Esiste un mestiere negli USA, quello del guardaboschi, che assume un’importanza fondamentale nel rilevamento degli incendi che si sviluppano nelle grandi foreste, ad esempio del Wyoming. È un ruolo di responsabilità e non adatto a tutti, in quanto richiede di abitare per mesi su una torre sperduta in mezzo ai boschi, di vedere ben poche persone, se non nessuna, e di avere come unico collegamento con la civiltà una radio. Adesso immaginate di calarvi nei panni di uno di questi guardaboschi, di aver accettato questo lavoro stagionale per fuggire da una vicenda molto difficile e di avere come unico contatto una collega in una torre a chilometri di distanza. E immaginate che inizino a succedere cose decisamente strane e inquietanti nei boschi.
Questo è l’incipit di Firewatch, primo gioco della neonata Campo Santo Games (sì, si sono chiamati come un cimitero), un’avventura atipica alla quale molti potrebbero diagnosticare la sindrome del gioco-film, ovvero un gioco talmente lineare che diventa quasi un film. Questo non è (del tutto) corretto, ma ne parleremo più avanti.
Chi sono i personaggi? Abbiamo Henry, un quarantenne di Boulder – Colorado, che si lascia alle spalle una storia tragica e toccante: la moglie Julia è affetta da una grave forma di demenza precoce, e fatica ormai a riconoscerlo. Straziato, decide di accettare il lavoro di guardaboschi per scappare dalla situazione in cui si trovava, ma verrà tormentato dalle conseguenze delle sue scelte.
Delilah, invece, è una veterana del mestiere e guiderà il protagonista nelle sue mansioni, ci si confronterà e stringerà con Henry una forte relazione.
Il tutto, esclusivamente attraverso i loro walkie-talkie.
Sì, perché durante tutto il gioco non incontrerete, fisicamente, anima viva. Comunicherete sempre e soltanto via radiolina, avanzerete nella storia tramite la lettura di fogli e diari lasciati in giro e vi farete un’idea di ciò che sta succedendo esaminando l’ambiente circostante. Potrebbe sembrare uno sciocco trucchetto per creare solo degli ambienti tridimensionali statici, senza motion capture o studio dei personaggi e forse sarà anche così, ma l’atmosfera che si crea è davvero speciale e ricorda per certi versi quella della serie Twin Peaks.
La mappa di gioco è liberamente esplorabile, per quanto sia quasi inutile girovagare, se non per scoprire ogni singolo dettaglio del gioco, si tratta comunque di un valore aggiunto che fa “soffire” meno la linearità data dalla narrazione molto serrata. Non particolarmente estesa, è comunque piena di località interessanti, luoghi più o meno nascosti e qualche segreto. Sembra ben bilanciata, né dispersiva, né claustrofobica.
Ma se non dobbiamo sparare a nessuno, e siamo bene o male in un corridoio, in cosa consiste il gameplay di Firewatch? Potremmo chiamarlo un gioco narrativo di investigazione, in quanto dovremo investigare nei boschi e cercare e riportare ogni anomalia o situazione degna di nota, che non necessariamente dovremo o potremo trovare, a Delilah, che ci terrà compagnia per tutta la durata della storia, parlando con noi del lavoro, della vita e del passato del parco. Il bello è che ogni dialogo del protagonista può essere deciso da noi, creando bivi non tanto nell’andamento della trama vera e propria, quanto nel rapporto fra i due personaggi principali. E questa meccanica, contrariamente ad altri giochi, funziona davvero. Funziona grazie al magistrale doppiaggio (la voce di Henry è quella di Rich Sommer, l’Harry Crane di Mad Men) e funziona grazie al fatto che le scelte dei dialoghi siano davvero varie, facendoci così calare nel ruolo, interpretando il personaggio a nostro modo, e di fatto recitando davvero all’interno del gioco. Potremo mentire, arrabbiarci, essere gentili, introversi e ogni scelta cambierà il nostro rapporto con Delilah. Non c’è un vero e proprio bivio, ma potremo modificare il carattere del personaggio lungo tutta la durata del gioco, esplorando ogni possibile aspetto della storia; questo porta ad una buona rigiocabilità, spinti dal sapere cosa sarebbe successo se quel giorno avessimo riferito a Delilah di quelle lattine di birra nel bosco o se le avessimo detto di farsi i cavoli suoi a proposito della moglie. Impossibile non cercare almeno un po’ di plasmare il personaggio secondo le nostre idee e identificarsi con le scelte disponibili, e anzi, sarà proprio di fronte a più pensieri da noi condivisi, che diventerà difficile decidere come far proseguire la storia interiore del personaggio. Non voglio parlare della trama dopo il prologo nel modo più assoluto, non è scontata, e vi spingerà a cercare di capire cosa stia succedendo. Vi basti sapere che ci sono colpi di scena, così come dei momenti concitati uniti ad altri più rilassati: è una storia a tutto tondo.
Dal punto di vista grafico, Firewatch è un gioiello. Leggero, colorato e definito. Pur essendo caratterizzato da una grafica “cartoon” simile a quella di Team Fortress 2, per intendersi, la scelta di colori ed effetti definisce uno stile che regala visuali molto realistiche e suggestive. Panorami che potremo immortalare con la macchina fotografica che troveremo nel gioco e a ragione, dato che molti paesaggi saranno davvero belli, per non dire mozzafiato, e viene voglia di visualizzarli con un visore VR (il cui supporto purtroppo non è ancora nei piani di Campo Santo Games).
Degna di nota anche la colonna sonora, mai troppo pesante, ma di grande atmosfera. Si adatta a tutte le situazioni in modo consono, e conferisce il giusto ritmo a quei momenti che si devono percepire come frenetici o quanto meno ansiogeni.
Sicuramente la grafica e la narrazione sono i punti forti del gioco, quali sono quindi i punti deboli? Soprattutto la durata, il gioco è davvero corto: si assesta su una media di 5 ore, seguendo la trama principale e distraendosi di tanto in tanto per quel panorama o per quella serie di punti di interesse da riferire, e per 19,99€ è forse un po’ poco, anche se ad alzare il rapporto durata/costo interviene la varietà dei dialoghi che invita a giocarci un paio di volte in più. Altra lacuna, sicuramente meno pesante, è la poca rilevanza della libertà di movimento, limitata comunque al girovagare per i sentieri e le radure già prefissate. Questo è forse il punto più controverso, una libertà maggiore avrebbe diluito la trama, nella durata (bene) e nella forza della stessa (male), raggiungendo però un livello di profondità maggiore dal punto di vista del gameplay. Si è quindi voluto sacrificare parte del gioco per valorizzare la parte della narrativa. Una scelta che può piacere come non piacere, ma che lascia comunque con un poco di amaro in bocca, la cui percezione però dipende dai diversi palati.
Lascia perplessi il finale, come se ci fosse qualcosa di ancora non detto, e non si capisce se c’è uno spazio lasciato a tutta una serie di teorie o se è solo affrettato. A voi il giudizio definitivo, ma personalmente propendo per una terza visione, ovvero che la storia ci vuole far “cadere dalle nuvole”, dopo averci spinto a elaborare svariate teorie durante tutto il gioco e stroncandole tutte (forse?) arrivati alla fine.
In conclusione voi vorrete sapere se vale la pena di giocare questo titolo? Sicuramente sì. È un’esperienza fresca e ispirante, un’ottima prova d’esordio per questa software house e un utilizzo innovativo del tramite del videogioco. Ha delle caratteristiche che possono non piacere, ma che sono innate in questo tipo di giochi e che probabilmente non saranno contestate dagli amanti del genere, mentre altri abituati a stili diversi potrebbero soffrirle. Unica e imprescindibile critica vera e propria è alla lunghezza del gioco, non perché risulti incompleto o poco rifinito, ma perché di un’esperienza così non se ne ha mai abbastanza.
Firewatch è disponibile su Steam e GOG.com per Windows, Mac e Linux, e su Playstation Store, per PS4.
Nerdando in breve
Firewatch è un’esperienza narrativa e visiva da provare, che intrattiene, stupisce e fa riflettere. Buona passeggiata nei boschi.
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