Avete amato “Breaking Bad” e, dopo la sua conclusione, vi siete iscritti ad un gruppo di supporto per superare la depressione da abbandono? Le giornate vi sembrano tutte vuote, senza tuffarvi nelle atmosfere torride del Nuovo Messico? Non siete riusciti a trovare, nonostante una ricerca spasmodica, una serie che possa eguagliare, per coinvolgimento, “Breaking Bad”? Se è così, potete finalmente smettere di angosciarvi: Vince Gilligan non si è dimenticato di voi ed ha deciso di risolvere i vostri problemi con “Better Call Saul”.
La nuova serie, firmata proprio da Gilligan e Peter Gould, segue le vicende di uno dei personaggi più amati di “Breaking Bad”: l’avvocato di Walter e compagnia, il brillante Saul Goodman. La storia si ambienta nella medesima location di quella precedente (Albuquerque, Nuovo Messico) e si colloca temporalmente sette anni prime delle vicende raccontate in “Breaking Bad”. Il nostro amico Saul, in questo contesto, non è ancora l’avvocato di successo che conoscevamo e non si chiama nemmeno Saul Goodman ma James McGill. Una sorta di prequel, insomma, in cui ci vengono chiarite le origini di Saul e le peripezie che lo hanno reso il personaggio smaliziato e carismatico che agisce in “Breaking Bad”. Ma non solo, sono presenti anche alcuni flashforward (proprio in apertura di serie, per esempio) che ci proiettano immediatamente nel futuro che non ci è stato mostrato, ma solo accennato, nella porzione di storia precedente e graditi ritorni come Tuco e Mike.
Ho guardato tutti i 10 episodi che compongono la prima stagione, da poco conclusasi negli Stati Uniti, e devo dirlo: “Better Call Saul” è una gran serie! L’averla guardata in concomitanza con “Breaking Bad” (sì, sono tra i pochi che non l’avevano vista. Mea culpa. Vi avevo raccontato le mie impressioni in posteprima in due articoli precedenti) mi ha creato, all’inizio, non poche difficoltà a seguire la storia ma, dopo essere riuscita a separare i due ambiti, mi è stato anche particolarmente utile, permettendomi di cogliere sfumature e rimandi che, probabilmente, avrei perso.
“Better Call Saul” mi ha dato l’impressione di una serie fresca, divertente e vivace. La vena umoristica è, in linea con le caratteristiche del protagonista, più marcata di quanto fosse in “Breaking Bad” e questo contribuisce a rendere lo spin-off autonomo dal prototipo. Il gioco di rimandi e citazioni è sempre riuscito ma mai fine a sé stesso e, per questo, “Better Call Saul” funziona anche da sola e può essere apprezzata anche da chi non ha guardato “Breaking Bad” (posso dirlo a ragion veduta: quando ho iniziato, non avevo ancora guardato una puntata della serie su Walter White). Molto del successo dello spin-off è senz’altro da attribuire all’attore protagonista: Bob Odenkirk (dimostratosi un ottimo interprete, quest’anno, anche in “Fargo”) si immedesima totalmente in Saul Goodman, appare sempre a suo agio, come se il personaggio gli fosse stato cucito addosso e, per questo, risulta sempre credibile. I duetti con Mike, altro personaggio amatissimo dai fan di “Breaking Bad”, funzionano a meraviglia e sono tra i momenti più divertenti della serie. Anche i comprimari “nuovi”, come Kim o Chuck, il fratello del protagonista, sono ben caratterizzati e realistici.
Quello che ho apprezzato soprattutto è lo stile: brillante, sopra le righe ma mai caricaturale. Questo andamento si rispecchia anche nella regia, che ricorda da vicino quella di “Breaking Bad”. Avevo apprezzato allora le scelte particolari e originali, in “Better Call Saul” stanno ancora meglio. Altra nota positiva è la sigla: ridotta al minimo, come era anche quella di “Breaking Bad” ma, in questo caso, diversa di puntata in puntata, incentrata ogni volta su un differente dettaglio relativo al protagonista.
La storia è decisamente coinvolgente e mi sono ritrovata a macinare le prime 10 puntate alla velocità della luce. “Better Call Saul” è già stata rinnovata per una seconda stagione, composta da 13 episodi e prevista per i primi mesi del 2016, ed io ho già l’acquolina in bocca. Non vedo l’ora di potermela gustare e scoprire che piega prenderanno le vicende di James McGill.
In conclusione, una serie che merita davvero e che potrà piacere sia agli “orfani” di “Breaking Bad” sia a chi è totalmente all’oscuro della storia di Walter White. Parafrasando lo spot del protagonista, quindi, “Vi conviene guardare Saul!“.