tante: scelta azzeccata quella di assegnare la parte a Margot Robbie, che ormai legioni di nerd aspettano di vedere nei (pochi) panni di Harley Quinn nel prossimo Suicide Squad. Una Jane che non è assolutamente l’eroina impotente in pericolo, ma la degna compagna di suo marito, un indomabile spirito libero che incarna la vera essenza del famoso Mal d’Africa.
I posti da sogno del Congo immaginario sono in realtà il Gabon, ma resta comunque un luogo da sogno. Giungle, savane, fiumi che corrono nel cuore dell’Africa nera come in Cuore di tenebra, cui il battello credo e spero sia riferimento e citazione. Proprio questo mi riporta ad un aspetto del film di Yates che mi ha colpito in positivo: mettere insieme questo amore e sapor d’avventura con uno scenario storico così reale e crudo, con una certa abilità nell’inserire riferimenti ben precisi per chi li sa cogliere, non era per nulla un fatto dovuto, anzi. Non sto dicendo che guarderemo un documentario ma, personalmente, l’idea di inquadrare un personaggio di fantasia come Tarzan in una collocazione ben precisa e con i giusti dettagli pare bello, e denota una cura che non dispiace.
Ovviamente, e ve lo ripeterò allo sfinimento, il film è una grossa avventurona che non vuole inventare nulla, ma lo fa con una classe che non mi aspettavo. Per fare un paragone ardito, mi ha richiamato alla mente Adam Wild, il fumetto Bonelli ambientato in Africa dove le vicende “reali” in sottofondo ci sono sempre, insieme alle mazzate, la spacconeria e gli spazi vasti e infiniti.
La regia di Yates non mi ha colpito con chissà quali incredibili tocchi di genio, ma mi sono molto piaciuti i primi piani nelle situazioni concitate, l’insistere sugli occhi. Scene d’azione concitate, con belle giostre sulle liane, ma con un 3D che continuo a reputare inutile; non mi basta la classica scena della farfalla che dura 10 secondi per giustificare la scarsa luminosità che poi mi fa bruciare gli occhi per ore. Un po’ di profondità in più, in alcune scene movimentate, c’era senza dubbio, ma boh, su questo fatto sono all’antica.
Come vi dicevo prima, alla trama, abbastanza canonica, non accenno più di tanto per non far spoiler. Non aspettatevi colpi di scena da strappare capelli su capelli: lo svolgimento della vicenda è equilibrato con momenti spiritosi, molto spesso affidati a quella spalla formidabile che è il buon vecchio Samuel L. Jackson, ci sono momenti romantici, le sparatorie, le scazzottate come insegnava il buon Bud, tutto ciò che serve per rendere una pellicola d’intrattenimento puro divertentimento. Ah, e l’idea indovinatissima di rendere le “origini” del personaggio come flashback. Oh, tanto ormai lo sanno tutti come Tarzan è diventato Tarzan, non serve un intero film che ce lo ridica di nuovo. Quindi, meglio così, con pochi momenti topici tra i quali ho preferito lo spassoso primo incontro con Jane. Bene, bene.
Non fa gridare al miracolo, questo Tarzan, e credo che nessuno in realtà se lo aspettasse; però per 109 minuti, onestamente, mi sono divertito. Cosa si può chiedere di più ad una icona così popolare e stra abusata?
Bentornato omone dal perizoma imbarazzante e dall’urlo potente!
(E no, non ve lo dico se l’urlo c’è.)
Nerdando in breve
Non un reboot per fortuna, ma un buon film d’avventura puro e semplice con un personaggio leggendario.
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