Manuale del cineasta: prendi un pugno di uomini/donne e segregali dal resto del mondo, caratterizza in modo marcato i personaggi, inserisci almeno un militare e un bifolco, poi osservali impazzire a causa della segregazione, aggiungi qualche problema tecnico che minaccia la sopravvivenza e filma il tutto, affidandoti alla bravura dei singoli.
Alzi la mano a chi vengono in mente almeno 10 pellicole con questo plot: nello spazio, al centro della terra, in un rifugio antiatomico, dentro una cantina o chissà dove, ma poco importa. Personalmente credo di aver visto almeno una ventina di film con questa trama.
10 Cloverfield Lane non fa eccezione: in questo caso abbiamo solo tre attori e un bunker, ma la sostanza non cambia. Cosa spinge allora un regista esordiente a cimentarsi con un tema così sfruttato? E cosa spinge un produttore del calibro di J.J. Abrams a mettere in gioco un franchise come Cloverfiled rischiando di bruciarlo?
Da un parte la voglia di sorprendere e mettersi alla prova: una trama stra-usata può offrire spunti originali? Dall’altra la consapevolezza di avere in mano tre grandissimi attori che ti garantiranno un livello di tensione tale da far scorrere le ore del film aggrappati alla poltrona. Una prova al limite del teatrale, che sta in piedi grazie alla recitazione.
Il gioco è sempre lo stesso: chiusi nel bunker a causa di una minaccia inaffrontabile, qualcuno sa più di quel che dice, qualcuno non è del tutto sincero, e, ovviamente, la segregazione forzata inizia a logorare l’equilibrio mentale.
John Goodman dà il meglio di sé in quella che probabilmente è la sua miglior interpretazione di sempre: è lui il motore di tutto, lui quello che sa cosa sta accadendo. Ma è davvero così? Dice tutto quel che sa o sta mentendo? È in buona fede o no?
Il film confonde le acque, lascia stupito lo spettatore cambiando prospettiva di continuo, facendogli intuire qualcosa per poi rimetterlo subito in discussione.
Il finale è uno di quelli che divide, a qualcuno piacerà, altri storceranno il naso: di sicuro è un finale in linea con la pellicola, capace di cambiare le regole e, a tratti, addirittura il genere del film stesso.
Ci saranno seguiti? Conoscendo JJ probabilmente sì. Abrams ci ha abituato a comporre intere cosmologie in cui, per avere il quadro completo, occorre osservare l’opera nella sua interezza. Questo è un film “Cloverfield” ma non è “alla Cloverfield”, in perfetto stile Abrams. Per cui non ci resta che goderci la pellicola e attendere il prossimo capitolo, domandandoci “che genere di film sarà?”